Il ministero dell’Interno cerca nuovi agenti, ma senza disturbi di identità sessuale

Il Ministero dell’Interno cerca 1.381 nuovi agenti, ma nel regolamento sull’idoneità del bando i requisiti finiscono nella bufera: la ricerca della propria individualità sessuale è sullo stesso piano di “schizofrenia” e “tic”. E scattano le prime denunce.

Sul bando, pubblicato il 16 maggio, c’è un elenco di sventure e sofferenze alla voce «disturbi mentali», tutte quelle psicopatologie che il candidato agente non può avere: «Schizofrenia, disturbi dell’umore attuali o pregressi, disturbi dissociativi attuali o pregressi, disturbi d’ansia attuali o pregressi, disturbi somatoformi, disturbi da tic, disturbi della condotta alimentare attuali o pregressi, disturbi sessuali e disturbi dell’identità di genere attuali o pregressi». Sono messi, cioè, sulla stesso piano, come una malattia e come una condizione ostativa per fare quel mestiere, un tic e la ricerca della propria identità sessuale. Nel testo vengono specificate le procedure per partecipare, i tempi e i requisiti richiesti. Anche gli esercizi fisici a cui il candidato dovrà sottoporsi per superare la prova: 15 piegamenti sulle braccia per gli uomini e 10 per le donne, 1 metro e 20 centimetri di salto in alto per gli uomini e 1 metro per le donne, correre mille metri in un tempo massimo di 3 minuti e 55 secondi per gli uomini e 4 minuti e 55 secondi per le donne. Seguendo il percorso dei vari link che spiegano come aderire al bando, si arriva al documento che porta questa epigrafe: «Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato». Sette pagine di specificazioni. Non si possono avere «tumori maligni, ad evoluzione incerta o sfavorevole». Non si possono avere «tumori benigni ed i loro esiti quando per sede, volume, estensione o numero siano deturpanti o producano alterazioni strutturali o funzionali». Serve «sana e robusta costituzione». «Una statura non inferiore a 1,65 per gli uomini e 1.61 per le donne». Non si possono avere «malformazioni e malattie della bocca, ad incidenza funzionale ed estetica in particolare le malocclusioni dentarie con alterazione della funzione masticatoria e dell’armonia del volto». Bisogna essere armoniosi, quindi. Belli. Ma non sono ammessi tatuaggi in vista. «Quelli sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme».

Ci sono requisiti legati al peso, o meglio alla magrezza necessaria: «Il rapporto altezza-peso, il tono e l’efficienza nelle masse muscolari, la distribuzione delle pannicolo adiposo e il trofismo devono rispecchiare un’armonia tale da configurare la necessaria agilità per l’espletamento dei servizi di polizia». Ed è in questo contesto, nella parte dove il Ministero dell’Interno intende disciplinare «Le imperfezioni e le infermità dell’apparato neuro-psichico», che compare quel riferimento ai «disturbi dell’identità di genere».

Se ne è accorto un aspirante candidato poliziotto. Si è sentito offeso e anche umiliato da quel riferimento, al punto da rivolgersi all’avvocato Gian Maria Mosca. «Sono andato a guardare. Ho fatto gli screenshot dei link, anche a me ha molto colpito. Mi sembra un riferimento sbagliato – racconta la Stampa – in un contesto sbagliato. Perché lo pubblicano sui sito del ministero Interno?».

Ed ecco l’istanza indirizzata alla ministra Luciana Lamorgese e al capo della Polizia Lamberto Giannini per cercare di fare revocare quella condizione: «Non risulta peraltro che il diritto all’identità di genere – espressione di libertà fondamentale – possa essere contemplato come disturbo mentale, alla stregua di schizofrenia, ritardo mentale o disturbi da tic (per fare solo alcuni esempi). Si aggiunga il fatto che la norma in questione richiama l’asserito “disturbo” in questione come ostativo anche se “pregresso”». Come si è già visto in altre circostanze, sul tema di diritti civili le leggi italiane sono più indietro dell’Italia stessa. Se un aspirante poliziotto non può essere alla ricerca della propria identità sessuale, ci sono due agenti che hanno cambiato sesso durante gli anni di servizio.

L’agente Alessio Avellino è entrato in polizia quando i suoi documenti erano al femminile. Ora è un poliziotto transgender presidente dI PolisAperta, l’associazione LGBTQ+ delle Forze dell’ordine. La sua storia conta come conta la storia della sovrintendente del corpo di polizia locale di San Donato Milanese, Stefania Pecchini, che ha iniziato la sua transizione quando aveva quarant’anni ed era in servizio da quindici.