Giorgia Meloni e la “cattiva destra”
di Marco Mensi
Lunedì 21 Dicembre scorso il quotidiano “Libero” ha pubblicato un articolo del giornalista Alessandro Giuli che esaltava Giorgia Meloni come la leader che saputo rifondare la destra, superando tutti i problemi e le difficoltà degli ultimi anni. In particolare Giuli afferma che la Meloni ha saputo ridare dignità ad un popolo dopo la parentesi di Gianfranco Fini e l’esperienza del Pdl.
Ovviamente si guarda in modo esclusivo agli ultimi sondaggi ma nulla viene detto circa il posizionamento europeo di Fratelli d’ Italia e soprattutto sulle idee e il programma del partito. L’analisi di “Libero” è parziale e faziosa perchè ignora che la Meloni dopo lo smacco ricevuto alle elezioni Europee del 2014, quando i suoi Fratelli d’Italia non sono riusciti a raggiungere il quorum del 4%, ha decisamente virato la sua politica verso il lepenismo, trasformando un partito che ambiva ad essere un centro/destra nazionale in una forza di estrema destra, radicale, xenofoba, diffidente verso l’Europa e che propone per l’Unione Europea la stessa ricetta a cui Charles De Gaulle pensava nel 1958. E cioè una Europa degli Stati Sovrani, con buona pace di tutti coloro che invece chiedono una maggiore integrazione per competere con i più importanti attori internazionali.
E’ necessario evidenziare che Giorgia Meloni per rifondare Fratelli d’ Italia è tornata indietro, percorrendo una strada esattamente opposta a quella iniziata da Gianfranco Fini con Alleanza Nazionale. Se, infatti, Fini ha cercato di sganciarsi dalla destra radicale, presentando il suo partito come una destra moderna e antifascista (al netto magari di qualche militante che aveva ancora idee nostalgiche) che aspirava con pieno diritto a governare il paese, condannando l’ antisemitismo e riconoscendo nella resistenza un passaggio inevitabile per riportare la democrazia in Italia, Giorgia Meloni ha invece deciso di arretrare, di girare indietro le lancette della storia, guidando le “sue truppe” verso posizioni più estremiste di quelle sostenute addirittura dal Movimento Sociale di Giorgio Almirante.
La ragazza della Garbatella si è fatta contagiare dal sovranismo e dal populismo ed ha intercettato il voto degli arrabbiati e dei delusi, scatenandosi contro l’immigrazione e gli immigrati, imitando il compagno di avventure Salvini e addirittura scegliendo Donald Trump come modello. Il suo ingresso nel gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti, salutato sorprendentemente con favore da tutta la stampa nazionale, deve essere considerato invece un altro passo indietro perchè si è voluto scientemente ignorare chi sono le altre forze politiche che ne fanno parte. Pensiamo al partito spagnolo neofranchista Vox, che vuole eliminare qualunque forma di autonomia nei Paesi Baschi e nella Catalogna; al greco Soluzione Ellenica che flirtava addirittura con i neonazisti di Alba Dorata o al partitito polacco Diritto e Giustizia, ferocemente antieuropeo e legato alle frange piu estreme della chiesa polacca al punto che ancora oggi non riconosce alle donne la libertà di scelta in materia di aborto. E questo è solo un esempio corroborato peraltro dall’ atteggiamento ambiguo tenuto nei confronti dell’ ultimo assalto al Campidoglio dei manifestanti trumpisti, una debole condanna pronunciata quasi con fastidio.
All’esito di questa disamina possiamo dire che Giorgia Meloni non ha rifondato la destra ma ha tradito invece i suoi veri ideali, piegandosi alle correnti più estemiste e cercando un facile consenso senza neppure cercare di sperimentare una strada diversa, quella che dovrebbe condurre al vero progresso e al vero benessere della collettività.
Per questo motivo nasce la Buona Destra, per andare avanti senza tornare indietro, per sostenere sempre di più l’integrazione europea, per dimostrare agli italiani che si può perseguire una politica economica liberista e di stimolo alle imprese senza rinunciare alla tutela dei diritti civili e a pensare che l’immigrazione possa trasformarsi in una importante risorsa per la nostra società, senza più essere vista solo come un problema.
