Si sposta il baricentro: la nuova Nato guarda ad est

Roal Amundsen era un norvegese, fu intrepido esploratore delle terre artiche, un pioniere dell’Occidente. Oggi alla Nato potrebbe approdare un’altra esponente di quel mondo dopo Stoltenberg, la danese Mette Frederiksen. È ovvio che nella Nato non si muove foglia che Washington non voglia. Questo deciso e continuativo spostamento del baricentro Nato dal fronte centrale dell’Europa, rappresentato da Germania, Francia e Italia, all’asse dei paesi norreni è strategico. Come l’ingresso della ex pacifista Svezia nell’alleanza atlantica. C’è un fronte orientale da sostenere, che tramite il Baltico, ed i paesi che vi si affacciano, arriva al cuore del problema per cui è nata l’alleanza. Fronteggiare, dinamicamente rispetto alla statica difesa precedente, l’Est del mondo, una volta sovietico oggi russo imperialista.

Il nuovo miglior amico dell’America, coccolato e vezzeggiato molto più della meridionale Italia, è la Polonia, che ha il più grande esercito europeo. La storia militare dell’Occidente si ripete, come ai tempi dei Cavalieri Teutonici, che combattevano le tribù nomadi di quelle sconfinate praterie.

C’è un filo sottile della Linea Artica che partendo dall’isola di Terranova segue la ancora vergine Groenlandia, passa dall’Islanda alle Faer Øer, e poi al blocco norreno di Norvegia, Svezia e Finlandia, terra di frontiera. Una linea di ritorno belligerante dei Vichinghi, che avevano mille anni fa fatto la rotta inversa. Sa molto di Valhalla questa strategia della Nato, in cui chi si sacrifica, come oggi gli ucraini, potrà bere birra e accompagnarsi alle Valkirie.

Ma è la giusta strategia? Fermerà il gigante alle spalle di Putin, il colosso Cinese? La Cina ha tre linee di avanzamento, a Nord con i mercenari russi, al centro con i treni e merci della Via della Seta, a Sud con i fondi sovrani di Pechino, che si comprano l’Africa e le sue fragili repubbliche.

In più c’è la Rotta indiana che dal Mar Giallo, arriva tramite super navi attraverso l’allargato Canale di Suez dentro il Mare Nostrum, il Mediterraneo. È proprio il fronte Sud quello più preoccupante per l’Europa e per l’intero Occidente. Ma il giovane apprendista stregone americano, ebbro di ultimi fuochi di liberismo, come il tragico Grande Gatsby, ma senza i necessari studi storici che solo i millenni accumulano nella memoria di un popolo, sottovaluta incoscientemente.

L’America si concentra sulla linea vichinga invertita di Eric il Rosso, e punta i suoi missili e sommergibili verso l’Artico. Il guaio è che gli europei, soprattutto la parte ancora cristiana, i norreni sono come gli ebrei convertiti a cui sotto la pelle il cuore batte ancora per Odino, non se ne rendono conto. La guerra in Ucraina non è affatto finita, forse è appena cominciata e durerà ancora molto tempo, cosa che il Vaticano, nella sua saggezza bimillenaria, capisce compiutamente. Ci vorrebbe un Kohl o un Mitterrand, o almeno un Andreotti, ma nell’Europa centro meridionale statisti pauca. C’è solo il tentativo italiano di spostare l’europarlamento verso il conservatorismo polacco più che ungherese. Non capendo che questo fa l’interesse del Nord Europa. È solo un fallo di frustrazione verso l’arroganza francese e il cinismo tedesco, ma senza vantaggi per noi italiani.

Se questa Europa non verrà rinnovata su altre basi non moriremo democristiani, ma vichinghi. I siciliani con i normanni, vichinghi evoluti, ebbero qualche anno di fulgore, per poi precipitare nell’oblio.