Sei candidati colored in corsa per sostituire Boris Jhonson: e in Italia?

Sei degli undici candidati alla successione di Boris Johnson alla guida dei conservatori britannici sono di colore, cioè non bianchi! E la notizia è che tutto questo non fa notizia: anzi, è del tutto normale tanto da passare in sordina. Insomma, su questo tema, l’Inghilterra è anni luce avanti rispetto all’Europa continentale dove costituisce elemento di meraviglia il solo fatto che “uno straniero ce l’abbia fatta” in qualunque campo, figuriamoci in politica.

Tanto per fare nomi e cognomi, prendiamo la situazione italiana. E’ vero che la Lega vanta un parlamentare nero e Fratelli d’Italia un consigliere regionale nero. Ma si tratta di casi eccezionali, spesso mera opera di marketing politico (tanto per non farsi dare dei razzisti) che, tuttavia, non costituisce normalità ma eccezione. Si tratta poi di casi isolati che non riguardano mai la leadership di partito (figuriamoci di Governo!).

Insomma, immaginare che un non bianco sostituisca la Meloni o Salvini alla guida dei rispettivi partiti è più o meno come pensare di arrivare sulla luna saltando. Già fa strano che la leader di Fratelli d’Italia sia donna e ciò viene spacciato pure per vanto o elemento di merito. Eppure, ancor a un balzo in Inghilterra e ci rendiamo conto che cinque su sei candidati alla premiership sono donne! E senza alcun vanto o clamore.

Leggermente meglio in Francia, dove i politici di colore sono di numero più consistente ma anche lì perennemente esclusi dalla leadership. Pensiamo a un Resemblement National guidato da un africano o da un tunisino o da un indiano. Fantapolitica! Basti ricordare la foto di Marine Le Pen con la donna di origine africana che la stessa candidata presidente faceva persino fatica ad abbracciare, per rendersi conto che stiamo parlando di periodi ipotetici dell’impossibilità (assoluta). Eppure anche lì il fatto che sia una donna a guidare l’estrema destra francese viene considerato fattore di spicco e di progressismo culturale.

Si sa, in terra caecorum beati monoculi, ma gioire della normalità è bizzarro e, davvero, a guardare quello che avviene al di là della Manica c’è da essere invidiosi. Il Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak è di origini indiane (i nonni venivano dal Punjab) ed è il favorito alla successione, così come indiana sono Pritti Patel e Suella Braverman, Nadhim Zahawi curdo iracheno, Sajid Javid è di origini pachistane, Kemi Badenoch proviene dalla Nigeria. Tutti nomi “esotici” che nascondono storie britanniche di merito e capacità.

Storie cioè di famiglie immigrate, di gente che ha lavorato duro e che ha scalato la piramide sociale fino alla vetta e adesso, giunti ai vertici del partito conservatore ne aspirano giustamente e legittimamente alla leadership. Semmai è sintomatico e dovrebbe far riflettere che ciò avvenga da destra, a dimostrazione che quando si è liberali davvero, conta il merito e non l’etnia o il genere. Se sei britannico sei britannico. Punto!

Gli stessi cittadini per la stragrande maggioranza (l’84% circa) ha dichiarato di non avere alcun problema a pensare a un premier di colore, perché il superamento del razzismo non è solo roba da elites, ma riguarda la quotidianità britannica.

Mentre nell’Europa continentale una pubblicità con una testimonial che indossa l’hijab fa scandalo e fa gridare all’invasione dei musulmani o alla sostituzione etnica, la nomina in Italia di un ministro di colore (la Kyenge) ha dato la stura al peggior razzismo becero anche da parte di importanti parlamentari (cioè, non al bar, in Parlamento!!), mentre i diritti civili sono oggetto di quotidiani cavilli e i distinguo fino al surreale dibattito attuale sullo ius schoale, Oltremanica non accade niente di tutto ciò.

Sarebbe un modello da esportare anche in Italia ma la strada è tutta in salita. Può far sorridere la distanza siderale fra noi e l’Inghilterra certo, ma tutto questo è la spia dell’arretratezza mentale prima ancora che culturale e politica di una destra retriva, novecentesca incapace di interpretare il futuro (figuriamoci costruirlo) e che rimane attaccata ai propri peggiori stereotipi e pregiudizi (siamo il paese dei 700 emendamenti sull’esame in sagre popolari per concedere la cittadinanza). Il bello è che poi si autodefiniscono liberali (senza scoppiare a ridere)!!

Ecco, a proposito di liberalismo, se in Inghilterra, l’emancipazione e la valorizzazione dell’individuo in quanto tale, indipendentemente dal gruppo di appartenenza (sia esso familiare, etnico, religioso ecc. ), è stata la base del progresso politico moderno e ha portato la destra a uscire dal ghetto, in Italia la via è lunga e stretta. Finché il colore della pelle conterà più della qualità dell’individuo, la destra nostrana, malgrado ogni goffo tentativo, è destinata a rimanere incatenata alla logica tribale del ghetto che ne impedirà ogni possibile evoluzione.

Ecco perché c’è necessità vitale di spezzare quello schema e di tirare fuori il coraggio per costruire proprio tutta un’altra destra che sappia far tesoro di quanto avviene nei paesi che quelle catene le hanno spezzate davvero.