Matteo Salvini come i maccartisti
di Marco Mensi
Durante gli ultimi giorni ho avuto modo di rivedere un bel film di George Clooney “Good Night and Good Luck” che denuncia il maccartismo e la “caccia alle streghe comuniste” nell’ America degli anni cinquanta. La pellicola racconta la storia del giornalista Edwuard Murrow che ogni settimana
presentava sulla rete CBS il suo programma di intrattenimento “Person to Person” dove non mancava di attaccare e di screditare il senatore repubblicano Joseph MacCarty che aveva stilato vere e proprie liste di proscrizione che includevano attivisti del movimento dei diritti civili, attori e registi cinematografici tutti accusati di essere iscritti al partito comunista e di sabotare le istituzioni americane.
Queste accuse erano molto spesso false ma venivano utilizzate da Mcarty per accrescere la sua popolarità e per fargli coltivare l’idea di candidarsi alla presidenza del paese. Tutto questò andò avanti sino a quando Mccarty non venne completamente screditato e messo da parte, ma nel frattempo la vita di molte persone era stata distrutta.
Non mi sembra azzardato, quasi sessant’ anni dopo, il paragone tra il senatore americano e il leader leghista Matteo Salvini che utilizza in continuazione fake news e soprattutto ha lanciato una vera e propria campagna contro l’ immigrazione solo per cercare di accrescere il proprio consenso e quello del suo partito.
Matteo Salvini ci racconta che gli immigrati starebbero invadendo l’ Unione Europea quando i dati ufficiali dicono invece che su mezzo miliardo complessivo di abitanti, solo il 4% è extracomunitario (e anche contando gli immigrati clandestini siamo ampiamente al
di sotto del 10%). Sempre Salvini accusa gli immigrati di portare esclusivamente delinquenza nel nostro paese, quando invece la maggior parte degli extracomunitari lavora onestamente e se
così non fosse città come Genova, Milano e Roma dove risiedono decine di migliaia di migranti si troverebbero in una situazione di guerra civile permanente.
Ma il capitano leghista vuole soffiare sulla paura degli italiani e raccogliere un facile consenso diffondendo un’ idea sbagliata che però, proprio come nell’ America degli anni cinquanta, trova una forte approvazione tra gli elettori che hanno paura di perdere le loro sicurezze e le loro certezze, sempre più disorientati anche da mass media compiacenti.E per tale convinzione dobbiamo incolpare quella sinistra che per grande parte della sua storia si è dimenticata di difendere la legalità e di tutelare la sicurezza dei cittadini, consegnando agli italiani un’immagine sbagliata del nostro paese.
Per questo motivo nasce la Buona Destra, per porre fine alle bugie sovraniste e per trasformare l’immigrazione da apparente problema a imprescindibile risorsa per l’ Italia, ma contemporaneamente anche per tutelare la legalità e la sicurezza dei cittadini con il massimo rigore e la massima fermezza.
La Buona Destra alternativa al sovranismo e alla sinistra
di Marco Mensi
La “Buona Destra” nasce per dimostrare che la destra italiana non è solo post/fascismo, neo/fascismo e soprattutto sovranismo ma che può e deve ambire ad essere qualcosa di molto meglio. La Buona Destra si ispira alla Destra Storica che ha governato il paese tra il 1861 e il 1876 e che con il suo leader Camillo Benso Conte di Cavour ci ha guidato all’unità.
Ovviamente la Buona Destra vuole in primo luogo essere un partito moderno che guarda al futuro e per questo motivo si oppone al sovranismo e al populismo che stanno oggi ispirando quello schieramento che la stampa insiste a chiamare sempre Centro/Destra ma che nella realtà dei fatti è composto esclusivamente da forze radicali ed estremiste, mentre Forza Italia si sta letteralmente sfaldando. In nessun paese europeo esiste una
destra liberale e moderata che si allea con i partiti estremisti, pensiamo alla Francia e alla Spagna, l’Italia costituisce un’ eccezione a cui il nostro movimento vuole porre fine.
Non è quindi un caso se ci opponiamo con fermezza alla politica della Lega e di Fratelli d’ Italia che vogliono portare indietro le lancette della storia, ritornare ad un’Italia sovrana che non interagisce con gli altri stati d’ Europa e che magari riabilita anche la lira come moneta nazionale.
