La morte che viene dal ghiaccio: storie di vittime e sopravvissuti della tragedia sulla Marmolada

“Ti amo. Sempre e per sempre”. Alessandra De Camilli ha 51 anni, ha riportato diverse ferite ma è viva. Il suo compagno, Tommaso Carollo, invece, non ce l’ha fatta: la valanga di ghiaccio che ha travolto gli escursionisti sulla Marmolada, tre giorni fa, non gli ha lasictao scampo. Anche se era esperto, anche se sapeva che luglio è un mese pericoloso per sfidare la montagna. “Sto malissimo ma sono viva. Grazie di essermi vicini” ha scritto la donna, che ha dato l’addio a Tommaso con un post su Facebook e una foto che li ritrae insieme sull’amata montagna.

Quella di Alessandra e Tommaso è solo una delle tante storie che si intrecciano con la tragedia della Marmolada. Alcune sono a lieto fine, come quella di Giovanna e Mauro Carnielli, genitori di Davide, che per oltre quarantotto ore non hanno saputo nulla del loro ragazzo, ma poi, dopo aver visto una foto mostrata dal governatore del Veneto Luca Zaia, lo hanno ritrovato tra i feriti grazie a un piercing e al gruppo sanguigno. Ferito ma vivo. La scoperta che ha ridato loro la speranza è avvenuta quasi per caso: convinto che Davide fosse tra i dispersi, lunedì hanno ricevuto la visita del premier Draghi insieme alle altre famiglie degli escursionisti coinvolti. Sul finire dell’incontro, Zaia ha mostrato delle foto con particolari anatomici di un uomo, dal volto devastato, ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Treviso. “Guardate — ha detto il governatore del Veneto -, in ospedale c’è un ferito che nessuno riesce a identificare perché con sé non aveva documenti. Mi dicono che è straniero, non è che qualcuno di voi lo riconosce da questi particolari?”. Lì il cuore di Giovanna e Mauro ha ripreso a battere. “Una procedura certamente anomala — ammette Zaia —, ma non me ne importa, se poteva essere utile. A quel punto mi sono fatto mandare altre foto. E tra i tanti particolari abbiamo visto che in effetti il ferito aveva all’orecchio un foro da piercing”. Era il particolare richiesto dai genitori, che hanno avuto ulteriore conferma dal gruppo sanguigno. A quel punto è scattato il riconoscimento diretto in ospedale: Davide era ferito ma vivo! “So che è stata infranta ogni regola — commenta ancora Zaia—, ma mi sono detto: se io fossi un genitore e cerco un figlio e dall’altra parte c’è un ferito non identificato, perché non provarci? Perché non farglielo vedere? Se avessimo continuato con i protocolli non ne saremmo venuti fuori. Quando ho ingrandito la foto e ho visto il buco nell’orecchio mi sono venuti i brividi. La storia di questo ragazzo è uno squarcio di speranza in una vicenda dolorosissima. È ancora in prognosi riservata, ma è uno sportivo e ha una tempra fortissima. Ce la deve fare assolutamente, per la sua famiglia e per tutti noi”.

Per fortuna si è salvato anche Riccardo Franchin, 27 anni, ingegnere, che al momento della valanga non era in cordata con gli altri ed è riuscito a correre via. “Quando ho sentito il boato ho avuto il tempo di girare gli occhi e quella massa informe già ci veniva addosso – racconta -. Ho preso a correre, poi sono caduto e sono svenuto”. L’ingegnere, che si definisce “miracolato”, era con tre amici, due morti e uno disperso, di cui ora chiede di continuo in ospedale. “Pensa di essersi salvato perché in quel momento non era legato – racconta suo padre -. Si stavano preparando per salire, erano ancora ai piedi del ghiacciaio. È solo fortuna se quei blocchi di ghiaccio che hanno colpito in pieno i compagni lo abbiano solo sfiorato”.