“Putin come Stalin, la Russia come l’URSS”: lo storico Rachinskij avverte sulla repressione interna

In Russia c’è il pericolo della deriva URSS, perché anche se ancora non si è arrivati alle purghe staliniane – ma in alcuni casi sì -, la macchina della disinformazione e della propaganda di Putin rischia di innescare un incontrollato ricorso alla repressione.

Ne è convinto lo storico Mi, che in un’intervista a Repubblica racconta gli anni più bui dell’Unione Sovietica e le coincidenze con la Russia di Putin. Rachinskij guida Memorial, l’ong fondata nel 1989 dal Nobel per la pace Andrej Sakharov, che si occupa di tenere viva la memoria collettiva sui tre milioni di vittime del Terrore staliniano.

“L’Urss durò settant’anni e comprende periodi diversi tra loro – racconta a Repubblica -. Adesso si può parlare di mostruosa aggressività della propaganda che supera persino quella del periodo della stagnazione e assomiglia a quella staliniana. La scala delle repressioni, per il momento, per fortuna, non è paragonabile. Ma è una macchina che si avvia facilmente e si ferma a stento. E, a differenza che nei tempi staliniani, c’è il rischio che inizi a funzionare a discrezione del singolo, senza linee guida delle autorità centrali. Oggi vediamo molta ‘iniziativa dal basso’. I casi caricaturali di gente multata ad esempio per le citazioni di Aleksandr Pushkin dimostrano l’eccessivo zelo delle autorità locali senza che quelle centrali le apostrofino. C’è il pericolo di una reazione a catena e che diventi un processo incontrollabile”.

Secondo lo storico il male che la fa la censura di Putin è incalcolabile. “Oggi non c’è una grande rete di infiltrati o informatori come nell’Urss – spiega -. Le soffiate inoltre non erano il problema principale né allora, né adesso. Succedono sì, ma sono percepite come un’anomalia. La cosa più grave oggi è la censura. È un fenomeno totale. È sorprendente che le autorità non abbiano ancora capito che la censura priva loro stesse della possibilità di vedere la situazione in modo chiaro. E il fallimento dell’’operazione speciale’ è in parte conseguenza della soppressione del feedback, della possibilità di ricevere risposte esatte alle domande che si fanno. Quello che oggi fa l’autorità dei media Roskomnadzor assomiglia a quello che all’epoca faceva il Glavlit: contrariamente a tutte le leggi, in via extragiudiziale, vieta la diffusione dell’informazione a diverse testate. Siamo vicini alla soppressione di ogni voce come sotto i bolscevichi”.

Il ritorno delle purghe staliniane è vicino? “Le purghe sovietiche erano perlopiù dovute alle paranoie di Stalin e del suo entourage – ricorda -. Si lottava contro un’ombra, contro un avversario fantomatico. Adesso vengono rimossi dirigenti responsabili del fallimento della cosiddetta ‘operazione speciale’. Un fallimento del tutto evidente. Dallo spargimento di sangue e dal fatto che non sia stata un’operazione lampo, è chiaro che sono stati fatti male i calcoli”.

Come fa la gente in Russia ad aver dimenticato il Grande Terrore? “Noi di Memorial non piacciamo al potere proprio perché diciamo sempre che l’Unione Sovietica fu uno Stato criminale – conclude -. Che nei ‘territori liberati’ in Ucraina vengano issate bandiere rosse e statue di Lenin dimostra la miseria ideologica del potere di oggi. Putin non ha nulla da proporre. Cerca di sfruttare la nostalgia per i tempi che ‘non’ ci furono perché in realtà era tutto diverso. È la nostalgia della giovinezza, non della vita reale. È difficile che i miei coetanei abbiano dimenticato la carenza di merci, libri, giornali, jeans, dischi e tanto altro. E penso che le autorità sbaglino a pensare che questo richiamo all’Urss possa attrarre la popolazione nei territori occupati o annessi. Non è chiaro cosa siano”.