La storia ha sempre voluto dire “progresso” e chi ha cercato di ostacolarlo è stato inevitabilmente “spazzato via”, la strada maestra ci porta inevitabilmente verso gli Stati Uniti d’ Europa e chi lo nega si pone dalla parte sbagliata (ogni riferimento a Giorgia Meloni e Matteo Salvini non è puramente casuale…).
La Buona Destra è però altrettanto alternativa alle forze di sinistra che sono oggi rappresentate dal PD e dal Movimento Cinque Stelle e che si limitano ad accettare gli eventi passivamente, restando legate a politiche assistenziali come il reddito di cittadinanza ormai anacronistiche e che continuano imperterrite a tutelare esclusivamente il loro elettorato ignorando il ceto medio e le partite IVA.
La Buona Destra vuole invece dominare e controllare il corso degli eventi, trasformare l’immigrazione da problema a risorsa per il nostro paese, proteggere i ceti produttivi soprattutto in un periodo difficile come quello attuale dove i dipendenti pubblici continuano ad essere garantiti dallo Stati mentre i lavoratori autonomi sono abbandonati a loro stessi. Fare debito per adottare una misura che incentiva il lavoro nero come il reddito di cittadinanza è semplicemente ridicolo, meglio sarebbe invece utilizzare il debito pubblico per il ristoro di quei commercianti e lavoratori che hanno subito gravi perdite a causa della pandemia.
E anche quando parliamo di Europa, la Buona Destra vuole combattere per cambiare l’Unione, per renderla più democratica, per sostituire il principio dell’ unanimità con quello della maggioranza, perchè una politica di crescita sostituisca l’attuale politica di austerity, perchè la Commissione Europea non venga più percepita come uno strumento delle èlite bancarie ma come un mezzo per migliorare la vita di tutti i cittadini dell’Europa. In questo ci differenziamo dalla sinistra che ha sempre sostenuto il grande capitale trascurando le piccole e medie imprese e favorendo le multinazionali anche contro gli interessi dei
comuni cittadini.
Col sovranismo tempi sempre più bui per la Polonia
di Marco Mensi
La Polonia è storicamente un paese molto cattolico al punto che durante la guerra fredda, sebbene fosse soggetta all’ influenza sovietica e quindi governata dai comunisti, ha saputo esprimere il primo Papa non italiano dopo molto tempo; e gli storici vedono proprio in Karol Woytila, ovvero Giovanni Paolo II, l’ artefice insieme a Ronald Reagan del “collasso comunista” nell’ Europa Orientale.
L’ influenza della Chiesa ha però favorito politiche molto conservatrici e non sempre all’ avanguardia nella tutela dei diritti civili, per le donne in modo particolare. Non è quindi un caso se la legge sull’ aborto approvata nel 1993 sotto la presidenza di Lech Walesa non consentiva alle donne di interrompere volontariamente la gravidanza dopo le prime 12 settimane (come avviene per esempio in molti paesi dell’ Unione Europea) ma autorizzava l’aborto esclusivamente in caso di malformazioni irreversibili del feto, nell’ ipotesi di pericolo di vita per la donna incinta oppure quando la gravidanza era dovuta ad uno stupro.
Tutto questo non bastava però alla Chiesa polacca che ha approfittato del vento sovranista che ha contagiato il paese per farsi promotrice di una svolta ancora più rigida.
Ricordiamo che oggi tanto il presidente Duda quanto il governo sono espressione del partito Diritto e Giustizia (PiS) fondato dai fratelli Kaczynski, fieramente nazionalista e anti/europeo e che trova i suoi maggiori consensi proprio nelle zone rurali dove la Chiesa è più forte. E il prezzo che il PiS ha pagato per l’ appoggio della Chiesa è sotto gli occhi di tutti : Il Tribunale Costituzionale Polacco con sentenza del 23 Ottobre scorso ha bocciato la legge sull’ aborto laddove consentiva di interrompere la gravidanza nei primi 12 mesi anche per malformazioni irreversibili del feto, restringendo ancora di più la libertà di scelta della donna.
Tale decisione ha scatenato proteste in tutto il paese che ha visto i manifestanti letteralmente inferociti attaccare le chiese e infierire addirittura sulle statue di Giovanni Paolo II. Tutto questo è avvenuto in piena pandemia, con il paese in lock down, nella speranza che tale provvedimento passasse inosservato; ma così non è stato.
