La Russia di Putin, la Lega di Salvini e l’eredità del comunismo

1991: il sogno comunista si infrange. Quell’illusione fiabesca di un mondo perfetto e armonioso dove alla complessità della realtà si sostituisce un semplice “noi contro di loro” (noi lavoratori, beninteso), cade. Cade quella società in cui non esiste dissenso perché non v’è motivo di esservi e dove non esiste la povertà perché in realtà sono tutti abbastanza poveri. Ma non cade sotto il peso della guerra, cade sotto il peso di se stessa.

Oggi il comunismo non esiste più neanche in quegli Stati che, creatisi sotto il comunismo, ne hanno mantenuto solo il nome e le effigi. Cuba toglie il termine “comunismo” dalla propria costituzione, la Cina può essere ritenuta comunista così come può esserlo ritenuto qualsiasi Stato autoritario. Ma i comunisti che fine hanno fatto? Non possono essere svaniti nel nulla. E non lo sono.

Il comunista col Rolex che oggi da lontano appare come una avanguardia intellettuale, apparteneva invece un tempo alle fasce più basse della popolazione, gli operai, i poveri, gli emarginati e gli analfabeti. Questa è sempre stata la fascia consistente dell’elettorato comunista. Ma alcuni di loro hanno conosciuto il libero mercato, hanno conosciuti i principi di destra, la libertà e si sono emancipati; e se da un lato ora i comunisti col Rolex rappresentano solo se stessi, ai propri elettori, cioè la tradizionale fascia bassa, chi ci pensa?

Queste formazioni, all’epoca definite populiste, sono identiche anche oggi e anche oggi come allora vengono chiamati populisti. Il termine “populista” nacque per descrivere i moti socialisti e operai del 1848 e non sorprende che oggi lo stesso termine venga adoperato per la stessa identica fascia elettorale: la Lega di Salvini racchiude senza nessuno stupore tutte le fasce basse che non sono ancora riuscite ad emanciparsi.

Mentre chi è salito di livello emancipandosi, ha abbandonato i propri compagni dietro di sé, mantenendo però il proprio appellativo “di sinistra”, coloro che sono stati lasciati indietro si sono sentiti traditi. Traditi dalle proprie avanguardie che ormai della lotta di classe se ne infischiano, traditi dal comunismo che non ha resistito il passo del tempo e traditi da quel fenomeno incomprensibile che è la globalizzazione: chi rappresenterà questi elettori?

Chi raccoglie oggi i delusi e i confusi dalla modernità? Chi raccoglie oggi i nostalgici di una società non meglio definita che guarda al passato? Il Partito Democratico italiano ormai è un partito di centro a tutti gli effetti che ha perso la propria vocazione proletaria e anti-sistema da troppo tempo e che cerca di tanto in tanto con dei rigurgiti socialisti a mimare un mondo che ormai non gli appartiene più. Raccoglie tutti coloro che hanno creduto nella rivoluzione comunista ma che poi sono passati alla destra una volta gustati i vantaggi della libertà e del mercato.

Oggi la guerra in Ucraina svela le carte e mostra una volta per tutte dove sono rimasti i comunisti che dal 1991 non hanno saputo più chi votare. I flirt ammiccanti fra esponenti della Lega e i russi non erano un segreto neanche prima della guerra, ma ora il Copasir e tutti i servizi vogliono vederci chiaro su queste infiltrazioni russe nel tessuto politico-culturale italiano. Spacciati per becero pacifismo, i tentativi di Salvini di nascondere il proprio filo-moscovismo dietro il motto “pace a tutti i costi” non stanno riuscendo nel proprio intento: coprire quel “club di Verona” che rischia di trasformarsi in uno scandalo politico nazionale e di far volare molte teste.

Mosca, il polo culturale ed egemonico dei comunisti italiani è adesso il polo dei leghisti, dove i putinisti e i moscoviti trovano la propria sintesi amorosa in quel di Verona. Il partito comunista costituiva all’epoca ciò che la Lega di Salvini costituisce oggi: la quinta colonna russa in Italia. Salvini non ha solo ereditato l’elettorato comunista, ma anche gli ideali populisti e anti-sistema che ne derivano, e con sé tutto il bacino di elettorato post-proletario che in Mosca ha sempre visto, e tutt’ora vede, il proprio faro di luce. Non è stato sufficiente che il comunismo collassasse nel 91: le vesti sono cambiate ma i detriti di quell’ideologia totalitaria sono ancora vivi e vegeti fra noi. E sono ancora un pericolo.