BuonaDestra.it
  • Home
  • Chi siamo
  • Iscriviti al Partito
  • Iscriviti al Centro Studi
  • Idee e commenti

Autore: guest

  • Home
  • / guest
L’indecisione della politica e gli effetti dannosi sull’impalcatura democratica

L’indecisione della politica e gli effetti dannosi sull’impalcatura democratica

Marzo 3, 2021 by guest in News

di Nicola Iuvinale

La tripartizione dei poteri dello Stato è alla base delle moderne democrazie liberali.

La Costituzione stabilisce che la Repubblica abbia un Governo che detiene il potere esecutivo, un Parlamento che esercita quello legislativo (attraverso gli eletti direttamente dai cittadini) e l’ordine Giudiziario che esercita la funzione giurisdizionale.

La magistratura gode di assoluta indipendenza ed ha nel Consiglio Superiore della Magistratura il suo organo di autogoverno.

I poteri, le funzioni degli organi, devono essere separati, cioè va evitata il più possibile l’invasione di campo dall’una all’altra parte.

La separazione dei poteri regge l’impalcatura democratica nello “Stato di diritto” ed eventuali “sbilanci” possono creare delle sensibili ed evidenti fratture.

Negli ultimi anni si è assistito “all’indecisionismo politico” di tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, più occupati a garantirsi il gradimento degli elettori, anziché provvedere nel Parlamento.

Inutili proclami elettorali manifestati sui social, sui giornali, sul web e mancanza di decisione nelle “stanze istituzionali”.

Anche il modus operandi del Governo – che negli ultimi anni ricorre con sempre rinnovata frequenza allo strumento del decreto-legge (ottenendone poi la conversione in legge dal Parlamento attraverso il continuo ricorso al voto di fiducia), utilizzando, per la disciplina dei profili sostanziali, “decreti di natura non regolamentare” non pare conformarsi correttamente ai precetti costituzionali.

I provvedimenti normativi si sottraggono, così, alla necessaria dialettica parlamentare.

Ed il tutto è favorito anche da un Parlamento, sempre più inerte, che finisce per porre il sistema delle “fonti del diritto” ad una torsione sempre più “autoritaria” e marcatamente tecnocratica, rimettendone frequentemente la creazione nelle mani dell’esecutivo e dei Ministeri.

La produzione normativa, anche con il facile ricorso alla legge delega al Governo, si sposta, quindi, sempre più dalle mani del Parlamento (cioè dei cittadini) a quelle del Governo, generandosi una normazione talvolta abnorme, tecnicistica, di difficile comprensione ed attuazione.

Ed il potere Giudiziario, con la partecipazione “dirigenziale” nei Ministeri (es. magistrati in aspettativa con nomina dirigenziale nei vari Ministeri, anche in quello della Giustizia), finisce per invadere il campo del potere esecutivo, determinandosi una commistione di visioni e di azioni.

A ciò, si somma anche l’ironico gusto, che si intravvede tra le righe di certe tendenze della Giurisprudenza, di mettere in evidenza le manchevolezze delle leggi e di far ricadere tutte le colpe sull’inerzia del legislatore che non provvede. E l’atteggiamento dell’ordine giudiziario, che non corrisponde più ai doveri costituzionali, per accorgersi della Costituzione e delle mete che essa segue, non ha più bisogno di passare attraverso il tramite del legislatore.

Queste le parole di Piero Calamandrei, quasi settanta anni fa.

L’atteggiamento di certa giurisprudenza, quindi, di volersi “sostituire al legislatore” attraverso “sentenze interpretative” – che tentano di colmare presunti vuoti normativi -, non è propriamente consono ai dettami costituzionali, soprattutto quando si “omette” di rimettere l’interpretazione della legge all’intervento della Corte Costituzionale.

E così, l’assenza della politica, ossia il non fare per non scontentare, ha portato anche alla “degenerazione economica” del sistema Paese. Abbandonare la strada della crescita economica per sostituirla con debito pubblico e tasse.

Oggi, l’impalcatura dello “Stato di diritto” appare fortemente incrinata.

La politica e la magistratura hanno la responsabilità di riportare l’ago della bilancia al centro.

Lo si deve anche per assicurare la stabilità delle funzioni costituzionali, essenziali per la sopravvivenza dello “Stato di diritto”.