La Polonia insegna all’ Europa i danni che può causare un governo sovranista e populista nel peggior significato della parola : un paese dove la linea di confine tra potere giudiziario e potere esecutivo è sempre più sottile, al punto che dopo la nomina di nuovi Giudici super/conservatori nel Tribunale Costituzionale effettuata dal governo aggirando le normali procedure, la stessa Unione Europea ha minacciato sanzioni ad hoc. Un paese dove anche la separazione tra Stato e Chiesa è sempre più sfumata e dove una gerarchia ecclesiatica conservatrice e addirittura ostile a Papa Francesco vuole guidare la politica del governo verso posizioni oggettivamente anti/storiche .
Dobbiamo pensare che anche in Italia i politici sovranisti come Salvini e Meloni pubblicizzano la loro fede religiosa in ogni modo possibile, il capitano leghista gira sempre con un rosario e non perde occasione per baciarlo davanti alle telecamere mentre la “sua collega della Garbatella” dichiara ai “quattro venti” di essere una madre e una cristiana… E non è sempre un caso che Salvini polemizzi con Papa Francesco, appoggiandosi anche lui alle frange più reazionarie della chiesa cattolica.
Davanti a tutto questo non possiamo restare in silenzio, l’ Italia ha bisogno di una destra moderna e laica, che rispetta la religione ma che non si fa condizionare da dogmi e pregiudizi; per questo motivo è nata la Buona Destra, perchè la risposta al sovranismo può arrivare solo da destra e non certo da una sinistra legata a vecchie ideologie e a vecchie logiche di pensiero.
La Buona Destra contro il sovranismo
di Marco Mensi
La parola sovranismo è entrata prepotentemente nel nostro linguaggio quotidiano ormai da alcuni anni, ma dove nasce e dove si sviluppa il sovranismo di cui oggi tutti parliamo?
A memoria d’uomo questo termine è stato utilizzato per la prima volta dal movimento sovranista del Quèbec che ambiva ad ottenere l’indipendenza (e quindi la sovranità…) della provincia francofona dal resto del Canada. Nel continente europeo la prima esponente politica a parlare di sovranismo, secondo l’accezione che oggi intendiamo è stata invece la francese Marine Le Pen che ha presentato il Front National come un movimento sovranista.
La Le Pen voleva e vuole che la Francia torni ad essere sovrana nel suo territorio, padrona a casa sua, senza ingombranti e fastidiose influenze esterne da parte dell’Unione Europea. E Matteo Salvini con la sua nuova Lega ha ben pensato di seguire questo esempio, trasformando un partito regionalistico in una forza politica nazionale di ispirazione, non a caso, lepenista.
Lega e Front National (oggi Rassemblement National) sono movimenti sovranisti e populisti perchè, lo ricordiamo, non si può essere sovranisti senza essere anche populisti. Il populista di destra è colui che sostiene di proteggere e difendere il popolo dalle èlite, che identifica nei politici di professione e nei burocrati dell’ Unione Europea che vivono a Bruxelles.
Se quindi Silvio Berlusconi, un populista ma non un sovranista, attaccava il politico di professione, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, la quale ha ben pensato di seguire il capitano leghista su questa strada, attaccano invece i burocrati di Bruxelles. Il sovranismo è la risposta che i partiti della destra radicale hanno fornito alla crisi economica del 2008 e alle Primavere Arabe che hanno destabilizzato a loro volta l’area medioorientale soprattutto con le guerre civili in Libia e in Siria, favorendo indirettamente la partenza di quei “barconi della speranza” carichi di immigrati che sbarcano nell’ isola di Lampedusa e in altri porti europei (cd. paesi di primo approdo).
La democrazia liberale è entrata in crisi e oggi si parla sempre più di una possibile “democrazia illiberale” che non peraltro si è affermata in Ungheria con il Primo Ministro Viktor Orban, il sovranista per eccellenza che ha instaurato nel suo paese un vero e proprio regime autoritario .
