L’arcivescovo di Kiev: «I feriti pregano per tornare a combattere per la patria»

«La città di Mariupol è tappezzata di corpi esanimi di centinaia, migliaia di persone e non c’è più nessuno che li potesse seppellire. Perciò oggi voglio alzare la voce in nome di questa città eroica e morente: «Salviamola. Proteggiamo la vita. Oggi questa città ha bisogno di confini umanitari». È questo l’appello dell’arcivescovo di Kiev, Sviatoslav Shevchuck a quasi trenta giorni di guerra in Ucraina.

«Ancora la scorsa settimana – racconta- queste persone riuscivano a sopravvivere grazie alla neve che facevano sciogliere per disporre di acqua potabile. Oggi a Mariupol la neve non c’è più. Salviamo la città di Maria! Facciamo il possibile per salvare questa città, che oggi è diventata il luogo di scontro tra il bene e il male, luogo dove si decide il destino dell’Ucraina, dell’Europa e del mondo».

In questi giorni, l’arcivescovo di Kiev ha fatto visita «ai feriti, ai nostri difensori, per parlare con loro… Quando li salutavo, quando stringevo tra le mani la loro mano coraggiosa, mentre il resto del loro corpo era ferito, quel soldato, quella persona, quella donna, sorridendo, mi parlavano della vittoria, della vittoria dell’Ucraina. E tutti chiedevano una preghiera per poter tornare al più presto nell’esercito, e di nuovo, fianco a fianco con le loro compagne e compagni d’armi, difendere la nostra patria».