Dopo Berlusconi esiste ancora il PPE in Italia?

Esiste il PPE in Italia? La domanda non è retorica, né priva di conseguenze. Silvio Berlusconi non c’è più ed oggi ci accorgiamo quanto, pure nelle sue contraddizioni manchi alla politica europea.

L’Europa che proprio oggi fa capire la sua fondamentale importanza con la guerra alla Pandemia delineata nel PNRR e con il fronte di schieramento ad est a fianco dell’Ucraina, senza se e senza ma, almeno finora, è in una fase assolutamente determinante per tutti i Paesi che ne fanno parte, le loro economie, il loro Welfare, le loro strategie.

Questa Europa è stata costruita oltre che da De Gaulle, soprattutto da due campioni del moderatismo, De Gasperi ed Adenaur, leader di due paesi usciti sconfitti dalla guerra e determinati più di altri alla pace e alla ricostruzione. Sono stati i fondatori della più grande famiglia politica europea, i Popolari. Ed ancora oggi il PPE è il perno coalizionale che guida il Vecchio Continente. Ma ora purtroppo viene a mancare la gamba italiana, fondamentale, del tavolino su cui si regge il PPE, e dunque l’Europa.

Silvio Berlusconi pur mal sopportato da una gran parte del Paese, era uno statista. Aveva deciso, con intuizione ferma ed incontrovertibile, ad affiliare al PPE il suo partito, Forza Italia. Non fu una scelta facile, coloro che erano entrati nel 1994 avevano varie provenienze politiche, molti liberali come Martino e Urbani fra i primi, molti socialisti orfani di Craxi in esilio. Ma lui capì, con il suo istinto da imprenditore, che lo spazio sul mercato politico era nel PPE, e nonostante le diffidenze ne diventò componente fondamentale. Oggi con l’astensione, del suo vecchio e non rinnovabile partito, dal voto sul Mes è chiaro che la gamba del tavolino moderato Europeo in Italia è franata.

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Per il PPE, e per l’idea di Europa uscita dalla guerra, e per coloro che hanno tentato la riunificazione delle famiglie europee, diventa urgente trovare una soluzione. Sarebbe assolutamente errato mettere l’Italia, Paese determinante nel bene e nel male, al di fuori del gruppo di comando che decide in Europa. Lo fecero Francia ed Inghilterra dopo la Prima guerra mondiale e la fine è nota. L’Europa di Kohl, Schumann, Wojtyla, ma anche quella di Brandt e Mitterrand, ha la necessità di un partito moderato e di buon senso in Italia. Serve ora, subito. In questo momento è più facile per la Ferragni passare dalla cruna del l’ago che Tajani dall’asticella della sopravvivenza.