Dopo la pandemia il mondo non sarà più lo stesso

di Francesco Rubera

Secondo una indagine statistica la pandemia andra’ ad abbattersi sul tenore di vita di circa 7,6 milioni di persone, con tutte le conseguenze in termini di contrazione dei consumi. 4,5 milioni di italiani hanno difficolta’ a fare la spesa e aumentano i banchi alimentari nelle città.

Si tratta di dati che emergono da analisi del Censis, sulla sostenibilita’ della spesa al tempo del primato della salute, presentato al Senato. Quei 7,6 milioni hanno visto i loro redditi decurtati, o per la chiusura imposta delle attività, con spese fisse da affrontare quotidianamente, o perché hanno perso il lavoro. 23,2 milioni hanno dovuto fronteggiare la crisi intaccando i risparmi accumulati; 9 milioni hanno integrato i redditi attraverso l’aiuto di altri familiari o ricorrendo ai “risparmi dei nonni” o chiedendo aiuto alle banche. È esploso l’uso delle carte di debito con tassi elevati. Il 42% degli italiani e’ ad alto rischio di licenziamento a causa delle crisi aziendali.

Sul fronte del lavoro il 34,8% delle donne lamenta un peggioramento del proprio impiego, mentre per gli uomini si tratta del 23,9%. Le donne sono fortemente penalizzate nel mercato del lavoro. È questo lo spaccato di una società che la dice lunga sulle pari opportunità. Nel secondo trimestre 2020, il tasso di flessione per le donne è stato del -2,2% rispetto al 2019, l’ occupazione femminile e’ pari al 48,4%, mentre per gli uomini arriva al 66,6% con una flessione del – 1,3%. Non sono numeri da poco conto, si tratta di centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno a causa della pandemia.

Per il presidente del Censis, occorre più coesione sociale e un buon welfare, all’insegna della solidarietà vera. Essa rappresenta il presupposto della rinascita dopo la pandemia. Far sentire protezione per la salute e per il futuro dei giovani e’ il modo migliore per rassicurare gli italiani, facendo loro ritrovare quella dose di ottimismo negato dalla crisi mondiale, dai 50.000 morti di coronavirus, un grattacielo di certezze crollato in poco tempo, come le due torri gemelle. La pandemia ha creato una societa’ impaurita, piena di diseguaglianze. Ma è proprio di questi giorni la notizia che scatta il limite di indebitamento per far scattare il default. Dal 1 gennaio entrerà in vigore il regolamento n.171 del 19/10/2017 che abbassa al 1% del debito, la soglia di inadempienza per far scattare l’iscrizione nel libro nero della centrale rischi degli istituti di credito i cattivi pagatori. Quindi un debitore che su un piccolo prestito di 5.000 euro pagherà in ritardo di 90 giorni una rata di 50 euro verrà segnalato alla centrale rischi. Una vera esagerazione di questi tempi che potrebbe portare alla chiusura di oltre 42.000 piccole imprese secondo un allarme lanciato dall’Associazione Bancari Italiani su denuncia della Confesercenti. È evidente che quel regolamento U.E. risale al 2017, tempi in cui non esisteva il coronavirus. Ed è anche corretto che ognuno paghi i propri debiti contratti.

Le sofferenze del sistema bancario sono un costo che grava sulla collettività in seguito alle contrazioni del mercato creditizio, sino al danno per l’intero sistema e, qualche volta al default di grossi istituti bancari che hanno distrutto i risparmi di generazioni di risparmiatori. Ma non v’è alcun dubbio che in tempi di crisi economica e di liquidità l’applicazione del regolamento U.E. n. 171/2017 a partire dal 1 gennaio, rappresenta una contraddizione con la politica Europea sui Recovey Fund, una scelta suicida per l’economia stessa dell’U.E. E purtroppo, se pensiamo a questa Europa monetaria come una sorta di condominio, in cui scelte come il Recovey Fund necessitano dell’unanimità dei consensi dell’assemblea, che vengono osteggiate dal proprietario del garage sotto casa per la quota di un decimillesimo del condominio, viene in mente quanto sta accadendo oggi con l’Ungheria di Orban. Uno stato che versa 4 miliardi l’anno all’Unione e ne riceve 6 in cambio, diventa un rischio per la solidarietà e per la stessa sopravvivenza dell’unione.

Si può pensare, con questa Europa, ad una deroga del regolamento U.E.n.171/2017 per evitare questo disastro economico denunciato dall’ABI tra pochi mesi? È certo che se fosse esistita l’Europa politica, lo stato federale con la propria costituzione Europea, oggi potremmo essere più ottimisti su una proroga di ingresso di questo strumento di controllo del credito bancario, oggi più devastante che mai per le famiglie e le imprese che hanno fatto ricorso al mercato creditizio per sorreggersi in questi tempi di emergenza.

L’Europa Federale resta il tema vero della democrazia basata sulla solidarietà popolare, in cui un Orban di turno non ha alcun potere di condizionare alcuna scelta. È questo uno dei temi centrali che la buona politica della Buona Destra ha sponsorizzato, contrariamente al sovranismo populista di stampo trumpusta degli Orban, Le pen e che Salvini/Meloni hanno tanto cavalcato sino a poco tempo fa.