La Buona Destra nasce per combattere il sovranismo e il populismo, per affermare la supremazia della democrazia liberale su quella illiberale, perché i cittadini capiscano che l’unico sovranismo possibile è solo ed esclusivamente quello degli Stati Uniti d’Europa. Le attuali istituzioni dell’ Unione Europea devono essere modernizzate e rese più democratiche, il principio della unanimità deve essere superato e sostituito con quello della maggioranza, si deve giungere ad una politica estera e di difesa uguale per tutti gli stati membri che resteranno liberi invece di disciplinare le materie di esclusivo interesse nazionale.
Per raggiungere questo risultato dobbiamo però restare all’interno dell’Unione Europea e della moneta unica, proclamare ai “quattro venti” il ritorno alla lira o al franco (in Francia), sostenere la necessità di uscire dalla UE non sono ragionamenti seri ma semplici slogan diretti esclusivamente alla “pancia della gente” che è sempre più disorientata davanti alle grandi crisi del nostro tempo, a cui si è recentemente aggiunta anche la pandemia .
La “Buona Politica” deve essere illuminata e deve guidare i cittadini verso un futuro migliore: un bravo politico deve governare secondo le sue convinzioni e perseguire sempre ciò che ritiene giusto senza farsi condizionare in continuazione dai sondaggi. Margareth Tatcher docet.
Per questo motivo è nata la Buona Destra.
Trump, Biden e la Buona Destra
di Marco Mensi
Mancano tre settimane alle elezioni presidenziali americane e mai come quest’ anno il loro esito è incerto.
Se infatti a Febbraio Trump pareva certo di essere riconfermato, dopo avere superato senza troppi problemi il processo per impeachment e soprattutto grazie ai suoi indiscutibili successi economici, è poi arrivato il Covid 19 a rovinargli tutti i piani. Un paese che vedeva la disoccupazione al minimo storico con il 3% e la Borsa di Walt Street andare “a gonfie vele”, è entrato con il mese di Marzo in una recessione economica gravissima di cui ancora non si conosce la fine.
E così “Uncle Joe”, il vechio Joe Biden è ritornato prepotentemente in corsa dopo avere ottenuto la nomination per il Partito democratico non senza qualche patema. C’è voluto infatti tutto l’ impegno di Obama che ha convinto i notabili democratici ad appoggiare il suo ex vice/presidente perchè riuscisse ad avere la meglio sul senatore del Vermont Bernie Sanders.
Oggi i sondaggi vedono Biden saldamente in testa ma “The Donald” prova a rimontare senza dimenticare che negli Stati Uniti vince chi conquista il numero maggiore di “grandi elettori” e non chi prende più voti a livello nazionale (come ci insegnano Al Gore e Hilary Clinton che sono stati sconfiti da George W. Bush e dallo stesso Trump pur avendo preso più voti nell’ intero paese…). Pensare che l’”America” non riesca nel 2020 ad esprimere due candidati migliori e più giovani di Trump e Biden (per Trump gli anni sono 74 mentre per Biden addirittura 77) solleva qualche dubbio e lascia sicuramente peplessi.
Molto meglio ci pare invece Kamala Harris, la vice di Biden, senatrice della California e con un passato da procuratrice distrettuale a San Fancisco. Una donna battagliera nel campo dei diritti civili, contro la pena di morte ma soprattutto rigorosa nell’applicazione della legge. Una sicura “ventata di aria fresca” dopo che lo stesso Trump ha nominato Giudice della Corte Suprema la super conservatrice Amy Coney Barret che si è sempre distinta per le sue convizioni anti/abortiste.
Osserviamo con attenzione gli sviluppi delle elezioni americane e pensiamo ad una politica che possa contemporaneamente portare l’ Italia ad una rinascita economica, sostenendo gli imprenditori e riformando il fisco sul modello di quanto Trump ha fatto di buono ma che allo stesso tempo si focalizzi e si concentri sulle battaglie di Kamala Harris per la tutela delle minoranze e dei diritti civili.
Gli italiani riscoprano l’importanza di tornare a votare
di Marco Mensi
“Posso perdonare un bambino che ha paura del buio ma non posso perdonare un adulto che ha paura della luce” .
Questa è senza dubbio la frase più bella pronunciata nel film “Peterloo” del regista inglese Mike Leigh, uscito nei cinema italiani durante il mese di Marzo del 2019. Era un lunedì, il 16 agosto 1819, quando più di 50.000 persone si radunarono a Manchester, in Inghilterra, nella località di San Peter’s Field per assistere al discorso di Henry Hunt, leader del movimento riformatore che si batteva per l’ introduzione del suffragio universale maschile.
