«L’Italia, insieme con Grecia, Francia e Spagna e le altre 19 nazioni che condividono l’ecosistema marino del Mediterraneo, sono i più colpiti nel mondo dall’attuale ondata di calore». Con questa poco confortante notizia comincia l’intervista che Jeremy Rifkin, guru degli attivisti ambientali, classe 1945, autore di 23 libri sul cambiamento climatico tradotti in tutte le lingue, ha concesso a «Repubblica». Rifkin ha lanciato un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella perché l’Italia si faccia promotrice di un’iniziativa capace di arginare i danni del cambiamento climatico.
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«Il Mediterraneo si sta surriscaldando a una velocità superiore per il 20% a quella del resto del mondo. L’ecosistema della regione avrà entro il 2050 il 40% in meno di precipitazioni nella stagione piovosa invernale e il 20% in meno di pioggia fra aprile a settembre. Le condizioni oggettive di siccità dureranno sei mesi l’anno. I bacini idrici avranno un decremento del 25%», ha spiegato Rifkin.
Anche dall’altra parte del mondo, in Cina, si sono raggiunti i 41 gradi. Cosa fare per invertire la rotta? «È urgente che gli italiani prendano piena consapevolezza che senza un’iniziativa rapida e decisa per risolvere il cambiamento climatico il Paese rischia una catastrofica distruzione degli ecosistemi, la perdita di vite umane, migrazioni di massa nel corso dei prossimi quattro decenni. Perciò vorrei fare un appello al vostro presidente Sergio Mattarella», ha spiegato l’esperto.
La speranza di Rifkin è che Mattarella usi questo momento come un’opportunità «per dare il via ad un dialogo che prepari l’Italia alle trasformazioni necessarie a dotarsi di un’infrastruttura resiliente, che io chiamo ‘da terza rivoluzione industriale’, in grado di creare nuove opportunità commerciali e occupazionali nei prossimi decenni, permettendo al tempo stesso all’Italia di adattarsi a un ambiente che risente del riscaldamento climatico». In altre parole «dobbiamo capire che non c’è più tempo, e tutti gli schieramenti politici italiani, le regioni, la comunità degli affari, le università e la società civile hanno bisogno di ritrovarsi insieme e sviluppare una “roadmap” comune per il futuro».
«Sarebbe importante discutere l’opportunità che l’Italia, insieme a Francia, Spagna e gli altri Paesi che condividono l’ecosistema del Mediterraneo lancino il processo per una governance bioregionale comune. L’Unione europea e l’Unione per il Mediterraneo (fondata nel 2008 in un vertice a Parigi, ndr) avevano già avviato il lavoro preparatorio verso una forma di governo bioregionale condiviso. È il momento di formalizzare i piani per sviluppare in tutto il Mediterraneo un’infrastruttura resiliente: se vogliamo davvero salvare l’Italia e tutti i Paesi della regione serve una transizione dalla geopolitica tradizionale alle nuove politiche della biosfera emergenti», ha detto Rifkin.
Ed è un concetto quello di governance bioregionale che sta cominciando ad emergere. Gli Stati Uniti sono in tal senso dei precursori. Sarà possibile nel Mediterraneo qualcosa del genere? «Non sarebbe una minaccia alla sovranità nazionale. Si tratta solo di dare il giusto spazio alle questioni ambientali e alle relative opportunità economiche che vengono generate. L’Unione europea sta impegnando fondi importanti nelle trasformazioni infrastrutturali relative al green deal: spero che l’Italia possa essere d’aiuto e prenda in mano la leadership di quest’iniziativa».