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Diplomazia e deterrenza: il destino dell’Occidente si combatte a Kiev

Serve un bagno di realismo: le guerre non si vincono solo con la resistenza. Nonostante i proclami degli analisti militari da tastiera, da sola Kiev non può vincere e lo scenario più favorevole è quello di una lunga guerra asimmetrica. Un conflitto che è destinato a protrarsi per decenni, logorando lentamente Mosca e isolandola ancora di più dalla comunità internazionale, ma anche facendo piombare l’Ucraina all’età della pietra, come è già accaduto all’Afghanistan, e devastando l’economia del continente Europeo. Ma quali sono le alternative?

Secondo la rivista Economist, l’alternativa è una sola: far vincere l’Ucraina. Tuttavia, una vittoria contro la Russia potrebbe avvenire unicamente se l’Occidente accettasse di implementare sanzioni più severe per l’economia russa e trovasse il coraggio per fornire a Kiev il supporto militare necessario a respingere l’invasione. La tesi promossa dall’Economist, che è in realtà molto banalmente la posizione politica dell’anglosfera di cui la rivista è poco più di un megafono, è che solo la vittoria ucraina potrebbe portare alla pace, dando il colpo di grazia all’espansionismo russo entrato nella sua fase attiva con l’invasione della Crimea nel 2014.

Si tratta di una scommessa che potrebbe anche pagare, ma il vero problema è capire quanto l’Europa sia disposta a seguire Stati Uniti e Regno Unito in quest’avventura. Da un lato esiste l’incognita della reazione di Putin, che stretto alle corde potrebbe ampliare il conflitto trascinando la NATO in una guerra globale, su cui si staglia lo spettro della guerra termonucleare. È un’ipotesi remota, in quanto esistono opzioni militari che allontanerebbero questo rischio, ma esiste comunque un rischio che è difficile far accettare all’opinione pubblica.

Dall’altro la manifestata compattezza degli alleati appare sempre di più un gigante dai piedi d’argilla. Gli spettri della recessione, della carestia, della scarsità energetica spaventano i molti che preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia e sperare che Putin sia, dopotutto, un dittatore benevolo. Serve il coraggio di ammettere che ci siamo fatti trascinare dalle nostre stesse illusioni e siamo caduti nel tranello russo-cinese. È dunque il momento di togliere il cerotto, costi quello che costi. Abbiamo bisogno di un dannunziano moto di coraggio per riequilibrare le sorti, non solo in Ucraina ma nel quadro complessivo delle relazioni internazionali e poter costringere oggi la Russia e domani la Cina a negoziare invece di prendere ciò che vogliono quando lo vogliono.

Negoziati e diplomazia sono la strada maestra per risolvere ogni conflitto in modo ottimale, ma possono avvenire solo da una posizione di forza e deterrenza che sia in grado di rischiare. Per ora solo Macron sembra averlo capito. L’Europa, ma anche gli Stati Uniti, hanno da tempo rinunciato alla deterrenza e hanno mostrato il fianco cullando improbabili sogni di fratellanza globale illimitata. Non è troppo tardi per cambiare rotta, ma il tempo per tentennare è scaduto. Che piaccia o meno, il destino dell’Occidente si combatte a Kiev.