“Vestita così te le cerchi”: contro gli stereotipi Martina sfila con gli abiti della violenza


Da quella sera sono passati due anni. Ma Martina non ha dimenticato. E a modo suo ha voluto lanciare un messaggio forte, per ribadire al mondo che non è un abito che può indurre un uomo a usare violenza su una donna. E che no, non esistono alibi o giustificazioni ad un abuso.

Martina Evatore ha 20 anni e sabato scorso ha sfilato in passerella al concorso “Miss Venice Beach” di Jesolo con indosso i vestiti che indossava la notte in cui un uomo ha tentato di violentarla: un paio di pantaloni neri larghi fino alla caviglia, scarpe sportive bianche, una maglietta nera e una giacca verde mimetica.

Una sera di due anni fa Martina stava attraversando il sottopasso del Sacro Cuore a Padova vestita con gli abiti della sfilata, quando un uomo l’ha afferrata e toccata ovunque, cercando di violentarla. Le sue urla e hanno richiamato i passanti e l’aggressore di fronte alla resistenza opposta coraggiosamente dalla giovane non è riuscito nel suo intento, ma Martina quelle mani addosso le sente ancora. Il ricordo del terrore lo sente ancora. “Era buio, ho visto solo quest’uomo di circa quarant’anni che mi si è scagliato addosso e poi è fuggito – ricorda -. Nonostante un preciso identikit e la denuncia alla polizia, di lui si sono perse le tracce”.

Martina non ci sta a sentirsi dire “se vai in giro vestita così te la cerchi”, come ha fatto una sua amica qualche settimana fa. “Quella sera ero vestita in modo normalissimo, come oggi – ha detto la ragazza -. Basta con questo maledetto stereotipo: non è l’abbigliamento che istiga alla violenza. Ancora adesso non poche donne non sono libere di vestirsi come vogliono perché un abito piuttosto che un altro potrebbe attirare le attenzioni di qualcuno, istigare ad una violenza. Voglio dire a tutte coloro che si sono trovate o si troveranno in una situazione come la mia, che devono denunciare. Non bisogna stare in silenzio. Non ci si deve vergognare. Noi siamo le vittime”.

Lo stupro non è mai colpa della vittima. Non è mai responsabilità dell’abbigliamento di una donna. È un vestito, qualunque esso sia, non è l’alibi che può giustificare una violenza. E sfilando con gli abiti indossati la sera in cui ha rischiato di essere stuprata, la coraggiosa giovane ha voluto sfogare la sua rabbia contro gli stereotipi patriarcali che ancora mettono alla gogna le donne. “Non è l’abbigliamento che istiga alla violenza – ha ribadito in conclusione -. Il mio vuole essere un attacco agli stereotipi, al fatto che le donne non si sentano libere di vestirsi a loro piacimento perché questo, si dice, potrebbe attirare le attenzioni di qualcuno”.