Triplo carpiato per Padellaro: ora lancia Giorgia l’estremista al governo

L’ex direttore del Fatto Quotidiano – detto anche la Pravda a Cinque Stelle – l’avvocato d’ufficio dell’avvocato del popolo, il difensore a prescindere del Movimento di Grillo, l’esimio Antonio Padellaro, con un triplo salto carpiato, rinasce a nuova vita, cambia cavallo vincente e, da estremista di sinistra si reinventa estremista di destra, individuando un nuovo idolo: Giorgia Meloni!

Si proprio lei, Giorgia “l’estremista” fino a poco tempo fa, diventa Giorgia la paladina della democrazia rappresentativa, difensore senza macchia e senza paura del parlamentarismo liberale di fronte alle ingannevoli, infide, occulte macchinazioni del Nuovo Ordine Mondiale (pare una barzelletta, ma tant’è!). Un tempo Padellaro era un giornalista serio, oggi è diventato questo. Complottista a cinque stelle in salsa rossobruna. Povera Patria!

Quale sarebbe il pregio della Meloni agli occhi del novello Padellaro? Quello di restituire il primato alla politica a scapito dell’uomo forte voluto dai mercati e da oscuri centri di potere sovranazionale. Niente di meno! Più in dettaglio, il fine ragionamento sarebbe il seguente: Draghi è l’uomo forte al comando imposto per ordine e conto della finanza internazionale, la quale, in assenza di una sua riconferma nel 2023 alla guida del Paese, farebbe piombare in Italia la spaventevole troika; di contro, per scongiurare l’occulto scempio l’unico segnale potente sarebbe mandare Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Et voilà, la democrazia è salva e con essa il parlamentarismo costituzionale.
Insomma, solo San Giorgia può battere il Drago! “Ma davero..?” si direbbe a Roma.
C’è più di una cosa che non torna però! E sarà il caso di farla notare a Er Padella, casomai si redimesse…

Prima domanda: uomo forte a comando – ossia colui che prende e/o esercita il potere con metodi autoritari – non è forse inconciliabile con la maggioranza più ampia della storia della Repubblica? Forse sì ma Padellaro non lo sa!

Seconda domanda: la Meloni non è quella che dalle colonne del Fatto Quotidiano viene, ormai da decenni, tacciata di essere fascista? Come si concilia tal nomea con il ruolo di paladina della democrazia rappresentativa? Boh, forse Padellaro si avvale della facoltà di non rispondere!

Terza domanda: a Costituzione vigente, come sarebbe possibile un Draghi-bis non legittimato dal passaggio elettorale, visto che nel 2023 finisce la legislatura? Se avesse ragione Padellaro sarebbe un golpe, ma almeno che il nostro non abbia fonti dirette nel Bilderberg Group (aut similia) non pare essere all’orizzonte niente di tutto ciò. Quindi perché agitare questo spettro?

Quarta e ultima domanda: la Meloni non è quella che fa parte dell’”internazionale conservatrice”(ne è pure Presidente) di cui fino a poco tempo fa era esponente di primo piano tale Richard Bannon (che non è proprio un “potere debole”)? Caro Padellaro, siamo proprio sicuri che la Meloni sia la persona giusta?

L’unica risposta che ci viene da dare a tutti questi irrisolti quesiti e che effettivamente può sciogliere i vari misteri del Padellaro-pensiero, è che l’illustre giornalista preferisca di gran lunga la donna forte al comando, invece dell’uomo forte al comando! In questa versione simil cisgender, tutto torna, ogni tassello va al suo posto e l’analisi trova un suo perché. Per Padellaro l’unico uomo forte al comando può essere solo Giuseppe Conte, e senza di lui “muoia Sansone con tutti i Filistei!”.

Assistiamo all’esaltazione sheakspeariana dell’amore fino al sacrificio (non di Padellaro, ma della Nazione) e poiché l’avvocato del popolo è appunto avvocato e non poeta, è bene che non lo sappia, altrimenti potrebbe offendersi!