Ritratto del consulente diplomatico di Salvini, tra improvvisazione e provincialismo

“A Mosca, a Mosca” strepitavano le sorelle del romanzo di Anton Cechov, ma forse voi penserete ad un’invocazione più politica, più bolscevica, magari riferibile a Vladimir II’ic Ul’janov, al secolo Lenin. Nulla di tutto questo, qua parliamo di un grido di alta politica internazionale dell’avvocato Antonio Capuano.

Ma voi mi direte ma chi è questo Carneade della politica internazionale, questo Zelig delle ambasciate, questo oscuro mediatore tra Oriente ed Occidente. Pare che sia un avvocato di Frattaminore, è stato anni fa deputato di Forza Italia, ma il Paese non era consapevole delle virtù di questo novello Talleyrand. Come il diplomatico francese fu ministro e consigliere di Napoleone, così Antonio Capuano da Frattaminore perora le cause di un Bonaparte di casa nostra, Matteo Salvini. Si è dovuto accontentare, forse se fosse provenuto da Frattamaggiore, città Benedettina, avrebbe cercato di fornire le sue riflessioni da think tank oxfordiano-napoletano ad un Macron o addirittura ad un Biden, ma si è dovuto accontentare. Il convento della politica italiana passava solo Matteo Salvini, che dopo Savoini tentava il rilancio nella steppa, e non c’è nulla di meglio di un erede di Franceschiello per parlamentare con dei pronipoti di Tolstoj.

“Mosca apprezza il nostro piano per la pace. A Matteo faccio incontrare solo le prime file”. Queste dichiarazioni mi fanno sovvenire alla mente il geniale film di Radu Mihaileanu, Il Concerto, in cui un gruppo di sventurati prende roccambolescamente il posto dell’orchestra del Bolshoi, per andare in giro per il mondo a suonare l’immenso Cajvkoskij.

Ora tutto l’Italia ha bisogno, per gestire le proprie relazioni internazionali, tranne che l’improvvisazione di provincia. Non so perché Salvini abbia bisogno di queste boutade alla Totò truffa, in cui vendiamo la fontana di Trevi. Forse incide lo 0,2 che la Lega perde ogni settimana da dicembre, forse è capitato nel girone che diede l’onore delle cronache al senatore Di Gregorio, o a Lavitola, che accompagnava capi di Stato all’estero per missioni diplomatiche. O forse, dopo l’equivoco Belloni, Salvini ha deciso di puntare su una maggiore fantasia partenopea, ma tant’è che l’Italia sta facendo figura di niente in un momento così delicato.

Tutto questo sa di provincialismo italico, che ai tempi del vituperato Andreotti o del famigerato Craxi, non aveva diritto di cittadinanza. Ma oggi è la normalità di un sistema politico fatto di persone di scarsa cultura sulla politica internazionale.

Solo così possiamo leggere la sicumera intervista del Carneade Capuano sui giornali nazionali. Il mondo ci guarda mentre sulla guerra improvvisiamo una tarantella.