Domenica scorsa, la quindicesima sezione del tribunale rivoluzionario di Teheran ha inflitto due condanne a testa a due giornaliste, Niloufar Hamedi ed Elaha Mohammadi, in relazione al loro coinvolgimento nella copertura del caso di Mahsa Amini, la giovane iraniana la cui morte aveva scosso il Paese e attirato l’attenzione internazionale.
Hamedi e Mohammadi, rispettivamente responsabili della scoperta della notizia e di aver seguito mediaticamente i funerali di Mahsa Amini, sono state condannate a sette e sei anni di reclusione per “collaborazionismo con gli Stati Uniti d’America”. Inoltre, sono state condannate a cinque anni ciascuna per aver “danneggiato l’immagine della Repubblica Islamica”. In totale, le due giornaliste dovranno scontare tredici e dodici anni di prigione.
La vicenda di Mahsa Amini, una giovane donna che è finita in coma e poi è deceduta a seguito di “un’interazione” con la polizia religiosa iraniana, ha scosso la coscienza pubblica nel Paese scatenando così le proteste più forti da quelle che fecero la monarchia nel 1979. Hamedi si era infiltrata nell’ospedale di Teheran dove Mahsa Amini era ricoverata, in coma, bendata e livida. Mentendo è riuscita a trovare la stanza dove tenevano la giovane raga. Entrata ha scattato delle foto, ed è riuscita a convincere i genitori a dirla la verità su quello che era successo, mettendo così in discussione la versione delle autorità iraniane. “Non ci hanno permesso di conoscere i risultati dell’autopsia, ci hanno ordinato di non parlare con nessun giornalista, ci hanno chiesto di seppellire Mahsa in segreto, hanno provato a convincerci che nostra figlia avesse una malattia cardiaca incurabile e pregressa: non è vero”. Hamedi è stata arrestata il 22 settembre 2022 e ha passato il suo tempo in carcere da allora.
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Il quotidiano riformista Shargh, di cui Hamedi faceva parte, noto per il suo coraggio e la sua professionalità nel fornire notizie accurate ed equilibrate, si è schierato accanto alla sua giornalista. “Ho il cuore rotto”, sussurra una di loro, “è dura perdere dopo aver combattuto così bene”. Il caso di Hamedi non è l’unico avvenuto. Il giornale è stato oggetto di attacchi da parte delle autorità iraniane, con diversi membri del suo staff che sono stati arrestati, tra cui Maryam Vahidian, rapita da uomini dell’intelligence e detenuta senza accuse o processo.
Un’altra giornalista di Shargh, Maryam Lotfi, è stata arrestata mentre cercava di indagare sul caso di Armita Grawand, una sedicenne in coma dopo uno scontro con la polizia religiosa. Lotfi è stata successivamente rilasciata. Tuttavia, domenica, proprio mentre venivano annunciate le condanne di Hamedi e Mohammadi, Armita Grawand è stata dichiarata cerebralmente morta.
Mentre il mondo assiste a queste drammatiche vicende, la comunità internazionale continua a esercitare pressioni sul governo iraniano per il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali con ben pochi risultati. Ma giornaliste coraggiose come Niloufar Hamedi ed Elaha Mohammadi, grazie alle loro qualità investigative, riescono a mettere in crisi il governo, facendo sentire un più debole la Repubblica islamica.