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L’imperialismo assassino di Putin dura almeno da vent’anni

Negli ultimi ventitré anni il mondo è rimasto in silenzio davanti alle vicende militari che hanno coinvolto l’esercito russo,

1999 – Guerra in Daghestan dichiarata il giorno prima dell’insediamento di Putin come premier.

1999 – Attentati a Mosca e città limitrofe, attribuiti ai ceceni, causano 307 morti. Secondo la Politkovskaya e Litvinenko, entrambi poi morti ammazzati, le bombe sono state messe dai servizi segreti russi dei quali Putin era a capo fino a poco tempo prima prima per avere poi mano libera nella ritorsione.

1999 – Guerra in Cecenia. Missile russo sul mercato di Grozny. 140 civili morti. Nessuno in occidente fa nulla perché il contingente russo è impegnato nel frattempo nelle operazioni di pace keeping in Kosovo e viste le simpatie russe per la Serbia, nessuno vuole inimicarsi il Cremlino.

2000 – Incidente del Kursk. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche franco-canadesi venne danneggiato da sottomarini spia USA. Ci fu quindi un accordo sottobanco che portò l’America ad un indennizzo di 10 milioni di dollari ai russi. La cambiale in bianco su cui Putin, secondo queste teorie, avrebbe costruito una sorta di impunità internazionale.

2008 – La Russia entra nel G7 che diventa G8, essenzialmente grazie al gas, al petrolio, all’uranio e al carbone.

2008 – La Georgia attacca i ribelli delle regioni russofone di Abkhazia e Ossezia del sud. Mosca ottiene il riconoscimento dell’indipendenza delle due regioni separatiste, dopo averle sostenute militarmente.

2012 – Putin diventa presidente della Russia. Recentemente ha poi modificato la costituzione in modo da garantirsi potenzialmente il potere fino al 2035.

2014 – Crisi Ucraina e annessione unilaterale della Crimea, come reazione alla cacciata di Yanukovic, presidente filorusso, rovesciato dalle proteste di piazza Maidan. Da allora sostiene la guerriglia separatista del Donbass. E qui si dovrebbe ammettere, col senno di poi, che la comunità interazionale si sarebbe potuta impegnare di più per risolvere la situazione. Qualcosa fu fatto: gli accordi di Minsk I e II. Ma non fu sufficiente.

2015 – La Russia entra in guerra in Siria a fianco di Bashar Assad che, prossimo alla sconfitta, grazie ai russi riprende il potere. Per sette anni tutto tace. La guerra assume una forma ibrida, meno visibile e il mondo tira un sospiro di sollievo. Degni di nota alcuni eventi come la sconfitta della Clinton alle presidenziali, dovuta, diranno inchieste successive, a interventi di hackeraggio russi o il fallito golpe in Turchia o i diversi tentativi di intromissione nella vita politica europea attraverso campagne di propaganda via social.

2022 – A gennaio ha inviato forze armate in Kazakhstan per aiutarne il presidente a sedare i moti di protesta contro il caro energia.

Febbraio 2022. Prima ancora che si levassero le prime reazioni occidentali, a quattro giorni dall’inizio di quell’invasione negata dando dei visionari agli Usa e agli inglesi, Putin minaccia il ricorso all’arsenale atomico. E mentre devasta una nazione colpevole di non voler essere annessa, accusa l’occidente di aggredirlo, perché ammette nella Nato nazioni terrorizzate proprio dal suo imperialismo. Mentre l’armata rossa massacra civili inermi o ne impedisce la fuga, un tizio chiamato “il macellaio della Siria”, Dvornikov, viene nominato generale al comando dell’operazione speciale di de-nazificazione.

E nonostante questo resistono nella nostra opinione pubblica coloro che ritengono che sia l’occidente a non volere la pace. Che ritengono che aiutare la resistenza Ucraina possa irritare un grande statista ingiustamente provocato. Che va bene resistere ma senza esagerare. Senza affondare troppo le sue ammiraglie altrimenti poi c’è “l’escalation”.

Chi lamenta che l’occidente non voglia la pace, temo non abbia chiaro che scatenando questa guerra, Putin ha fatto saltare in modo irreparabile gli equilibri mondiali. Il sospetto che lo abbia fatto per conto, o almeno con il beneplacito, della Cina è lecito.

Non ci sarà pace finché non si saranno delineati i nuovi equilibri planetari ed in questo senso va probabilmente letto il supporto attivo alla resistenza Ucraina delle nazioni che per prime stanno cogliendo questa crisi come opportunità di guadagnarsi un posto al sole nel mondo di domani. Penso ad USA e Gran Bretagna.

Un conflitto molto esteso nelle sue implicazioni è già in corso e non lo fermeremo evitando di mandare armi agli ucraini che hanno tutto il diritto di difendersi. Sarebbe auspicabile da parte dall’Europa esprimere con maggior vigore una posizione indipendente e forte, per evitare di restare a guardare mentre altri la trasformano in un teatro di guerra o in un campo profughi.