C’è una vulgata che ha preso piede tra i liberal americani e soprattutto europei secondo la quale, ora che in Ucraina è stato evitato il peggio, la presa di Kiev e la distruzione di uno stato sovrano, bisogna negoziare con Putin per concedergli qualcosa. Magari il Donbas dove si combatte da anni, in cambio di un tavolo per la pace. Questa visione circola abbondantemente nelle cancellerie e sui media europei ma è presente anche negli alti ranghi della amministrazione Usa, tra i consiglieri di Biden che per ‘proteggere’ il presidente Usa dalle polemiche ne attutiscono le dichiarazioni. La portata dirompente di alcune affermazioni dell’inquilino della Casa Bianca, dal regime change a Mosca, alla definizione di Putin quale criminale di guerra, alla denuncia del ‘genocidio’ in Ucraina.
Il problema è che al Cremlino c’è un gruppo di potere che ha subordinato la politica alla guerra come affermazione imperialistica della propria volontà di potenza e che con ogni probabilità non si fermerà qui, sfruttando qualsiasi apertura negoziale o timidezza occidentale per espandere la sfera di influenza russa non solo alla Ucraina ma in tutta la Europa orientale. Fino ad ora è grazie alla resistenza ucraina sul terreno, e alle armi inviate a Zelensky, che si è riusciti a bloccare l’avventurismo di Putin ma il rischio, assecondando un approccio troppo orientato a una soluzione negoziale, è che il conflitto in Ucraina si incancrenisca trasformandosi in una lunga guerra con costi umani tragici e ricadute economiche enormi per l’Europa e l’Occidente.
Putin va fermato subito, inviando jet e materiale bellico affinché gli ucraini possano continuare a infliggere perdite consistenti ai russi nell’Est e a Mariupol (sul terreno e sul mare, vedi la nave russa colpita ieri), rafforzando le sanzioni e bloccando le esportazioni di gas in Europa. Con Putin non vale più il clintoniano “it’s economy, stupid”, non si può più immaginare di tornare a fare business con un regime sanguinario e questo Biden sembra averlo compreso. Più dei suoi consiglieri. Più degli europei. Putin va fermato nel giro di qualche settimana, perché solo così, da una posizione di forza, lo si potrà costringere a negoziare. L’alternativa è il genocidio culturale del popolo ucraino, come lo ha definito il filosofo americano Michael Walzer. La “deucrainizzazione”, più che la “denazificazione” millantata da Mosca. Putin non ha mai preso sul serio i negoziati. Dobbiamo evitare il genocidio culturale del popolo ucraino e chiudere il prima possibile questa guerra, o il rischio sarà quello di farsi trascinare come Occidente dal regime russo in un conflitto destinato a durare anni.