Sembra un attimo ieri quando la cara Giorgia Meloni, nel suo discorso d’insediamento alla Camera, sottolineava la necessità di sostenere e facilitare gli imprenditori. Tutti abbiamo immaginato un futuro pieno di entusiasmanti possibilità. Eppure, come si suol dire, “il diavolo è nei dettagli”. Le recenti azioni del suo governo sembrano piuttosto mettere i bastoni tra le ruote all’innovazione, piuttosto che spianare la strada.
Prendiamo come esempio la proposta di legge che punta a vietare la produzione e la vendita di carne “sintetica”. In un mondo che si muove veloce verso l’innovazione, il nostro governo sembra decidere di andare a piedi. Non solo, il disegno di legge è sostenuto calorosamente da Coldiretti, nonché dai ministri dell’Agricoltura e della Salute, Lollobrigida e Schillaci, creando un certo subbuglio tra gli interessati.
Durante le audizioni per discutere la legge, le principali associazioni agricole e di allevatori hanno sventolato bandiere di approvazione. Eppure, in un curioso giro di eventi, la startup trentina Bruno Cell, unico attore italiano nel settore della carne sintetica, è stata non solo trascurata, ma esplicitamente esclusa. È un po’ come invitare tutti alla festa, tranne il festeggiato.
Anche le organizzazioni ambientaliste, come Legambiente e il WWF, pur non considerando la carne sintetica come l’elisir che risolverà tutti i problemi alimentari e ambientali, hanno sollevato le sopracciglia davanti a tale disegno di legge. Il timore è che possa intralciare la ricerca in Italia, come un masso in mezzo al cammino dell’innovazione.
L’inutile (e controproducente) crociata di FdI contro l’Islam
Ma ecco che si complica ulteriormente la scena. Con l’approvazione di un emendamento che permette la ricerca scientifica sui nuovi OGM, le cosiddette “tecniche di evoluzione assistita“, precedentemente bandite, sembra che siamo davanti ad un improvviso cambiamento di rotta. Questo è in netto contrasto con le stesse organizzazioni ambientaliste che sostengono la coalizione “Italia libera da Ogm“.
In tutto questo scenario, sembra emergere un quadro di sovranismo e interessi contrapposti in cui la logica e la coerenza sono saltate sulla giostra del cambiamento. È come se governo e Coldiretti da una parte, e gli ambientalisti dall’altra, stessero giocando a scacchi con le posizioni di ciascuno. La parola “innovazione”, tanto cara alla Meloni, sembra essere diventata solo un bel vocabolo da sfoggiare, senza dare seguito concretamente a quanto professato.