Quel fantasma del merito nella riforma della giustizia

Anche quella della Giustizia sarà una mezza riforma se non troveremo il modo di premiare chi fa presto e bene il suo lavoro. Questo criterio di valutazione è il merito, il convitato di pietra nella perenne discussione sulle riforme in Italia. Anni di tronfio egualitarismo postsessantottino impediscono di comprendere il reale valore del merito nel rendere le nostre istituzioni più efficienti, si parli di giustizia, istruzione o dell’intera pubblica amministrazione.

Una cattiva sociologia continua a deprimere la selezione dei talenti su base meritocratica, con l’unico risultato di avere un esercito di laureati con centodieci e lode che poi si rivelano incapaci di modernizzare il nostro Paese, perché geneticamente abituati a subordinarsi a logiche di appartenenza corporative e di schieramento tipiche degli antichi regimi, piuttosto che ad agire secondo il principio ordinatore della moderna società liberale, il merito per l’appunto. La logica della produttività, dell’efficienza e dei risultati, del va avanti chi è bravo e del chi sbaglia paga.

Reinquadrando da questo punto di vista le arcinote disfunzioni della giustizia penale italiana probabilmente avremmo la soluzione a tanti problemi sul tappeto: la separazione delle carriere, ops, delle ‘funzioni’ dei magistrati; la riforma del Csm che giace alla Camera perché il problema non è tanto quello del sistema di voto da trovare per riformarne la composizione bensì degli strumenti necessari a giudicare in modo indipendente i magistrati, in particolare quelli che sbagliano prendendo provvedimenti ingiustificati; il che si porta dietro la proposta della responsabilità civile diretta a tutela dei cittadini dagli errori giudiziari e dall’abuso di strumenti come la carcerazione preventiva.

In attesa di capire se si faranno i referendum o se ne pagheremo ancora una volta il costo, e aspettando che il Parlamento si decida a dare seguito alle parole pronunciate dal presidente Mattarella nel suo secondo discorso di insediamento – quando il Capo dello Stato ha detto che “è indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento” – ripartiamo dalla meritocrazia. Non dalle lobby o dall’anzianità di carriera ma dal talento e dalla competenza, questi fantasmi che si aggirano nelle riforme all’italiana.