In Sicilia non cambia nulla per cambiare tutto

Sembra il paradigma del Gattopardo al contrario, ma è quello che sta succedendo. Arrivano le europee e l’isola si sta posizionando sulle sue vecchie, solite, immarcescibili, dicotomie. Il presunto mafioso contro il presunto antimafioso. Da un lato si sta candidando Totò Cuffaro da Raffadali, tornato in azione dopo aver scontato la sua pena, dall’altro si candida Leoluca Orlando da Filaga, che ha passato un anno sabbatico dopo la perdita del suo feudo palermitano. Esattamente come vent’anni, e oltre, fa. Una sfida eterna tra il Bene ed il Male, in cui ciascuno, con dialetti, toni e modalità differenti, afferma di essere il bene, e l’altro il male. Sono due facce del Giano Bifronte di un Continente chiamato Sicilia. I Sardi sono omogeneamente testardi, gli Emiliani laboriosi, i Piemontesi falsi e cortesi, i Siciliani sono dicotomici, contraddittori e controversi. Ma se non cambia nulla perché cambia tutto? Perché questa dicotomia che quasi sempre produce stallo, chiunque vinca, ferma la clessidra del Tempo, e questo ha effetto nello Spazio. In che senso chiederete voi?

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Nel senso che i giovani, i cosiddetti Millennial e la generazione Zero, ritengono a ragion veduta che questo spazio, questa terra non sia più idonea per loro, ma per vecchi bacucchi che rinnovano le stesse sfide, come se il mondo non fosse cambiato, come se la globalizzazione non fosse arrivata, come se non ci fosse la Tav, che infatti in Sicilia non esiste. Non c’era nemmeno FB, al tempo della prima sfida Orlando vs Cuffaro, c’era ancora il fax, e tik tok era il suono dell’orologio a pendola. C’erano ancora le Torri gemelle, c’erano le boyband, e Valeria Rossi cantava sole, cuore e amore. Berlusconi era l’uomo più ricco d’Italia e non c’era il Ponte sullo Stretto, ma quello probabilmente non ci sarà mai. Ma intanto loro, la loro sfida tra Orazi orlandiani e Curiazi cuffariani, c’erano e siamo ancora qua, come dice Vasco, che c’è e c’era, ancora prima di loro andava al massimo. I ragazzi se ne vanno da questa terra senza opportunità, che non concepisce il cambiamento, lasciando tutto immutato, non rinnovabile. In questi dieci anni in Sicilia se ne va una città di medie dimensioni di giovani per tentare strade che qui sono chiuse. Perché il cantiere del rinnovamento ha posato la prima pietra e lì si è fermato. E se i ragazzi emigrano per costrizione cambia tutto. Questo è cambiato in questa terra di Sicilia, ma i protagonisti, i soliti noti, di oggi non lo percepiscono, non lo capiscono, ed in fondo poco gliene importa.

Ps: se volessimo essere per pignoleria precisi si dovrebbe candidare pure Sergio D’Antoni, magari nel Terzo Polo. Chissà non avergli dato un’idea.