In un editoriale che sembra una summa del suo ultimo libro “il Suicidio dell’Occidente”, Federico Rampini propone una impietosa analisi della attuale situazione internazionale che ci proietta immediatamente nel Nuovo Ordine Mondiale che si sta delineando in questi quasi due mesi di guerra in Ucraina. E lo fa partendo da un dato di fatto inoppugnabile e che mette in luce lo sconcertante masochismo culturale dell’Occidente che – avverte – potrebbe rivelarsi fatale. Il dato di fatto, nudo e crudo, è che i Paesi terzomondisti – a dispetto di ogni retorica – sostanzialmente appoggiano Vladimir Putin nella sua aggressione all’Ucraina. Chi per convinzione, chi per convenienza, il blocco dei paesi che conosciamo come Terzo Mondo mantiene una evidente neutralità equidistante sulla guerra, si è opposto alle sanzioni a Mosca e continua a considerare la Russia come un ottimo partner commerciale con cui non ha assolutamente intenzione di rompere i rapporti.
Si va dall’India di Nehru che è pronta anche a mettere in discussione il processo di avvicinamento a Washington, al Brasile di Bolsonaro cui Mosca ha chiesto espressamente aiuto per non essere cacciata dalla Banca Mondiale e dal G20 (trovando peraltro sponda assai fertile), dal continente africano al Medioriente. Insomma, a ogni latitudine, escluso Nord America ed Europa (seppur con alcune eccezioni), Putin si trova tutt’altro che isolato, tanto che potrebbe molto probabilmente aggirare le sanzioni modificando i propri mercati di esportazione (operazione non semplice ma possibile).
Dato inquietante che non può essere in alcun modo sottovalutato, a causa delle sue importantissime ricadute non solo politiche ma anche culturali. Infatti, secondo Rampini, la responsabilità dell’antioccidentalismo di molti paesi emergenti va ricercato proprio nella incomprensibile “cupio dissolvi” che da qualche tempo sembra dilagare proprio nelle università e nei laboratori di pensiero dell’emisfero nord del mondo, dove, peraltro, si formano le classi dirigenti dei Paesi emergenti.
In questi luoghi di cultura e formazione la dottrina dominante è il “processo all’Occidente” autorappresentato come causa di ogni male passato e presente, attore principale delle dinamiche di sfruttamento globale, di saccheggio e guerra. E’ evidente che, così facendo, si fortifica un sentimento già esistente di ostilità verso di noi che non potrà che aggravare i rapporti internazionali nel lungo periodo, rendendo ancor più impermeabili questi Paesi a ciò che l’Occidente ha portato di buono nel mondo, nonostante i suoi limiti: la cultura dei diritti della persona umana, la difesa della libertà individuale, la democrazia partecipativa ecc.
Tutte cose infatti a cui certi leader dei paesi in via di sviluppo sono sostanzialmente refrattari considerando al contrario assai più attrattivo il modello russo e cinese. In altre parole, secondo l’analisi di Rampini, non possiamo stupirci del loro specifico porsi nei confronti del conflitto russo-ucraino perché abbiamo gettato noi occidentali le basi di quell’atteggiamento equidistante che adesso contestiamo.
Intendiamoci, non è che si vogliono negare gli errori e gli orrori occidentali in un passato più o meno recente: dal colonialismo feroce alle guerre che soprattutto gli Usa hanno condotto per il mondo con una certa disinvoltura e secondo la propria convenienza. Ma non è questo il punto. Il tema centrale – secondo Rampini – è proprio l’utilizzo strumentale che di certi errori e orrori viene fatto da quei Paesi i quali giustificano l’ingiustificabile, cioè il neutralismo equidistante fra Russia e Ucraina, “perché anche l’America è così”.
Se queste sono le premesse e la cornice di riferimento del filoputinismo terzomondista, siamo davvero certi che continuare a insistere sui lati oscuri della nostra storia, alla lunga sia foriero di pace e di magnifiche sorti progressive per l’intero globo? Francamente, c’è da dubitarne. Anche perché, mentre l’Occidente appare sempre più avvitato in una perenne e costante autocritica, gli altri imperi stanno letteralmente colonizzando intere parti di mondo, sia dal punto di vista commerciale che militare.
Il ruolo delle truppe russe in Medioriente sopravanza, e non di poco, quello degli eserciti Nato; stesso dicasi in larghe fasce di Africa, militarmente ormai sotto l’influenza di Mosca ed economicamente sempre più sotto la Banca Cinese. Conosciamo già il ruolo preponderante di Russia e Turchia in Libia, e l’atteggiamento ambiguo sempre della Turchia (paese Nato peraltro) nei confronti dell’Europa tenuta sotto ricatto con la questione migranti e oggi neutrale rispetto all’aggressione di Putin in Ucraina.
Ebbene, innanzi all’avanzare di questo nuovo blocco emergente, l’Occidente arretra sempre di più. Sotto il profilo commerciale, abbandona il campo di battaglia per manifesta e autoprocurata inferiorità. Opinioni pubbliche viziate dalle ideologie sedicenti progressiste influenzano sempre più le Istituzioni occidentali (politiche o economiche, nazionali e transnazionali) ormai ridotte a preoccuparsi più di non apparire come epigoni di un nuovo colonialismo neoimperialista che di lasciare il campo a Cina e Russia, assai poco condizionate da simili “facezie”.
Dal punto di vista culturale, la follia della “cancel culture” come esasperazione parossistica del politically correct, l’eccesso di tutela delle minoranze a scapito delle maggioranze (sempre per citare un tema caro a Rampini) in un tanto continuo quanto bizzarro fenomeno espiatorio retroattivo indeboliscono fino a ridurre l’identità stessa dell’uomo occidentale, annullandone la storia e il pensiero. Di contro i modelli orientali che esaltano la famiglia e i valori tradizionali, che considerano l’immobilità sociale come una fonte di sicurezza e di stabilità in un mondo sempre più veloce e incomprensibile, esercitano tutto il loro fascino sui Paesi “non-allineati”, molto più preoccupati del loro Pil interno che dei diritti individuali o, tantomeno della sorte di Kiev.
Insomma, di fronte a spinte estremamente pericolose provenienti dagli altri imperi, Usa ed Europa si scoprono sempre più deboli, incapaci di offrire un modello militarmente rassicurante e culturalmente attrattivo con la conseguenza – ci avverte Rampini – che molto dovrà essere fatto prima di poter effettivamente cantare vittoria contro Putin e contro tutto quello che lo zar rappresenta.