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L’Anpi, il NO alla Nato e quel 25 aprile ostaggio dell’ideologia

Si avvicina il 25 Aprile e aumentano le polemiche riguardanti le posizioni ufficiali dell’ANPI che, tramite le parole del proprio Presidente, Gianfranco Pagliarulo, sveste i panni storici per fare politica, mantenendo posizioni ambigue sul conflitto Ucraino ed attirandosi le critiche anche da parte della Comunità Ebraica.

Un Presidente che in conferenza stampa ribadisce la propria contrarietà al riarmo della Resistenza Ucraina perché, a suo dire, “porterebbe ad una catastrofe” evidenzia la totale incoerenza rispetto a ciò che l’associazione da lui guidata dovrebbe rappresentare: cioè, l’esaltazione della lotta contro l’invasore, contro la Dittatura e la conquista della libertà attraverso la lotta di Resistenza armata anche attraverso l’invio di armi dai Paesi Alleati.

La contrarietà alla presenza delle bandiere NATO, perché non assimilabili a vessilli pacifisti, contrasta con la costante presenza nelle manifestazioni del 25 Aprile, di bandiere Palestinesi o raffiguranti un guerrigliero come Che Guevara che, a ben vedere, avrebbero ancora meno diritto di essere esposte durante le celebrazioni in ricordo della libertà riconquistata dal nostro Paese dopo la dittatura nazifascista.

Se l’Italia e gli italiani, il 25 Aprile del 1945, hanno potuto riconquistare la propria libertà è stato grazie alla lotta armata di uomini e donne che hanno combattuto e dato la propria vita contro i soprusi di un invasore, grazie agli armamenti che venivano inviati dall’estero da quei Paesi che, oggi, si riconoscono nella Nato.

Essere allo stesso tempo contro l’invasione russa e contro il supporto dei combattenti ucraini è esercizio di equilibrismo ideologico di basso livello in quanto, non riarmando gli ucraini si lascerebbe campo libero alla distruzione di un Paese libero e democratico da parte di un invasore che andrebbe contrastato senza se e senza ma. Ma per l’ANPI ed il suo Presidente, evidentemente, se l’invasore si chiama Russia, risulta essere “un po’ meno invasor”.

Una dimostrazione di incoerenza e di strumentalizzazione politica di una Festa che dovrebbe essere di tutti gli Italiani, ma la cui proprietà, negli anni, è di fatto diventata privata, di una parte politica ideologica ed ideologizzata, al punto di forzarne il reale significato.