Il liberalismo sta perdendo, in Italia e nello scontro tra civiltà

Mettiamo a confronto due vicende. La prima è che attraverso Hamas, il tridente composto da Russia di Putin, Cina e Iran, ha sferrato un altro attacco al mondo libero occidentale colpendo il nostro avamposto in Medio Oriente: Israele.

Sul fronte orientale, la resistenza ucraina, insieme all’Europa e all’Occidente, mantiene ancora Taiwan al sicuro. Ho sempre considerato questo uno scontro di civiltà. Da un lato c’è il liberalismo, dall’altro tutto ciò che non lo è, in primo luogo il populismo sovranista, comunque si manifesti.

La seconda vicenda riguarda Azione e Italia Viva, che dovrebbero essere espressione della cultura liberal-democratica. Tuttavia, non solo falliscono miseramente nel tentativo di costruire un partito unico (che non voleva dire nuovo), ma anche la lista unica alle Europee è in alto mare, tanto per usare un eufemismo. Ora hanno deciso di spezzare quel piccolo lembo di unitarietà rappresentato dai gruppi parlamentari. Il semplice dichiararlo e continuare a non farlo è ancora più devastante, poiché non si capisce cosa sia vero e cosa sia falso, dove inizia l’uno e finisce l’altro. Per chiarezza, essendo Azione e Italia Viva due partiti personali, la responsabilità è tutta di Renzi e Calenda.

Nessuno bari al gioco. Quello che Italia Viva chiama congresso è stato un gioco delle parti per evitare che nulla cambi. Quello che Azione si presta a fare, limitando i congressi ai livelli territoriali ed escludendo il livello nazionale, è come cercare di andare in bicicletta senza pedali. Sinceramente, questa litania inconcludente è avvilente e offensiva verso il cittadino in generale.

Il grande assente in Italia continua ad essere quel progetto politico liberale in grado di parlare trasversalmente a tutti gli elettori. Questo progetto non è il “centro” di Renzi né il riciclo del PD veltroniano cambiato di nome, ovvero il Partito della Repubblica di Calenda. Se non si comprende che la costruzione del futuro soggetto politico liberale deve avvenire con il senso del nuovo e, perché no, della felicità di costruire qualcosa di diverso dal solito, tutto sarà inutile. Sarà la “solita minestra” riscaldata, e i sondaggi impietosi sono lì a certificare questa estenuante agonia.

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Le prossime elezioni amministrative vedranno da una parte Italia Viva che farà fuoco e fiamme per allearsi con il PD all’interno di coalizioni di centro sinistra, dove regnerà indisturbato il populismo sovranista, anche se ci sarà un’esclusione fasulla del M5S, che nella realtà dei fatti rimane un alleato per evitare che vincano i “fascisti”.

Contestualmente, Azione correrà da sola, ma anch’essa sarà una forza di centro sinistra, poiché il Partito della Repubblica non è nient’altro che questo. Tuttavia, Azione va da sola in nome di un ostracismo nei confronti di Renzi, anche se quotidianamente si propugna l’unità di intenti delle opposizioni in nome del pragmatismo e della competenza. Poi si vuole che gli elettori votino questi due esemplari di coerenza. Ma via!

Inoltre, +Europa è una semplice comparsa, presa dal mercato, come in quei film in cui ci sono scene con centinaia di persone. Avvilente!

Renzi, Calenda, Magi, Bonino, tanto per fare qualche nome, ma l’elenco sarebbe ben più lungo, devono ringraziare la minoranza degli elettori che (ancora) va a votare e che ha permesso a questa maggioranza di incapaci di andare al governo e che consente loro di parlare sui social e negli inutili programmi televisivi faziosi, dove non vi è traccia di cultura liberale, anche se il liberalismo è solo un pretesto, ed è questo il filo che unisce tutto questo ingarbugliato puzzle.

Il messaggio che viene spacciato, su cui i nostri protagonisti “progressisti” sono inverosimilmente uniti, è che una costituzione “più bella del mondo” e quindi immodificabile, anche se arcaica, sia sufficiente a garantire pace, benessere, progresso e aria condizionata. Ma non è così. Ci sono due cardini del pensiero liberale su cui bisognerebbe esprimere coerenza, ma che vengono sistematicamente eclissati.

Il primo è riconoscere senza ambiguità che l’assistenzialismo produce una classe sociale che vive di spesa pubblica e fa di tutto per mantenere questa condizione. Ma poiché questa classe è quella che va a votare, si cerca in ogni modo di salvaguardarla, andando ben oltre il reddito di cittadinanza o le quote pensionistiche. Non è accettabile un assistenzialismo che premia la pigrizia e uccide ogni volontà di mettersi in gioco. Non si cresce con l’assistenzialismo; si cresce con il rischio, gli investimenti, la voglia di fare e lo spirito d’iniziativa. Questo a parole tutti lo capiscono, ma metterlo in pratica significa sporcare le mani, fare battaglia politica e scontrarsi per primi con i sindacati che su questo difendono la loro esistenza.

Il secondo cardine è rappresentato dal profitto. Parola orribile, impronunciabile per la sinistra, comunque si aggettivi. Tuttavia, l’eliminazione del profitto significherebbe la fine della civiltà stessa ed è il fondamento di tutto ciò che di buono ci circonda. Eliminare il profitto significa annullare il sistema economico che ha permesso lo sviluppo della civiltà occidentale e il suo legame inscindibile con la democrazia e la libertà. È questo che il fondamentalismo illiberale, di cui l’assistenzialismo è ampiamente parte, vuole distruggere.

Dietro l’aggressione all’Ucraina e l’attacco terroristico contro Israele, c’è questo scontro di civiltà. È per questo che avvilisce il fatto che in Italia non si riesca a costruire una forza politica liberale che, in ultima analisi, sarebbe considerata di destra, poiché quest’ultima o è liberale o non è. Niente, siamo fermi a questo puzzle impazzito. Aspettiamo Godot, ma si sa che arriva sempre domani.