Parteciparono uomini, donne e bambini e nessuno di loro aveva intenzioni bellicose ma volevano semplicemente manifestare per un diritto che ritenevano legittimo e che la “miopia” del governo di allora negava al suo popolo. I soldati inglesi, sobillati dalla magistratura locale, fecero però una strage uccidendo più di dieci persone e ferendone alcune centinaia. La stampa britannica ribattezzò i fatti “massacro di Peterloo”, richiamando così la battaglia di Waterloo dove avevano prestato servizio, non a caso, alcuni dei soldati “protagonisti” anche a Manchester.
La lotta per il suffragio universale proseguirà nel Regno Unito pure in seguito, quando gli uomini raggiunsero infatti il loro obiettivo toccherà alle donne combattere per il diritto di voto ed arriviamo quindi alle suffragette guidate da Emmeline Pankhurst che si fecero arrestare, promossero scioperi della fame in prigione e sacrificarono la loro vita per difendere un ideale.
In tempi più recenti sono state le persone di colore che vivevano negli Stati Uniti del Sud a manifestrare contro “la società bianca” che poneva ostacoli sempre maggiori alla loro integrazione. Ricordiamo “la marcia di Selma” (anche questa protagonista di una recente pellicola cinematografica) che vide migliaia di persone guidate da Martin Luter King (neri soprattutto ma anche bianchi cristiani ed ebrei) marciare dalla città di Selma sino alla capitale dell’ Alabama, Montgomery, per protestare contro quel sistema che di fatto impediva ai cittadini di colore di registrarsi per esercitare il diritto di voto.
Dopo tutte queste battaglie, dopo tutte queste “lotte eroiche”, pare oggi assai strano che molte persone ignorino l’importanza di un diritto conquistato a fatica e non certo scontato almeno per molto tempo. Durante le ultime elezioni regionali la percentuale di votanti è stata infatti di poco superiore al cinquanta per cento degi aventi diritto, un vero schiaffo per una democrazia come la nostra che si basa soprattutto sul consenso.
La Buona Destra nasce anche per questo, per riavvicinare alla vita pubblica quei cittadini che dopo troppi anni di “cattiva politica” hanno perso la fiducia nelle istituzioni. Ricordiamoci tutti che le rivoluzioni, quelle vere, non si fanno con i fucili nelle piazze ma con le matite nelle cabine elettorali.
Abramo Lincoln, ovvero la Buona Destra nell’America del XIX secolo
La Buona Destra ha un compito molto importante: dimostrare che la destra italiana non è solo fascismo, post/fascismo e sovranismo ma che può essere qualcosa di molto di più e di molto meglio. Sbaglia, infatti, chi ritiene che storicamente gli uomini di destra debbano sempre identificarsi con personaggi conservatori e reazionari. Un esempio illuminante ci viene fornito infatti dal presidente americano Abramo Lincoln.
Lincoln era il leader del Partito Repubblicano, un uomo che si era fatto da solo, figlio di un contadino semianalfabeta, studiava nei ritagli di tempo ma appena aveva un momento libero apriva un libro perché la sua voglia di imparare e di apprendere era superiore a qualsiasi cosa. Dopo avere svolto ogni tipo di lavoro, dal battelliere all’impiegato in un ufficio delle poste, terminò gli studi giuridici ed ottenne l’ abilitazione per esercitare la professione di avvocato. Si specializzò nel diritto dei trasporti ma non disdegnava neppure le cause penali e divenne un professionista stimato ed ammirato da tutti. Per quattro volte fu eletto nel Parlamento dell’Illinois (viveva ed esercitava la professione a Springfield) e poi fece anche un’esperienza a Washington nella Camera dei Rappresentanti.
