Monopoli e rendite di posizione: perché il DL Concorrenza spaventa i partiti?

La riprova che il DL Concorrenza in fase di approvazione da parte del Giverno Draghi è una novità positiva per l’economia italiana lo si vede dall’opposizione che ad esso si va delineando tra i partiti politici, schiavi delle lobby e privi di competenza in materia. Non è un caso se alla Commissione Industria del Senato sono stati già presentati migliaia di emendamenti ad un testo che certamente è migliorabile ma che è comunque un tentativo di rompere quell’immobilismo gattopardesco che paralizza da secoli l’Italia. Emendamenti che vanno tutti nella direzione del mantenimento di monopoli difficili da scalzare, da sempre protetti da una politica senza visione.

L’intervento dello stato nell’economia in Italia negli anni non ha prodotto che “monopoli naturali”, forse mitigati solo dall’introduzione dell’Antitrust e delle prime liberalizzazioni: non tutti questi provvedimenti, va detto, ebbero l’esito sperato, ma l’impatto sulla concorrenza fu positivo e innescò meccanismi favorevoli. Tuttavia la revisione generale dei servizi pubblici, cuore dell’economia di stato, è materia ancora oggi oggetto di discussione, con l’ennesimo tentativo di disciplinarla dopo quelli dei governi Monti e Renzi.

Il DL Concorrenza di Draghi è perfetto? No. Il DL Concorrenza di Draghi è perfettibile? Sì. Soprattutto perché è un tentativo concreto di superare le rendite di posizione e di abolire i privilegi di alcune lobby a vantaggio di un ventaglio più ampio di beneficiari. Un decreto che va approvato, perché potrebbe rappresentare un cambiamento epocale per l’economia italiana.