Sbarchi record a Lampedusa: un conto è governare, un altro far propaganda

Lo stop agli sbarchi incontrollati dei migranti sulle nostre coste era il fiore all’occhiello della campagna elettorale del centrodestra. “Era”, sì, l’imperfetto è d’obbligo. Perché un conto è far propaganda, un altro è governare. Del resto, non occorre essere economisti: la matematica non è un’opinione. Di fronti ai dati di queste ultime ore i reclami di Matteo Salvini non hanno chance.

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«In Italia, la porta principale del Mediterraneo non si entrerà più come fosse la cosa più facile del mondo», aveva detto il leader della Lega. I numeri però dicono altro: nelle acque a sud di Lampedusa, nella sola giornata di ieri (il pomeriggio di una domenica qualunque nell’azzurro mare di luglio, che sembra il titolo di un film di Lina Wertmuller), la Guardia costiera ha coordinato da Roma una ventina di operazioni di soccorso, salvando in tutto circa 1.400 persone con navi e motovedette. Decisivo si è rivelato per il recupero di queste persone – che lo ricordiamo non sono turisti, ma persone che spesso sfuggono da guerre e da condizioni disperate che non permettono di scegliere se e quando partire – lo schieramento di una piccola flotta di supporto, costituita dai mezzi della Guardia di finanza, da quelli dell’agenzia europea Frontex e da tre unità delle Ong. E quando i gruppi di naufraghi, che provengono da Camerun, Costa d’Avorio, Guinea, Tunisia, Sudan, Somalia, Sierra Leone, Mali, sono giunti a Lampedusa, hanno raccontato di essere tutti salpati da Sfax, ormai tristemente noto come il «porto dei disperati».

Cifre impressionanti: dal primo gennaio al 15 luglio, secondo il Viminale, sono già sbarcati in Italia 75.821 migranti; l’anno scorso, nello stesso periodo, si erano registrati 32.185 arrivi; nel 2021, il 14 luglio, erano 24.624. Anzi, addirittura, due anni fa, i migranti sbarcati risultarono a fine anno 67.477. Il paragone con il predecessore di Meloni, il professor Mario Draghi, non è nemmeno concepibile. Se al 15 luglio di un anno fa, dalla Tunisia sono sbarcati in Italia 7.477 persone, quest’anno al 15 luglio ne sono giunte da noi ben 43.484. Sei volte di più. L’hotspot di Lampedusa ha registrato ieri oltre 2 mila presenze in contrada Imbriacola, a fronte dei 400 posti a disposizione. La struttura, capite bene, è al collasso.

E cresce la preoccupazione delle Regioni, perché non è un problema che interessa solo il Sud: «In merito alla collocazione dei migranti nei territori bisogna evitare decisioni calate dall’alto. C’è bisogno di una collaborazione che porti a scelte prese di comune accordo, tra governo e Regioni». Da qui la decisione (era ora, verrebbe da dire) del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di incontrare presto i governatori per discutere di accoglienza. I presidenti delle Regioni, in realtà, sarebbero divisi: quelli del centrosinistra, di fronte alla crescita esponenziale degli sbarchi, vorrebbero gestire autonomamente le collocazioni. Quelli di centrodestra invece continuano a lamentare il malfunzionamento del sistema di accoglienza diffusa.

Intanto è stato siglato a Cartagine il Memorandum di intesa tra Ue e Tunisia su migranti ed energia. A firmarlo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la premier Meloni, il primo ministro olandese Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. Ora bisognerà ratificare il documento agli Stati Membri. L’Ue, lo ricordiamo, darà 105 milioni a Saied per frenare gli sbarchi, più 150 milioni per risanare le casse disastrate della Tunisia. Altri 900 milioni sarebbe invece disponibili per lui, ma solo dopo che il paese nordafricano avrà raggiunto un accordo con il Fondo monetario internazionale per un ulteriore prestito. Ma sul serio questo patto servirà a risolvere il problema? Sono più che legittime delle maiuscole perplessità.