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Oscar Farinetti propone la macroregione Piemonte-Liguria. Si può fare

Fondere la Liguria con il Piemonte per ottenere una “super potenza” a livello turistico, è la proposta che Oscar Farinetti, ideatore di Eataly, ha lanciato ieri a Chiavari in occasione dell’anteprima dell’Economic Forum Giannini 2022. Una macroregione che avrebbe il mare, le colline, le montagne e la maggior parte delle eccellenze enogastronomiche italiane, in grado di sfruttare a pieno le proprie risorse sulla strada di un rilancio economico e sociale quanto mai stringente. Una proposta su cui ragionare per affrontare un percorso di riforma dello Stato in chiave moderna e funzionale, in grado di produrre benefici a ricaduta che, a partire dai territori, possano portare ad un rilancio dell’intero Paese.

Di macroregioni unite per contiguità territoriale si parla da anni: una riforma che potenzialmente potrebbe creare benefici amministrativi, burocratici ed un miglioramento qualitativo di efficacia ed efficienza della spesa pubblica in territori con simili problematiche, infrastrutture condivise, e con cittadini che spesso si muovono tra esse movimentando la spesa ed usufruendo di servizi ad oggi non condivisi. Osservando il nostro Paese si evidenzia spesso come ci siano Regioni che hanno problemi che altre non hanno. Problemi peculiari sui quali, attraverso la riorganizzazione del territorio in Macroregioni si potrebbe intervenire in modo più rapido ed efficace: si pensi, ad esempio, alle Regioni che si affacciano sull’Adriatico o ad alcune Regioni del Sud, che, più di altre, hanno problemi di carattere ambientale.

Dalla gestione rifiuti al turismo, dall’economia al sociale, passando dalle infrastrutture, superando divisioni che oggi non hanno più ragione di esistere, si verrebbero a creare dei distretti territoriali dal grande impatto economico, sociale, occupazionale in grado di attrarre interesse ed investimenti. Nuove aggregazioni tracciate tenendo in considerazione anche abitanti e spesa pro capite con l’obiettivo di dare vita a delle nuove entità territoriali che abbiano una certa omogeneità culturale, linguista ed economica in grado garantire risparmi per le casse dello Stato, minore burocrazia, semplificazione amministrativa, divenendo punti focali per un rilancio economico generale. Una proposta che più volte ha fatto capolino nella dialettica politica nazionale a partire dal 2015 quando l’allora Premier, Matteo Renzi, evidenziando gli sprechi ed il malfunzionamento dell’attuale regionalismo, aprì un dossier che aveva l’obiettivo di tracciare la strada verso il passaggio dalle 20 regioni attuali e 12 macroaree accorpate.

Una strada teoricamente tracciata ma mai intrapresa che, superando gli sterili localismi spesso derivanti da interessi particolari, permetterebbe di creare snodi fondamentali in un percorso crescita economica condivisa. L’area del nord ovest, con Piemonte e Liguria, insieme alla vicina Lombardia, attraverso politiche territoriali condivise e scelte strategiche comuni, non solo potrebbe diventare una potenza turistica come suggerito dallo stesso Farinetti, ma attraverso un piano infrastrutturale, ambire al ruolo di snodo chiave nel sistema trasporti per tutta l’Unione Europea, attraverso i corridoi europei ovest-est e sud-nord nei quali l’area riveste ruolo strategico.

Dal Tav al sistema retroportuale di Genova, dai valichi di frontiera al sistema di hub e di interporti, un macro territorio che attraverso una politica territoriale unica, godrebbe di ricadute positive in termini economici, sociali e di occupazione che gli permetterebbe di tornare a ricoprire quel ruolo di locomotiva economica per l’intero Paese. Un ragionamento di largo spettro che nell’attuale suddivisione riscontra notevoli difficoltà ad essere intrapreso a causa di Istituzioni spesso contrapposte a protezione degli interessi locali.

A distanza di anni, possiamo confermare che la Riforma del Capitolo V ha portato a risultati deludenti, sovente con una sovrapposizione di competenze, e senza aver di fatto superato divisioni storiche non più attuali non ha risolto i problemi che si prefiggeva come obiettivo. Si rende necessaria, quindi una nuova riforma in senso più moderno, contemporaneo e funzionale che, collegata a problemi regionali comuni e concreti, possa portare ad una diversificazione delle competenze dei territori, attraverso la quale rilanciare l’intero Paese.