Read More
Il patriottismo costituzionale della Buona Destra

Il patriottismo costituzionale della Buona Destra

Febbraio 28, 2021 by guest in News Uncategorized

di Nicola Iuvinale

Il “Patriottismo Costituzionale” non è di proprietà della sinistra

Nel 1988, studente delle scuole superiori, venne distribuito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri un opuscolo che conteneva la nostra Costituzione, a ricordo dei quarant’anni dalla sua entrata in vigore.

Mi ha accompagnato durante gli studi di Giurisprudenza e lo conservo ancora oggi.

Nei miei viaggi ai confini dell’Italia del nord-est ho visitato vari cimiteri della prima guerra e ho sempre pensato, a ricordo, che c’è stata un’intera generazione di giovani italiani e non, che hanno dato la vita per darci la libertà di cui oggi godiamo.

Poi, è seguita la “seconda grande guerra civile europea”.

Vorrei simbolicamente consegnare quello scritto ai miei figli, ma volgendo lo sguardo agli ultimi anni della politica italiana me ne vergogno.

Perché?

Come già ho avuto modo di dire, “lo scadimento politico unito alla raminga solitudine autoassolutoria partitica espressa negli ultimi trent’anni, ha portato alla totale degenerazione del “sistema” paese facendogli accumulare un debito pubblico divenuto, ormai, insostenibile, costruito sul ricorso all’assistenzialismo di Stato che ha surrogato la crescita economica. Questa è la tipica manifestazione del populismo: l’assistenzialismo ai gruppi di pressione che muovono le marionette della politica dalla sinistra alla destra”.

Tutto ciò ha generato quel moderno nichilismo e oscurantismo di destra e di sinistra che viviamo in questi tempi bui.

E di ciò, a pagare il prezzo più caro sono i nostri figli e, poi i loro, perché vivono senza una speranza di lavoro, con studi inadeguati, con scarsa possibilità di raggiungere quella realizzazione sociale, economica, che dovrebbe, invece, vederli già protagonisti nello scrivere il loro futuro.

Il medio evo fu il tempo de secoli bui.

Oggi, mi sembra di rivedere quei trascorsi.      

Si, bui politicamente, socialmente, moralmente perché, oltre alla mancata soluzione degli atavici problemi economici, non si è scritto un “patto generazionale”, non c’è stata una visione politica rivolta al futuro dei giovani e dell’Italia, ma solo espressione di “individualismo opportunista” tipico della “visione monoculare del presente”.

Gli “ideali del comunismo e della sinistra italiana in genere” che portano all’annientamento dell’uomo, all’omologazione verso il basso, alla decrescita infelice, alla tassazione finalizzata all’assistenzialismo, anziché alla spesa buona e produttiva, sono alla base della loro azione politica.

Eppure, la sinistra si è sempre appropriata “ingiustamente” della cultura, della difesa dei diritti sociali, dell’uomo, delle libertà, dei diritti dei giovani, del cosiddetto “Patriottismo costituzionale” ritenendolo roba loro.

Per “Patriottismo costituzionale” intendo il rispetto non solo della “carta”, ma il perseguimento di quei valori che ne stanno a base.

Non è di proprietà della sinistra non solo perché quei valori appartengono a tutti, ma sono a fondamento della “nostra Costituzione”; intendo “nostra” perché, come diremo, contiene valori millenari, della nostra storia, dei nostri sacrifici, del nostro patrimonio culturale, espressione di quei diritti e doveri scritti sulla “carta”.

Si, proprio quella Costituzione dimenticata sia dalla sinistra, oggi dilaniata da perenni conflitti interni e priva di identità, che da quella brutta destra sovranista, antieuropeista, divisiva e antisociale che, invece, li contraddice.

Qui, risiede il concetto della mancata “osservanza” della Costituzione che accomuna la politica italiana di destra e di sinistra.

Il “Patriottismo costituzionale”, allora, in cosa dobbiamo concretamente intenderlo.

Mi piace ricordare le parole, il pensiero del maestro e giurista Calamandrei: “La nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!” a voi giovani.

C’è una parte della nostra costituzione che, ancora oggi, è una polemica contro il presente, contro la società presente; un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.

Quindi, la si può intendere come una “polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente. Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico”.

Si, l’indifferentismo politico oggi è anche rappresentato da quel moderno nichilismo e oscurantismo che caratterizza l’azione politica dagli ultimi trenta anni.

L’indecisionismo.

E’, quindi, una delle più grandi offese che si fanno alla Costituzione e ai cittadini perché non si persegue “il bene comune”.

Però la libertà è come l’aria, diceva il Giurista: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

E oggi l’aria manca; manca a tanti, ai giovani.