Ma la grande occasione arrivò quando ottenne la “nomination repubblicana” per le elezioni presidenziali che lo videro trionfare nel 1860 . E fu durante i cinque anni della sua presidenza che il genio politico e le idee illuminate di Lincoln si affermarono prepotentemente trasformandolo nel vero padre della nazione americana. Affrontò la guerra civile con coraggio e prima con il Proclama di Emancipazione liberò tutti gli schiavi di colore che vivevano nel territorio degli Stati Confederati e poi realizzò il suo capolavoro politico con l’ introduzione del tredicesimo emendamento della Costituzione Americana che aboliva la schiavitù in tutto il paese. Pagò in modo caro questa scelta perché il 14 Aprile 1865 venne ucciso da Jhon Wilkes Both, un attore teatrale che simpatizzava per la causa sudista.
Non fu certamente un caso poi che gli schiavi liberati dopo la guerra di secessione votavano proprio per il Partito Repubblicano e non per i cugini Democratici che invece cercavano di ostacolare in tutti i modi la loro integrazione. E ancora oggi, nell’era di Trump esiste il Lincoln Project, una frangia repubblicana antitrumpista che si propone di tornare agli ideali e ai metodi della destra storica americana.
Abramo Lincoln dimostra a tutti noi che anche la destra può essere bella e che non è certamente un caso se le grandi riforme vagheggiate dalla sinistra sono sempre state realizzate da governi di destra: pensiamo all’esecutivo guidato dal conservatore inglese David Cameron che ha recentemente legalizzato i matrimoni tra omosessuali nel Regno Unito.
Giorgia, succube di Matteo: ecco perché la svolta moderata della Meloni non esiste
Durante gli ultimi giorni si è molto parlato di Giorgia Meloni eletta nuovo presidente del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, prima italiana a guidare un partito politico nel Parlamento di Strasburgo.
Noi della Buona Destra vogliamo distinguerci dalla maggior parte dei giornali e dei mezzi di informazione che hanno salutato con favore questa nomina, cercando di spiegare ai cittadini e agli elettori che cosa rappresenta la forza politica di cui la nostra Meloni è diventata presidente .
L’ ECR (acronimo utilizzato per indicare questo gruppo) è costituito infatti da partiti che si collocano nella destra estrema e radicale, euroscettica, sovranista e che si oppongono con fermezza al federalismo europeo .
Possiamo citare lo spagnolo Vox, una forza politica di ispirazione franchista che si è scissa dal partito popolare perchè non condivideva la sua politica troppo moderata ed è contraria allo “stato delle autonomie” che si è affermato in Spagna a partire dal 1978 dopo la fine, non a caso, proprio del franchismo.
Cosa dire poi della formazione ellenica “Soluzione greca” che si pone nel suo paese tra i movimenti di estrema destra accanto ad “Alba dorata” e propugna una politica ipernazionalista e conservatrice molto vicina alle posizioni della Chiesa Greca/Ortodossa.
E concludiamo con Diritto e giustizia, il partito polacco fondato dai fratelli Kaczynski che ha appoggiato l’ elezione dell’ ultimo presidente Duda e che si distingue per le sue posizioni ferocemente anti/europeiste e sovraniste.
La stessa Meloni ha chiarito in prima persona la sua idea di Europa: “Io penso che in Europa la famiglia dei conservatori sia la famiglia dei sovranisti, e questo perché la famiglia dei conservatori non è altro che la famiglia di quelli che vogliono difendere la sovranità degli stati nazionali in un modello di Europa confederale”. La ricetta proposta dalla presidentessa di Fratelli d’ Italia coincide con le idee dell’ex presidente francese Charles de Gaulle, che però parlava in questo modo nel 1958, sessant’ anni fa.
Siamo quindi lontani anni luce da una destra moderna e laica che crede nell’ Europa con tutte le sue forze: l’unico sovranismo possibile, oggi, è quello degli Stati Uniti d’ Europa. Il nostro paese deve cedere maggiori porzioni di sovranità per giungere in ambito comunitario ad una unica politica estera, fiscale e di difesa. Non ci sono altre possibilità se l’Italia vorrà competere in futuro con gli attori principali del panorama politico internazionale.
Ma la Meloni, che vorrebbe essere la leader della “nuova destra”, preferisce ignorare tutto questo e lambire le frange più estreme e radicali dell’elettorato, raggiungendo Matteo Salvini a Catania per protestare contro la magistratura che processa il leader leghista. Reo, a suo dire, di avere semplicemente difeso il territorio nazionale, ma responsabile, secondo la Buona Destra, di avere utilizzato un barcone di immigrati disperati per fare campagna elettorale in favore del suo partito.