Parigi e Berlino: L’esclusione dal “Processo di Roma” crea nuovi attriti con l’Eliseo

“La relazione con Emmanuel Macron è buona. La politica estera non è un gioco di piccole vendette nel cortile della scuola.” Questa è stata la risposta di Giorgia Meloni, poco più di un mese fa, a un giornalista francese durante la sua visita a Parigi, il primo incontro bilaterale dopo mesi di tensioni. “Macron è un amico, un alleato o un avversario per lei?”, aveva chiesto il giornalista della popolare trasmissione Le Quotidien. La premier aveva evitato di rispondere in modo diretto, sottolineando un approccio istituzionale e “adulto” nei confronti della Francia.

L’esclusione della seconda potenza europea dal vertice di Roma, avvenuta ieri, potrebbe non essere un dispetto, ma ciò che è certo è che ci somiglia molto. L’irritazione a Parigi è evidente, anche se non ci sono reazioni ufficiali filtrate. Si cerca di mantenere le apparenze, ma la normalizzazione dei rapporti tra i due leader, ostentata lo scorso giugno, sembra già fragile. Macron e Meloni avevano parlato di “convergenze” per trovare un accordo con la Tunisia e coordinarsi per rafforzare i controlli alle frontiere esterne dell’UE. Tuttavia la situazione è cambiata con l’attivismo di Meloni con Kais Saied, che ha così bypassato Parigi rispetto a uno dei paesi in cui la Francia esercita storicamente la sua influenza. “Non c’è stato alcun coordinamento“, lamenta una fonte diplomatica francese.

Il fatto di non essere stata invitata al vertice di Roma è stata una sorta di conferma del malumore. Nelle ultime settimane, Meloni ha preferito associarsi al primo ministro olandese Mark Rutte, trascurando la Francia e la Germania, i due paesi che più subiscono l’impatto dei flussi migratori che giungono nell’UE. Le ragioni del formato deciso dal Ministero degli Esteri, che ha invitato solo paesi di transito, origine o primo approdo, sembrano più una scusa che una realtà. La Francia e la Germania sono, insieme, i principali paesi di destinazione per i migranti che sbarcano in Italia, e negli ultimi mesi hanno registrato un aumento significativo delle domande di asilo.

Europa e alleanze: la fallimentare strategia di Meloni

“La cooperazione tra Francia e Italia sull’immigrazione deve continuare”, aveva auspicato Macron dopo l’incontro con Meloni. Il leader francese da anni cerca di promuovere una “politica mediterranea” per l’UE. Nel 2018, aveva organizzato a Parigi una conferenza sull’immigrazione simile a quella svoltasi ieri a Roma, invitando allora il premier Paolo Gentiloni e la cancelliera Angela Merkel. Durante la presidenza francese dell’UE nel 2022, Macron aveva scommesso sulla riforma del Patto sull’Asilo e l’Immigrazione. L’adesione del governo Meloni al nuovo testo europeo, che prevede una divisione più equa delle responsabilità tra gli Stati membri di primo ingresso e i paesi di destinazione dei migranti, era stata interpretata a Parigi come un segnale di buona volontà, ma si è rivelato vano nella pratica.

“Sull’immigrazione, Meloni adotta un approccio ideologico e settario a una iniziativa giusta”, commenta l’eurodeputato di Renew Sandro Gozi. “La mancata partecipazione di esponenti del governo francese e l’assenza di un invito rivolto alla Germania – continua Gozi – evidenziano un metodo poco pragmatico che indebolisce la conferenza stessa.” Tornare a una competizione tra i paesi dell’UE sul tema dell’immigrazione sembra un’idea futile, a meno che non prevalgano gli interessi nazionali in vista delle elezioni europee. La partnership tra Meloni e von der Leyen, alla ricerca di un nuovo mandato, è vista anche come parte dei giochi riguardanti la futura governance dell’UE, che inizieranno nella primavera del 2024. A Parigi, c’è anche il sospetto che il governo Meloni voglia approfittare della perdita di influenza della Francia in alcuni paesi del Mediterraneo meridionale. Ai continui dissidi con l’Algeria si sono aggiunte le tensioni con il Marocco e, ora, con la Tunisia. Nel continente africano, dopo il fallimento della missione militare nel Sahel, Macron si trova a dover affrontare la concorrenza economica della Cina e un sentimento popolare anti-francese alimentato dalla Russia.