Tutti i dubbi su una riforma costituzionale che potrà creare solo problemi

Uscito il testo del disegno di legge sulla riforma della forma di governo è possibile formulare alcune prime riflessioni.

Una riforma costituzionale richiede chiarezza e ordine. Le fondamenta di una nazione dovrebbero essere basate su norme ben definite e distintamente assegnate a ciascun potere dello Stato, non su regole generali come sta avvenendo in questo caso. D’esempio è la Costituzione americana, che assegna chiaramente i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario nei primi tre articoli. Qualsiasi modifica costituzionale dovrebbe seguire questa logica per evitare ambiguità.

La riforma della forma di governo non può prescindere da una rilettura della distribuzione del potere a livello verticale, considerando le attribuzioni delle Regioni. La frammentazione del potere, a livello territoriale, è un elemento essenziale del costituzionalismo, e queste due questioni dovrebbero essere affrontate in parallelo. Le modifiche costituzionali dovrebbero essere organiche e integrate, evitando il passato errore della riforma del titolo V della Costituzione del 2000, che ha portato a incertezze e conflitti interpretativi. Sta avvenendo l’esatto contrario. Il governo accentra, e quando non accentra non chiarisce, si rischia di rimanere ancora una volta, e ancor di più in un limbo in cui a rimetterci è primo tra tutti il principio di sussidiarietà.

C’è poi l’ipotesi di un premio elettorale del 55% su base nazionale. E qui si solleva un’importante contraddizione costituzionale. La Costituzione prevede che il Senato della Repubblica venga eletto su base regionale, e un premio su base nazionale potrebbe risultare illegittimo a meno che non si modifichi anche questa disposizione. È essenziale che ogni modifica costituzionale sia in linea con il testo esistente per garantire la coerenza.

L’idea di un premio di maggioranza, indipendentemente dalla forma che possa assumere nella bozza di riforma, solleva preoccupazioni in un parlamento che, a causa dell’ampia retorica demagogica prevalente, ha già visto una riduzione del numero dei suoi membri e un conseguente aumento del potere delle organizzazioni politiche che favoriscono le candidature elettorali, a discapito del potere degli elettori. Pertanto, occorre trattare con estrema cautela questa proposta. In particolare, va sottolineato che i requisiti richiesti, come indicato in altre parti della costituzione, per la nomina di organi di garanzia, primo fra tutti il presidente della repubblica, e successivamente la nomina di una parte dei giudici costituzionali, verrebbero direttamente influenzati da un sistema di premio di maggioranza simile.

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Un’ampia maggioranza politica, artificiosamente rafforzata attraverso questo sistema di premio, avrebbe facilità nel garantire che la presidenza della repubblica e, direttamente o indirettamente, la maggior parte dei membri della corte costituzionale siano dello stesso orientamento politico. Alcuni potrebbero sostenere che questo è un aspetto intrinseco della democrazia, ma in realtà riflette un approccio “chi vince prende tutto”, che potrebbe essere considerato democratico solo nel senso di un plebiscito, ma non nel senso di una democrazia liberale.

La democrazia liberale, in cui l’attributo “liberale” è di gran lunga più importante del sostantivo “democrazia”, si basa sulla diffidenza innata verso il potere, qualsiasi esso sia. In tale sistema, si cerca deliberatamente di frammentare il potere e garantire un bilanciamento tra le diverse istituzioni. Nell’ambito di questo progetto, il potere risulta unificato e non vi è alcun tentativo di bilanciare le forze in gioco.

La funzione del Senato all’interno di un nuovo quadro costituzionale deve essere chiaramente definita. Potrebbe essere considerato come una “camera delle regioni” o un organo di rappresentanza del potere regionale, ma bisogna scegliere, è un problema non più rinviabile. Inoltre, il suo ruolo nel processo legislativo dovrebbe essere limitato alle materie in cui la potestà legislativa regionale concorre con quella nazionale. Questo garantirebbe una chiara divisione dei poteri e responsabilità.

Altro punto fondamentale. Sarebbe stato logico assegnare al Presidente del Consiglio il potere di scioglimento della camera “politica”. Il sistema del primo ministro nel Regno Unito, cosa seria, prevede questa competenza, in linea con i principi della democrazia parlamentare, che consente al partito stesso di decidere di sostituire il primo ministro con un altro membro del suo partito. È vero che questo sistema politico è caratterizzato da due principali partiti e una terza forza. Tuttavia, il rispetto dei principi della democrazia parlamentare rimane intatto. L’idea che i governi non eletti dal popolo siano qualcosa da trasmissioni televisive di intrattenimento è superficiale. Il popolo elegge i rappresentanti nel parlamento e ha la possibilità, se non è soddisfatto della loro condotta, di votare per un altro partito o candidato, basandosi su valutazioni razionali e non identitarie.

La riforma costituzionale dovrebbe essere affrontata con serietà e ampiezza di respiro. Le riforme dovrebbero essere sistematiche e ben ponderate. Modificare la Costituzione in modo frammentario o superficiale comporterebbe problemi maggiori di quelli che si intendono risolvere. Sfortunatamente, è proprio ciò che sta succedendo. Le possibilità di un inversione di rotta in questo senso da parte del Governo sembrano improbabili, se non impossibili. E allora è meglio non agire che agire male, e a questo punto è sarà probabilmente compito dei cittadini evitare di catapultarsi in una situazione costituzionale, se possibile, ancora peggio di quella in cui siamo ora.