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Il coraggio di padre Oshaanskyi, il primo a dire addio alla grande Chiesa di Mosca

«Non è stata una decisione facile. Ho vissuto sotto il patriarcato di Mosca per tanti anni. Ma è dal primo giorno che ci penso, dal 24 febbraio. Non posso più stare con una chiesa che benedice la guerra». Sono queste le parole che Padre Giobbe Oshaanskyi, abate del monastero della Santa Resurrezione di Leopoli, ha pronunciato ai suoi fedeli. Ed è il suo il primo passo di uno scisma nella chiesa ortodossa, che Vladimir Putin non può ignorare. La guerra in Ucraina, con tutte le drammatiche conseguenze che sta avendo sul piano umanitario, rischia seriamente di avvelenare i rapporti nel mondo ortodosso e di scatenare uno scontro interno senza precedenti.

Padre Giobbe Oshaanskyi, che, dopo gli studi a Roma, è andato a farsi monaco sul Monte Athos, ha raccontato all’inviato de «La Stampa» Niccolò Zancan di non aver mai pensato ad uno scisma nella Chiesa Ortodossa finora: «Per me non esisteva il problema della divisione fra russi e ucraini. I miei parrocchiani non hanno mai sentito la propaganda russa. Io parlavo della vita spirituale e basta, parlavo del Cristo. Perché la gente veniva qui per sentire la parola di dio, non la politica. Ma la guerra è una situazione straordinaria che obbliga tutti a reagire. In guerra non è possibile non prendere parte. E visto che il patriarcato di Mosca non reagisce come dire, obiettivamente, io non posso più stare in silenzio. Non vedevo più il senso di stare con questa chiesa. Punto e basta».

Padre Giobbe Oshaanskyi è stato il primo a dire addio alla grande Chiesa di Mosca. Ha cercato riparo sotto la chiesa autocefala ucraina riconosciuta solo nel 2018. Altri monaci l’hanno seguito, tutti accomunati dall’impossibilità di accettare che la guerra mossa contro Kiev sia stata benedetta dalla più alta carica ecclesiastica russa. Sono 12 mila le chiese ortodosse in Ucraina che rispondono ancora direttamente al patriarcato di Mosca. Dodicimila meno quattro, per ora. Una è appunto la chiesa di padre Giobbe Oshaanskyi a Leopoli: «La mia decisione ha suscitato molte reazioni. Positive e negative. Mi hanno detto che sono un sacerdote coraggioso, uno dei pochi del patriarcato che ha avuto il coraggio di dire la verità e non tenere una doppia morale. E cioè, dire: sì, è stata benedetta la guerra, però la guerra non c’entra niente con la fede. Non è vero. C’entra eccome! La chiesa che benedice la guerra è sotto eresia, e questa eresia si chiama mondo russo, e io non voglio avere niente in comune». 

Padre Oshaanskyi non è preoccupato della sua scelta, ha fatto ciò che la coscienza gli ha suggerito di fare. «Anche la mia famiglia è dovuta sfollare da Kiev. Quello che sta succedendo in Ucraina è sotto gli occhi di tutti. Non giudico l’Europa, ma sono convinto che l’Europa debba pensare al suo futuro. Perché se l’Ucraina perde, la Russia andrà a denazificare la Polonia e poi Berlino. Questa è una guerra della Russia contro l’occidente», ha concluso.