Chi guida l’Europa verso la riforma delle regole fiscali? Meloni faccia un fischio

Il dibattito sull’attuale legge di Bilancio in Italia sembra essere rimasto ingiustificatamente confinato al territorio nazionale, ignorando l’importante panorama europeo in evoluzione. L’attuale riforma delle regole fiscali europee, in fase di definizione e destinata a concludersi a breve, deve essere al centro dell’attenzione italiana, poiché plasmerà direttamente le politiche economiche interne. Ma in questa prospettiva più ampia, emergono colpe sorprendenti, in particolare quelle del governo Meloni, che non hanno fatto che indebolire la posizione italiana.

Fino ad ora, sembra che nessun politico nazionale abbia cercato di afferrare la portata di questa riforma e di analizzarne le implicazioni a livello europeo. Tuttavia, non possiamo più permetterci di ignorare il fatto che le nuove regole fiscali saranno un fattore cruciale nella definizione della legge di Bilancio autunnale, e saranno determinanti per il destino economico dell’Italia.

Tutto sembra dipendere dalla posizione di quattro paesi chiave: la Germania da un lato, e Spagna, Francia e Italia dall’altro. Purtroppo, l’Italia sembra essere stata colta di sorpresa e, per l’ennesima volta, ha perso l’occasione di aumentare la propria influenza in Europa.

È cruciale riconoscere che la Germania, nonostante la sua tradizione di leadership europea, sta attraversando una fase difficile. L’economia tedesca sta vacillando verso la recessione, e le dispute interne tra i partiti di governo rendono difficile per Berlino guidare il dibattito. Questo rappresentava un’opportunità d’oro per l’Italia per emergere come leader e definire la direzione futura dell’Europa.

La confusione sui rapporti tra i paesi europei del governo Meloni è dimostrato anche dal supporto malriuscito al partito di estrema destra spagnola, uscito malconcio dalle ultime elezione. Un passo falso clamoroso che ha indebolito ulteriormente la posizione italiana.

Anche i rapporti con la Francia e il presidente Macron sono rimasti freddi, nonostante segnali di cooperazione. Laurence Boone, ministra per gli Affari europei di Parigi, ha parlato di collaborazione su vari fronti, ma questo non è sufficiente. L’Italia deve spingersi oltre la mera collaborazione e dimostrare una volontà concreta di raggiungere accordi che siano vantaggiosi sia per il paese che per l’intera Europa.

La discussione sulla riforma delle regole di bilancio europee è un terreno complicato, ma la proposta iniziale della Commissione offre un’opportunità di cambiamento significativo. La proposta coraggiosa di abbandonare il vecchio patto di Stabilità è un passo audace verso politiche fiscali più flessibili. Tuttavia, la Germania ha cercato di inserire limiti più rigidi, con richieste di riduzione annuale del debito che potrebbero nuocere all’equilibrio economico.

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Un punto di conflitto importante riguarda l’esclusione dagli indicatori di debito degli investimenti per la transizione ecologica e digitale, come quelli previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che vorrebbe il governo italiano. Questa è un’occasione persa: l’Italia avrebbe potuto giocare al meglio la sua carta, ma sembra che le visioni identitarie abbiano avuto la meglio.

È deplorevole che il governo Meloni non abbia colto l’opportunità di forgiare alleanze strategiche e di guidare l’Europa verso una direzione più sostenibile. L’Europa ha bisogno di una guida forte, e l’Italia avrebbe potuto rivendicare quel ruolo. Tuttavia, sembra che le priorità abbiano oscillato tra politiche di destra, tentativi di accaparrarsi il sostegno della base e l’ignoranza delle dinamiche internazionali cruciali.

Il governo Meloni ha dimostrato di essere distratto, tatticamente confuso e incapace di cogliere l’ampiezza delle possibilità a disposizione. L’Europa si sta muovendo verso una nuova era, ma sembra che l’Italia sia rimasta indietro, imprigionata nelle proprie politiche di identità e nell’incapacità di vedere il quadro più ampio. L’opportunità di guidare il cambiamento sta sfuggendo di mano, e il governo Meloni è chiaramente responsabile di questo fallimento.