La Corte Suprema Usa abolisce la sentenza pro aborto: “Non è nei diritti costituzionali”

Con due sentenze che faranno discutere, la Corte Suprema degli Stati Uniti getta il guanto di sfida. Una maggioranza granitica di 6 contro 3 giudici costituzionali ha inviato un messaggio molto chiaro alla politica: la Corte non guarda alla Costituzione come a un documento vivo, da adattare ai tempi, ma considera sua la missione di preservarlo nel pieno dell’intento del legislatore originario. E dunque, secondo Scotus, la lettera della Costituzione non ammette che gli Stati limitino il secondo emendamento richiedendo alle persone di giustificare la necessità del porto d’armi. Accesso e porto d’armi sono un diritto costituzionale, punto e basta. Pertanto, da oggi, gli Stati che usavano la propria discrezionalità per vietare de facto ai cittadini di armarsi non potranno più farlo. Almeno nei modi che hanno impiegato fino ad ora.

Allo stesso modo, la Corte ha stabilito oggi che la Costituzione non include l’aborto tra i diritti dei cittadini americani. Nessuna tutela federale! Ribaltando decenni di giurisprudenza in merito all’interruzione volontaria di gravidanza, il giudice Scotus ha rimandato la battaglia agli Stati, molti dei quali hanno già approvato da tempo provvedimenti legislativi cosiddetti kill switch e cioè norme disegnate per mettere automaticamente fuorilegge l’aborto in caso di una sentenza come quella appena pubblicata.

Ma all’atto pratico, cosa cambia? Molto e nulla. Molto, perchè i due pareri fanno sì che gli Stati debbano mettere mano alla propria legislazione all’interno di un quadro giuridico molto rigido. Nulla, perchè comunque gli Stati democratici continueranno come prima a tutelare l’aborto e legiferare per limitare la portata del secondo emendamento, mentre quelli repubblicani faranno l’esatto contrario. Quello che deve davvero preoccupare è invece l’incremento del conflitto sociale e della polarizzazione che porterà non solo a un ulteriore allontanamento delle posizioni politiche, con l’ovvia conseguenza di limitare le possibilità di accordi bipartisan, ma a una prevedibile stagione di proteste purtroppo potenzialmente violente. Mentre in America si apre dunque un nuova riot season, la palla passa ora al presidente Biden.

L’amministrazione democratica, che fino a oggi si è limitata a criticare la Corte, sa bene che i giudici costituzionali hanno il potere e l’intenzione di bloccare qualunque riforma anche minimamente deviante rispetto alla lettera della Carta scritta dai Padri Fondatori. Washington è di fronte a una scelta: accettare di limitare l’impatto del governo federale tornando all’America degli Stati o calcare la mano. Ma l’unica opzione in questo senso è forse peggio del male. Almeno fino a che i Democratici detengono la maggioranza al Senato, e cioè prevedibilmente fino a novembre, Biden ha il potere di espandere la Corte Suprema, aggiungendo un numero illimitato di giudici di orientamento democratico. L’opzione nucleare sarebbe però un precedente molto pesante e sancirebbe la fine della separazione dei poteri che Alexis de Tocqueville considerava il genio della democrazia americana.