La riforma della prescrizione nel processo penale indegna degli eredi dei giuristi del diritto romano

Stiamo vivendo giornate sempre più confuse e caotiche dal punto di vista politico, giudiziario e mediatico. La voglia di confondere le idee, di raccontare la verità così come si conviene alla propria utilità di “bottega”; la voglia di consenso ad ogni costo, insomma, stanno sempre più conducendo all’utilizzo di messaggi e condotte grevi, grette, e da tutti i punti di vista. Da quando la moralità è stata propugnata e postulata, non come la premessa, non come l’antefatto di qualsivoglia agire politico (io parlerei di etica, comunque: la moralità la lascerei, ben salda, nella sfera della vita privata delle persone, per quanto attiene la “dimensione intima”, ed all’azione dei preti, per quanto attiene alla dimensione pubblica), ma come l’in se dello stesso far politica, il clima giustizialista è diventato sempre più cruento e diffuso e sino al punto da immaginare, prima, e formalizzare, poi, scenari sempre più apocalittici e disarmanti, e fino a condurre all’approvazione dell’indegna riforma della prescrizione nel processo penale.

Ci sono volute lotte enormi e devastanti. Ci sono volute “lacrime e sangue”, torture e sofferenze indicibili per ottenere il riconoscimento dei più elementari diritti processuali. Giuristi ed emeriti principi del foro ci hanno dedicato una vita intera, eppure, in questa vergognosa corsa al potere scandita dal massimalismo di un giustizialismo sotto-culturale, prima ancora che pseudo-politico, sembra non aversene proprio più memoria: va bene tutto pur di “abbattere il nemico” di turno e prendersi il potere! Noi, però, siamo Italiani. Siamo gli eredi dei grandi giuristi che fecero del diritto romano il corpus normativo che, non soltanto normò le “relazioni”, i rapporti giuridici, di tutti i sistemi che furono – e che ancora sono! – espressione del Civil Law (facendo, peraltro, anche da punto di riferimento, da “stimolo”, per tutti quegli “impianti”, come quello del Common Law, che sentirono il bisogno di distaccarsene per “gestire” il fenomeno seguendo altri percorsi concettuali e codificatori) ma regolamentò anche gli iter procedurali, sia in ambito civilistico che penalistico, con una sensibilità ed un’attenzione capaci di durare nei secoli dei secoli.

Accettare l’attuale declino, insomma, non dovrebbe essere da noi, e da tutti i punti di vista, a maggior ragione allorquando gli “accusatori” tutto sono tranne che “soggetti” al di sopra di ogni sospetto. In una recentissima intervista pubblicata su “Il Riformista”, Stefano Parisi è intervenuto sulla deriva sempre più giustizialista dei 5Stelle, sulle contraddizioni di un “non movimento” pregno di antinomie di ogni sorta, e di un che vorrebbe che “la politica sia disintegrata. Più è composta di ignoranti, incivili ed incapaci più la burocrazia è potente”.

Gli spunti di riflessione offerti dal leader di EPI sono tanti e variamente pungenti. Il pericolo di continuare a vivere la più indegna delle persecuzioni per ragioni di potere, è reale. Prima lo capiremo, prima lo accetteremo, prima rimetteremo in moto una sana contro-spinta culturale, ancor prima che politica e meglio sarà!