Tra giudice e colpevole: le notti bianche della giustizia italiana

C’è tutto il Dostoevskij di delitto e castigo nel rovello del lutto. Ci sono due persone, con diverse e opposte valutazioni, che in questi giorni di lutto nazionale sono gravide di pensieri.

Chi è, e soprattutto cosa è lo Stato? La parabola terrena di Silvio Berlusconi si è conclusa, ma la Repubblica, cosa diversa dalla Res Pubblica, si interroga a Camere chiuse e Palinsesti a reti unificate.

Il lutto nazionale alla Camillo Benso, i funerali di Stato, i messaggi di cordoglio di Capi di Stato stranieri, Putin compreso, la presenza del Presidente Mattarella in Duomo, come Pertini ai funerali di Giovanni Falcone, tutto questo fa riflettere, ed apre dubbi e rovelli. A parte quelli del giapponese Montanari.

Chi sono queste due persone che da molte ore ormai tormentano neuroni e coscienze? Una è Luca Tescaroli, pubblico ministero nel processo Stragi di Firenze, l’altra è Marcello Dell’Utri, imputato in quel processo assieme al Fondatore della Patria oggi canonizzato.

Il dubbio di Tescaroli è chiaro. Come si fa a mettere sul banco dell’avversione, oggi, qualcuno a cui lo Stato, nelle massime cariche, rende l’omaggio più solenne? Che Stato sarebbe, che credibilità nazionale ed internazionale avrebbe, se da un lato portasse la figura di San Silvio da Arcore agli altari della Patria, e dall’altro lo giudicasse reo di massima iniuria?

Luca Tescaroli non dorme da diverse notti, riteniamo, e sentirà su di sé il peso di una toga che sta diventando insopportabile. La morte cancella la pena, ma non migliaia di pagine processuali. Quale storia uscirà fuori dal tribunale di Firenze? E soprattutto quale Stato? Cosa può fare Luca Tescaroli nella sua solitudine, andare via come nella canzone della Pausini, sparire come Ettore Majorana, che vide un futuro atomico, insopportabile per la sua coscienza?

L’altro dioscuro di questo processo al secolo scorso, Marcello Dell’Utri, persona di rara arguzia, sta rimuginando senza sosta. Toccherà solo a lui sostenere il peso di un’accusa atroce? Sarà solo lui il Capro, incaprettato, espiatorio nazionale, il palermitano infame? O la scomparsa di Silvio, la sua beatificazione civile, possono essere un lavacro repubblicano? Una pacificazione da guerra civile? Che doppia morale sarebbe se uno fosse Santo e l’altro solo martire?

Soprattutto che Stato è questo, così doppio, ambiguo, contraddittorio? Che modo di stare al mondo ha questa Repubblica? Un Todo modo probabilmente. Sciascia manca oggi profondamente.