La Seconda Internazionale, si svolge a Parigi il 14 luglio 1889, i partiti socialisti e laburisti europei, scelgono quella data in cui ricorre la presa della Bastiglia, per decidere le politiche del lavoro sulla scia dei dettami del Movimento Operaio, sancendo l’indipendenza dei sindacati dai partiti politici. All’ombra della Torre Eiffel si indica la data in cui ogni anno si dedicherà una giornata ai temi del lavoro, sarà quella dell’1° maggio in memoria dei lavoratori caduti tra il 1° e il 4 maggio del 1886 nella Piazza Haymarket a Chicago, durante una manifestazione per le 8 ore lavorative, che sarà repressa nel sangue delle autorità locali.
Dall’Europa al resto del Mondo passando per gli Stati Uniti le lotte per i diritti dei lavoratori hanno indicato la strada maestra per la conquista dei diritti sociali.
Il 1° Maggio ci porta ad una riflessione profonda su quello che ci sta accadendo intorno, sul perché dei conflitti che stanno minando le democrazie o ne impediscono l’espressione.
Il nostro Paese è nel mezzo di una transizione energetica indotta dalla guerra in Ucraina che come immediata conseguenza sta ridisegnando la via del gas.
Il nostro sistema di approvvigionamento delle energie alternative ed idrocarburi, ci ha fatto scoprire nel peggiore dei modi quanto esso sia insufficiente.
Oggi questa immediata necessità sta portando alcuni nostri ministri ad essere impiegati come commessi viaggiatori con lo scopo di contrattualizzare accordi di approvvigionamento energetico che riescano, nelle vie più brevi, a sopperire alla quota di gas russo dalla quale il nostro Paese è prevalentemente dipendente.
Una crisi questa del gas, paragonabile a quella che a fine 1800 piegò il Paese per via del costo della carbonella, della scarsità di cereali, del costo del pane, dei dazi sull’importazione del grano.
Nel quadro del dibattito sulle energie alternative, credo che il momento della demagogia populista possa, tranquillamente, terminare; i gravi ritardi della politica negli ultimi decenni ci offrono la cifra di quanto non si sia stati lungimiranti, deboli rispetto al no ideologico, poco attenti nel coinvolgere, per tempo, i territori.
Ci vogliono risposte non solo attraverso i numeri dei mega impianti, ma necessariamente, sulla produttività energetica domestica che deve trovare una sua fattiva dimensione.
La situazione è grave, solamente chi non ha la percezione della spesa familiare non comprende che non si tratta di regolare uno scaldino o non accendere un condizionatore, ma di scegliere tra il pagare le bollette e fare la spesa.
Le aziende, poi, stanno compromettendo la loro presenza sul mercato per via di “un rischio d’impresa” che è stato ulteriormente aumentato da questi catastrofici accadimenti.
E allora come si è stati capaci e responsabili nello spostare il pil del 2 % per ragioni di strategie militari, allora bisogna esserlo altrettanto per spostarlo di un ulteriore 2% per concretizzare le riforme più importanti di cui il nostro Paese necessita, quelle sociali e industriali.
La guerra più pericolosa che si sta combattendo sul nostro territorio è quella alla povertà.
Nel Mezzogiorno d’Italia la sfida è ancora più ardua, i fondi del Pnrr sono un’ enormità, è vero, ma le pubbliche amministrazioni non hanno la capacità progettuale per aggredire parte di quei fondi e questo, potrebbe essere una spada di damocle che lascerebbe ancora più indietro il sud rispetto ad un nord da sempre infrastrutturalmente più agevolato.
I nostri territori si stanno spopolando, in Puglia viviamo sulla nostra pelle questo fenomeno, lo strumento del Pnrr potrebbe essere una grande occasione per adeguare la macchina organizzativa, attrarre investimenti e lanciare sfide.
Le bandiere del 1° maggio sventolano tra i venti di guerra, tra le inimmaginabili ferite che questo conflitto sta lasciando. Al popolo ucraino non può che andare la nostra vicinanza.