La Costituzione non è “carta” essa è viva, è il diritto vivente perché contiene “l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti. E’ la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di uomo”.

Bisogna essere padroni di noi, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.

Ai valori della Costituzione va ridato in nostro spirito, “la gioventù, farla vivere, sentirla come cosa nostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto – questa è una delle gioie della vita – rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell’Italia e nel mondo”.

Lo spirito che deve animare la politica, quella con la “P” maiuscola.

E nella Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia millenaria, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie.

I grandi ideali della Patria italiana in mezzo alle alte Patrie (Mazzini), l’eguaglianza delle confessioni religiose (Cavour), l’ordinamento delle forze armate informato allo spirito democratico della Repubblica (l’esercito di popolo di Garibaldi), il ripudio della pena di morte (Beccaria) e tutto il sangue e il dolore versato dagli Italiani.

Il “Patriottismo Costituzionale” è un patrimonio di tutti che, va alimentato e messo a fondamento della nuova azione politica.

Tutto questo lo si ritrova oggi nel pensiero di Filippo Rossi espresso nel suo libro “Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra” Marsilio 2019.

La visione di una “destra nuova”, moderata, liberale, legata ai valori costituzionali, fortemente europeista.

Una destra che esprime una politica rivolta anche al futuro, ai giovani, all’abbandono della spesa improduttiva e a vantaggio di quella “buona”; una visione anche fortemente culturale e rivolta alla riaffermazione del “bello” nella modernità e nel divenire.

Un nuovo “rinascimento” della società attraverso l’affermazione e l’attuazione anche dei valori Costituzionali.

Una nuova destra, buona, lontana da quella attuale.

Come scrive Carlo Marsonet nella sua recensione “La destra che sembra emergere dalla penna di Rossi è conservatrice e liberale a un tempo (sebbene qualche espressione sembri più riconducibile al pensiero liberal, lontano dunque dalla commistione tra liberalismo classico e conservatorismo). Essa non vede le tradizioni come monoliti a cui aggrapparsi e da cui non ci si può in alcun modo muovere, bensì come bagagli culturali e identitari che «assicurano una continuità morale, proteggendo gli individui dalla solitudine e la società dall’anarchia» (sono parole dello stesso Aron). Per usare le parole di Campi nell’introduzione al volume aroniano, si tratta di «un’opzione politico-esistenziale tesa a salvaguardare, difendere e perpetuare la tradizione liberale europea e le “istituzioni” che essa ha prodotto nel corso dei secoli». Evidentemente, un’operazione di questo tipo richiede una maturità intellettuale non solo da parte di chi fa proprio tale paradigma ma, soprattutto, da parte di chi, da posizione avversa, considera la destra aprioristicamente lo schieramento politico moralmente inferiore, e dunque abietto, oppure, rinchiuso in steccati ideologici soffocanti, come una posizione ideologica ineluttabilmente fascista”.

In questo pensiero si ritrova la storia che ha scritto la nostra Costituzione.

La Buona Destra è aperta a tutti quelli che credono nella Costituzione, nei suoi valori, nel futuro dei giovani e dell’Italia proiettata verso la riaffermazione del suo importante ruolo europeo.

Read More
Perché la Buona Destra: serve una moderna metafisica della politica

Perché la Buona Destra: serve una moderna metafisica della politica

Febbraio 26, 2021 by guest in News Uncategorized

di Nicola Iuvinale

Il bene comune è il fine cui tende la società ed il “reggitore” ha il dovere di perseguirlo.

La deviazione della forma di governo nasce dal perseguimento di interessi particolaristici da parte dei governanti.

Qui si riassume il più evoluto pensiero Aristotelico.

A distanza di millenni, definito l’assetto democratico dello Stato, potremmo sicuramente aggiungere che “la deviazione del fine politico” nasce dal perseguimento di interessi personali da parte dei partiti.

Perché?

Cosa ci hanno insegnato millenni di storia?

In una moderna società complessa, policentrica, pluralistica, multirazziale e globalizzata come la nostra, ci si chiede: a chi si dovrebbe delegare la decisione sui valori dominanti?

Alla Chiesa, alla massoneria, a Confindustria, ai sindacati, oppure ad altri?

Nessuno, storicamente, ha trovato un sistema di regolazione dei conflitti sociali migliore del gioco di interessi e consensi che può aggregarsi attorno ad una alternativa di proposte incarnate da formazioni politiche in concorrenza.

Tutti i promotori di soluzioni diverse da quella democratica non sono riusciti, storicamente, a possedere, tutta intera, la verità.

