A sole 5 settimane di distanza dal 12 giugno, giorno in cui in contemporanea al primo turno delle elezioni amministrative i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sui 5 quesiti del referendum per una Giustizia Giusta, prosegue il silenzio mediatico sull’appuntamento che priva, di fatto, gli elettori di ricevere informazioni adeguate sui temi e sullo svolgimento dello stesso.
Cinque quesiti che, dopo decenni di immobilismo politico e parlamentare a cui è conseguita una deriva populista e giustizialista, potrebbero restituire al nostro Paese un Sistema Giudiziario più equo, giusto ed in linea con la nostra Carta Costituzionale.
Un fallimento della classe dirigente e della politica che ha come conseguenza la necessità di una consultazione popolare su temi ambiziosi e tecnici, sui quali una corretta e profonda divulgazione sarebbero necessarie per permettere al singolo cittadino di esprimere un voto consapevole ed informato.
Una consultazione che interroga i cittadini su temi specifici, ed il cui esito potrebbe determinare un profondo cambiamento del Sistema Giustizia in linea con i principi liberali su cui il nostro Paese è fondato.
Quesiti che toccano punti cardine del Sistema Giudiziario. Il primo quesito, infatti, punta ad una profonda riforma del CSM smantellando il sistema delle cosiddette “correnti”, per renderlo più trasparente e meritocratico. Il secondo quesito punta ad una valutazione del lavoro del magistrato in modo più ampio, indipendente e meno corporativo, cercando di incrinare il sistema di autotutela interna, tipico della protezione degli interessi di parte. Il terzo quesito riguarda l’annoso tema della separazione delle carriere, al fine di evitare che accusa e giudicante possano intercambiarsi il ruolo, ledendo il principio di terzietà del Giudice. Il quarto tocca un tema delicato della dinamica processuale, ossia la custodia cautelare: provvedimento spesso abusato, che porta il nostro Paese ad essere, in Europa, quello con il maggior numero di detenuti in attesa di giudizio tra le mura carcerarie, circa il 31% del totale. Il quinto ed ultimo quesito riguarda l’abrogazione della Legge Severino con il suo illogico automatismo che prevede, di fronte ad una condanna di primo grado, avvenuta anche dopo una nomina avvenuta regolarmente, la sospensione dall’incarico, anche per delitti non colposi.
Ebbene, di fronte a quesiti di questo spessore, infarciti di tecnicismi su temi non così alla portata di tutti, un’informazione plurale e corretta dovrebbe essere la conditio sine qua non per permettere all’elettore di ricevere nozioni tali da esprimere una valutazione corretta, in linea con i propri valori.
Ma sembra che i sistemi di potere ed i gruppi di interesse lo sappiano e per questo, per difendere posizioni che potrebbero essere messe a rischio dai risultati della consultazione popolare, stiano esercitando una qualche forma di pressione affinché le informazioni, a partire dalla banale pubblicità ai cittadini della data del voto, non vengano diffuse.
L’argomento Referendum è infatti relegato a sporadiche apparizioni mediatiche e la stessa AgCom, ovvero l’Autorità che vigila ed applica le leggi in materia di informazione, nelle proprie tabelle di monitoraggio intitolate “Campagna Referendaria”, include interventi in cui si parla genericamente di Giustizia o della Riforma Cartabia, senza che i Referendum siano nemmeno menzionati. Senza che la banale data della consultazione venga indicata, senza che dei quesiti sia fatto accenno.
Un sistema di informazione che oggi non garantisce il pluralismo costituzionale e che nega di fatto la conoscenza ed il diritto di scelta ai cittadini.
Le informazioni e la loro diffusione non possono essere appaltate unicamente ai punti informativi che i vari comitati per i Referendum stanno approntando con fatica in queste settimane: con l’attenzione dell’opinione pubblica concentrata tra la guerra in Ucraina e la conseguente crisi, la necessità di un’informazione corretta, plurale e capillare, che permetta ai cittadini di essere informati per poter scegliere, è più che mai evidente.
Si tratta di un diritto e come tale deve essere assicurato.
In queste cinque settimane che ci separano dal 12 giugno, l’auspicio è che i media tornino ad espletare il loro ruolo di diffusori di un’informazione corretta ed al contempo che molti dei politici che nei mesi scorsi si sono dichiarati favorevoli ai quesiti referendari, tornino a parlarne evitando di girare la testa dall’altra parte, come fatto in questi ultimi tempi, per paura di una débâcle dovuta al non raggiungimento del quorum.