L’orgoglio delle donne degli Azov: “Non sono loro i nazisti, l’espansionismo russo di Putin lo è”

I loro mariti sono da giorni assediati all’interno delle acciaierie Azovstal di Mariupol, simbolo della coraggiosa resistenza ucraina contro gli invasori russi. E loro, Kateryna Prokopenko – moglie di Denis Prokopenko, il comandante del battaglione Azov accusato di essere “nazista” da Putin ma decorato come eroe dell’Ucraina da Zelensky e a capo della resistenza di Mariupol – e le altre mogli dei combattenti che resistono nelle acciaierie sono arrivate a Roma per “raccontare alla gente la verità su Mariupol, i nostri mariti stanno ancora resistendo nell’acciaieria ma stanno finendo il cibo e le munizioni, il tempo stringe”.

“Sono orgogliosa di mio marito,per districarsi dalla propaganda occorre guardare ai fatti – spiega Kateryna, di mestiere illustratrice, al Corriere della Sera -. Denis e i suoi uomini stanno difendendo tutti noi. Azov un reggimento neonazista? Si tratta solo di propaganda: se difendere il proprio Paese da aggressioni esterne significa essere nazionalisti, allora Denis sì, è un nazionalista. Come puoi dirti ucraino se non sei disposto a salvare il tuo Paese fino alla morte? Ma nazista no. Nel reggimento ci sono anche ebrei, azeri, tartari di Crimea. Nazista è l’espansionismo russo di Putin”.

“Batterti per il tuo Paese sembra un valore astratto ma è qualcosa di concreto: vuole dire difendere la gente, donne e bambini dai crimini degli aggressori. I soldati ci stanno proteggendo – aggiunge Yulya Fedosiuk, 29 anni, moglie di Arseniy Fedosiuk -, sono e siamo pronti a morire per non finire prigionieri. Si è visto con le proteste di piazza a Maidan nel 2013 e poi nel 2014. Il movimento di dissenso russo è ancora in una forma embrionale, non a caso l’Ucraina è una democrazia e la Russia un regime oppressivo. I russi stanno continuando a sganciare centinaia di bombe sull’acciaieria ogni giorno, ogni giorno ci sono vittime. Al momento i civili sopravvissuti sono un migliaio nell’acciaieria, ma ogni giorno muore qualcuno dei 600 feriti per mancanza di cure. Noi siamo qui perché vogliamo raccontare la verità su Mariupol, in Italia circola molta propaganda. Anche ieri passeggiando per Roma abbiamo visto un manifesto contro il reggimento Azov. Ci sono ancora alcuni politici che hanno legami con la Russia e si fanno portavoce degli interessi di Mosca, anche un gruppo di intellettuali ha scritto una lettera in cui ci invita ad arrenderci per porre fine alla guerra senza dire che è stata la Russia ad iniziarla…”.

Le donne degli Azov chiedono corridoi umanitari per salvare i civili e più armi per permettere ai loro uomini di difendersi. Ma non hanno grande fiducia nei negoziati. “Come ci si può sedere al tavolo a negoziare una proposta di pace per noi umiliante, dopo i massacri di civili subiti – conclude Kateryna -? Potremmo non rivedere più i nostri uomini, lo sappiamo, ma se succederà non sarà per niente: si saranno sacrificati per il loro Paese”.