Italia spaccata tra ceti produttivi “traditi” e rdc: un’analisi del voto tra nord e sud

A nord il partito del pil lascia la Lega – e il Carroccio ora mette sulla graticola il segretario Matteo Salvini – e a sud il partito del reddito di cittadinanza incorona il M5S. Ovviamente per spiegare la disfatta della Lega e il sorpasso di FDI tra le imprese di Lombardia e Veneto, e la rinascita pentastellata nel Meridione non bastano analisi semplicistiche. Ma un dato è certo: dove c’è un sistema produttivo rodato ma in sofferenza per la crisi, gli elettori hanno scelto a destra la forza che più ha dato rassicurazioni sul sostegno alle imprese; dove c’è un alto tasso di disoccupazione e una maggiore erogazione del reddito di cittadinanza, pilastro della poetica grillina, il maggiore consenso se lo sono accaparrato Conte e i suoi.

 

C’è chi lo chiama estremo assistenzialismo, chi addirittura “voto di scambio”. Ma le percentuali ottenute dal M5S tra nord e sud non possono essere un caso. Ed ed chiaro che l’avvocato del popolo ora tema una rivisitazione della misura da parte de futuro governo Meloni, al punto da affermare che “chi tocca il reddito di cittadinanza se la vedrà con noi”. Perché sa che senza la conferma del reddito il suo partito avrebbe molto meno seguito.

Alcuni dati sul voto drogato dal RDC al sud, partendo dalla Campania, regione dove il numero dei percettive del sussidio è il più alto d’Italia: nei collegi napoletani di Fuorigrotta, Giugliano, Torre del Greco e Acerra il Movimento ha preso quasi il 40% al Senato e oltre il 40% alla Camera. Tutti gli avversari dei 5 stelle nei collegi uninominali della Campania sono stati sbaragliati. A farne le spese soprattutto il PD, dopo che il governatore Vincenzo De Luca ha licenziato i navigator, che sono parte del complesso e infruttuoso meccanismo del reddito di cittadinanza. E anche se Giuseppe Conte non ama parlare del M5S come “Lega del sud”, è innegabile che la difesa del RDC sia considerata nel meridione d’Italia una battaglia sindacale per chi preferisce non lavorare e godere del sussidio di stato.

Da parte sua, il nord ha chiaramente mollato la  Lega. Che al sud invece è proprio scomparsa. In Veneto, soprattutto, ormai è Fratelli d’Italia ad aver fatto presa sui piccoli imprenditori, sui commercianti e sugli artigiani, storica vera base della Lega. Complice anche uno scarso impegno in chiave elettorale del governatore Luca Zaia, la Lega in Veneto è passata dal 17% del 2018 all’8% di questa tornata elettorale, dimezzando i voti. Sotto accusa la strategia salviniana: la resa dei conti nella Lega è vicina, ma nel frattempo il Carroccio si è perso il nord.