Dopo anni di governi tecnici, semitecnici, del Presidente della Repubblica, gentili o Gentiloni con la UE, oggi abbiamo un governo politico, netto, di parte e non concertato sindacalmente, con parti sociali o poteri forti. E questo sconcerta, non tanto i politici di professione, ma le corporazioni, i media, gli addetti ai lavori, perfino gli influencer. Per cui tutti si sorprendono dal mantra della conferenza stampa della Premier. Il Gomblotto.
A tanti sfugge la vera notizia. La sua ormai certa candidatura alle Europee. Punta a fare bottino pieno in Europa, anche a danno dei suoi alleati, che per altro gli portano solo problemi. Anche mettendo a rischio, vedi frattura, finta o vera, sulle regionali, il dogma della incrocrollabilità del centrodestra.
La Meloni in parte prende i suoi rischi buttandola in politica, con toni sovranisti che in questi mesi aveva abbandonato per un abito più istituzionale. Ma è costretta da due dati. Sfruttare al massimo l’unico patrimonio politico che ha, vista la debolezza del suo gruppo, la sua popolarità. Il secondo motivo è che la politica, internazionale o provinciale, è l’unico tema distraente dal vero problema che si presenterà a giugno. La dura legge dei numeri del PIL. La manovra si è fondata su una previsione di crescita assolutamente fuori misura.
E a Giugno Giorgetti ed il prossimo Commissario europeo tireranno le somme, ed il brutto conto arriverà sul tavolo del governo. E qui ci sono due scenari, tirare a campare, tradendo il suo spirito guerresco, con una manovra da pianto greco, o tirare dritto allo scontro con il colpo in canna delle elezioni anticipate, che sono il vero deterrente, più nei confronti di alleati che oppositori. I quali, in caso di voto anticipato sono senza coalizione, senza programma e senza leader.
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Ovviamente non si farà nessuna riforma, né Premierato, né Autonomia differenziata o Giustizia, ma il bottino della Meloni sarà ampio, più della volta precedente. E le nuove caselle parlamentari potrebbero essere riempite con gente più attrezzata, magari strappata ad altri partiti o aree.
Oggi questa strategia ha un solo avversario, mentre Lei si appresta a presiedere il G7. Quando successe nel 1994 a Berlusconi fu Bossi a fare saltare il tavolo, prima che Berlusconi dilagasse. Salvini è in grado di farlo? O teme la sindrome delle scorse europee? E soprattutto sarà questo scenario favorito da qualche avviso di garanzia, come paventato da Crosetto, persona informata sui fatti, nervoso da tempo oltre misura? Come ci insegna Vico la Storia in Italia è sempre circolare, come una O di Giotto. Tutto, spesso o quasi sempre, si ripete.