Il “pacifismo spirituale” di Salvini? Solo un altro tentativo di compiacere Putin

Matteo Salvini proprio non ce la fa. Non sa cosa è la coerenza, e se lo sa, se ne infischia senza pudore.  Se prima il “suo” papa era Joseph Ratzinger e dispensava perle di disprezzo per Bergoglio, adesso, con l’ennesimo voltafaccia, eleva quest’ultimo a proprio mentore spirituale, strumentalizzandone le posizioni sulla pace in Ucraina. Ma il pacifismo di Salvini, non satollo delle numerose figuracce che ha collezionato in questi mesi di guerra, è ben diverso da quanto invoca il Papa. Il finto pacifismo in salsa salviniana è sospetto, peloso e ipocrita, mascherando dietro la croce di legno che porta sempre al collo, tutta la sua contiguità con il potere russo del quale da anni ambisce a essere quinta colonna.

Giusto ieri, alla vigilia della partenza di Mario Draghi per gli Stati Uniti d’America dove il premier incontrerà il presidente Joe Biden, il leader della Lega non ha perso l’occasione per l’ennesima figuraccia. Da par suo si permette di consigliare a Draghi (lui che consiglia Mario Draghi! Vabbè’!) di sollecitare Biden affinché il presidente USA non parli più di guerra o di invio delle armi e – udite udite! – a moderare i toni.

Insomma, vien quasi da ridere a immaginare il colloquio fra i due, per come lo vorrebbe il pacifinto Salvini. Sembra l’inizio di una barzelletta. Ma la verità è che c’è poco da ridere. Addossare una seppur minima responsabilità dell’attuale situazione a Joe Biden e ai suoi toni, invitandolo ad abbassarli, non è solo ridicolo e completamente sganciato dalla realtà, ma avrebbe la pericolosissima conseguenza di spezzare idealmente il fronte occidentale  regalando un vantaggio politico e quindi militare al dittatore di Mosca che aveva quell’obiettivo sin dal 24 febbraio: e su quello contava per conquistare rapidamente Kiev. Al contrario, proprio l’unità della risposta politica di Europa e Usa a fianco dell’Ucrina, oltre al coraggio della resistenza locale, hanno mandato in fumo i sogni di Putin e lo hanno costretto a una guerra lunga per la quale evidentemente non è preparato.

Se ciò è vero, la domanda sorge spontanea: “ma Salvini, c’è o ci fa?”. Perché pensare di fare regali così importanti al nemico è quantomeno tafazziano, a meno che per qualcuno (leggasi Salvini) il nemico non sia proprio un nemico. E allora la cosa non è solo comica. E’ assai grave. Il problema vero è che  in un paese normale una posizione del genere sarebbe considerata da TSO politico, da camicia di forza democratica; e invece, purtroppo, trova sponda assai più ampia di quanto sia lecito sospettare. Non solo nei soliti immancabili Cinque Stelle del solito immancabile Giuseppe Conte, i quali delirano sull’escalation militare e, tanto per cambiare, minacciano la crisi di governo un giorno sì e l’altro pure. Il vero dramma, che ben ci fa capire che non siamo un paese normale con una politica normale, è che la posizione di “San Matteo da Mosca” trova una bizzarra e pericolosa triangolazione pure nel PD, che regala alla causa finto-pacifista un’altra ex testa pensante, Graziano Del Rio. Anche per lui, infatti, Draghi dovrebbe ammonire Biden ad abbassare i toni e far presente al presidente USA che l’Europa deve farsi protagonista di una mediazione importante che non parli solo di guerra e di armi.

Insomma, l’asse Salvini-Conte-Del Rio spinge verso una ricostruzione del tutto fuori luogo degli attuali scenari mondiali e e si batte per una pace che equivale alla resa dell’Ucraina, che senza l’invio di armi resisterebbe forse 48 ore. Possibile che lorsignori dimentichino così rapidamente i fatti? E allora, ripetiamoli per l’ennesima volta, come si fa con quelli un po’ tonti che non capiscono alla prima e nemmeno alla seconda: la guerra è stata scatenata dalla Russia che ha invaso l’Ucraina. La pace la si raggiunge soltanto se la Russia si ferma. Ci sono due modi attraverso cui ciò potrebbe avvenire: una vittoria sul campo della Russia (e allora, finito con l’Ucraina, Putin passerebbe alla Moldavia, alla Georgia, al Kazakistan, forse alla Finlandia… fino ad arrivare a Lisbona per debellare pure gli inesistenti nazisti portoghesi); oppure, seconda e auspicabile opzione, che il tiranno moscovita questa la guerra la perda e che capisca, anche obtorto collo, che i paesi normali funzionano con la forza del diritto e non con il diritto del più forte.  Si chiama deterrenza, ma il “trio maraviglia” pare averlo dimenticato.

Ebbene, visto che – si spera – nessuno vuole i sedicenti denazificatori alle porte di casa, evidente è che non esiste altra scelta se non la seconda opzione e che quindi, l’invio delle armi è dolorosamente necessario. La guerra si combatte con quelle, con buona pace di Salvini. Ah già, ma per lui le armi servono solo a sparare sui barconi dei migranti nel Mar Mediterraneo, per lui solo quella è la guerra che val la pena di combattere, rigorosamente con la croce di legno al collo. Misericordia verso i poveri a suon di colpi di cannone! Ecco il grande bluff Matteo Salvini, forte e arrogante con i deboli, e debole coi forti, agli interessi dei quali pacificamente si fa prono.