Anno dopo anno, i test Invalsi in Italia mettono in luce un problema che affligge il sistema educativo nazionale: una significativa percentuale di scuole non riesce a fornire una preparazione adeguata agli studenti. Questo segnala un declino nel ruolo tradizionale della scuola come ascensore sociale. Il disinteresse per il merito e le promozioni facili, spesso non basate sulle reali capacità, sono il risultato di una lotta contro le disuguaglianze sociali che sembra accentuarle invece di ridurle.
In questo contesto, Luca Ricolfi, rinomato sociologo italiano, ha recentemente affrontato il tema nel suo libro “La rivoluzione del merito”. Ricolfi parte da due punti fondamentali. Il primo è l’articolo 34 della Costituzione italiana, spesso trascurato, che afferma che “i capaci e meritevoli”, indipendentemente dalla loro situazione economica, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione. Questo articolo richiama le tesi di Piero Calamandrei sull’importanza di favorire i meritevoli, indipendentemente dalla loro origine sociale, per garantire un ricambio delle classi dirigenti e promuovere il benessere collettivo e la democrazia.
Il secondo punto di partenza di Ricolfi è l’osservazione di un cambiamento culturale nella sinistra italiana, passando dalla promozione dell’istruzione seria e rigorosa come mezzo di elevazione sociale durante l’epoca togliattiana del PCI al periodo successivo al ’68, che ha visto una diminuzione dell’importanza del merito.
Ma è importante che il merito eviti due nemici. In primo luogo, la confusione tra merito e meritocrazia, che può portare a irrigidire le barriere sociali basate su test obiettivi, creando ulteriori disuguaglianze. Invece, dovremmo cercare di valorizzare e premiare il talento individuale senza creare utopie sociali irrealistiche. In secondo luogo, il clima culturale che ha spinto a svalorizzare il merito in nome dell’uguaglianza, il che, paradossalmente, può portare a un incremento delle disuguaglianze in un secondo momento. Non distinguere tra chi merita e chi non merita in ambito educativo può ostacolare il progresso della società.
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Contrariamente alle idee dei filosofi e dei sociologi che sono ostili al merito, i sondaggi mostrano che la maggioranza delle persone è a favore di promuovere il merito. Questo “sentire comune” è più in linea con la realtà rispetto alle teorie degli intellettuali che affermano di conoscere la soluzione alle disuguaglianze sociali. I dati dimostrano che gli studenti più bravi non provengono solo da famiglie ricche, e che il successo scolastico è spesso il risultato dell’impegno personale, non solo del background socio-economico.
In Italia, ad esempio, è evidente che i bravi studenti non sono concentrati solo nelle classi sociali più elevate. Sebbene il capitale culturale delle famiglie d’origine possa dare un piccolo vantaggio agli studenti delle classi medie-alte, questo non è l’unico fattore determinante. Il 40% dei figli di famiglie benestanti ha prestazioni scolastiche scadenti, mentre una percentuale quasi identica di figli di famiglie meno abbienti ottiene risultati eccellenti.
Il paradosso di promuovere un’istruzione egualitaria senza riconoscere il merito è che questo approccio può in realtà perpetuare le disuguaglianze. Dopo aver completato la “scuola egualitaria”, le differenze emergono nuovamente. I più capaci tra gli studenti continueranno ad avere successo negli studi, soprattutto se provengono da famiglie agiate, mentre i meritevoli meno fortunati avranno difficoltà a proseguire i loro studi. In questo modo, l’ascensore sociale si blocca, a scapito di coloro che hanno talento ma non le risorse finanziarie per continuare l’istruzione superiore.
Ricolfi suggerisce un approccio basato sull’attuazione dell’articolo 34 della Costituzione, che prevede il sostegno ai meritevoli con borse di studio adeguate. Questa è una proposta praticabile che potrebbe contribuire a mitigare le disuguaglianze educative. Tuttavia, per avere successo, è necessario anche migliorare l’offerta educativa. Sono necessari insegnanti motivati e competenti in grado di riconoscere e valorizzare il merito e il talento degli studenti. Allo stesso tempo, occorre valutare e, se necessario, “riprogrammare” quegli insegnanti che non riescono a svolgere adeguatamente il loro ruolo. Solo con un sistema educativo che promuove il merito e offre opportunità equitative a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro origine sociale, possiamo sperare di costruire una società più giusta e prospera per il futuro dell’Italia.