Ma, come affermato da Giorgio Galli nella “Storia dei partiti politici europei da 1649 a oggi” – scritto nel 1990 alla fine della prima Repubblica determinata da tangentopoli – vi è l’atavico problema della reale esistenza di una democrazia e di una “buona politica”.

Si osserva, ancora oggi, a distanza di trent’anni, che di vera e propria democrazia non si può parlare, giacché, in realtà, nel sistema occidentale a dirigere la politica sono élites e classi dirigenti limitate e ben determinate, formate dai partiti, che detengono il potere con un consenso più o meno consistente alle spalle.

Il cittadino può pacificamente sostituirle servendosi di libere elezioni, ma non può far altro che scegliere fra questa cerchia chiusa quale sarà quella che la dirigerà.

In quest’ottica, il singolo ha ben poco peso, specie se non è parte integrante di qualche forte gruppo di pressione; inoltre i partiti sviluppano una organizzazione burocratica che tende ad eternare un tipo di controllo oligarchico sulle istituzioni e sui canali di informazione e del potere (cit. Marco Rossi).

Anche i “movimenti denominatisi tali”, una volta conquistato un peso sociale e una porzione significativa di potere, hanno poi finito per presentare le medesime caratteristiche elitistiche e di apparato contro le quali erano sorte.

E’ la storia moderna che ce lo conferma. Da ultimo, il caso del Movimento 5 Stelle.

Ciò detto, allora, posto che altra forma di “governo o direzione” non esiste perché questa è la forma di democrazia che la storia ci ha consegnato, dobbiamo capire il perché la politica “elitaria”, negli ultimi trent’anni, non è riuscita neppure a perseguire il “bene comune” sociale.

Quel bene sociale che trova fondamento nel diritto positivo, nello stato di diritto, nella Costituzione che racchiude i valori da perseguire nella comunità democratica.

In parte dipende dall’incapacità della classe dirigente dei partiti, dall’altra nella reiterata volontà di non decidere, di non prendere quelle decisioni che, ineluttabilmente, vanno invece velocemente prese in un mondo globalizzato e iper-accelerato, per rendere il Paese all’altezza delle sfide che lo attendono.

Tutto questo immobilismo politico è dovuto essenzialmente per perseguire interessi personalistici ed ottenere un facile consenso elettorale determinato da vuoti proclami che cavalcano l’onda del moderno populismo.

In politica “l’omessa decisione” conviene per non scontentare nessuno; ma produce effetti contrari e nocivi sulla realtà sociale.

E’ il populismo allo stato puro, dannoso e improduttivo.

Sparito il “centro” dalla scena teatrale, si va dalla “sinistra”, ormai da anni disancorata da punti di riferimento ormai estinti (se non in famigerate dittature comuniste ancora esistenti), all’attuale “destra” populista, sovranista, antieuropeista e priva di valori per “il bene comune” espressa dalla Meloni e da Salvini.

Una destra che non può avere futuro, se non quello di portare avanti la comoda demagogia oggi incarnata nel facile trasformismo per puro interesse di sopravvivenza e di conservazione del potere acquisito.

Un trasformismo “varius multiplex multiformis”; a geometria variabile si direbbe in termini ingegneristici.

Allo stato attuale c’è poco futuro avanti a noi.

Questa destra, quella della Lega e di Fratelli d’Italia, non può avere futuro, non può perseguire quel “bene comune” perché totalmente disancorata anche dalla immanente visione europeista che si è dato il blocco dei paesi UE.

La Lega, al di là del trasformismo d’interesse rappresentato negli ultimi giorni per entrare nel Governo Draghi, non ha modificato il suo manifesto politico né quello presentato da Matteo Salvini per la sua elezione a Segretario del partito.

Lo scadimento politico, unito alla raminga solitudine autoassolutoria partitica espressa negli ultimi trent’anni, ha portato alla totale degenerazione del “sistema” paese facendogli accumulare un debito pubblico divenuto ormai insostenibile e costruito sul ricorso all’assistenzialismo di Stato che ha surrogato la crescita economica.

Ma questa è la tipica manifestazione del populismo: l’assistenzialismo ai gruppi di pressione che muovono le marionette della politica.

Gli ultimi accadimenti politici, crisi di Governo e il ricorso al bravo tecnocrate Mario Draghi dimostrano, absit iniuria verbis, il fallimento dell’intero schieramento partitico-istituzionale italico, della loro classe politica stantia, a-democratica e populista.

Ma Mario Draghi, prestato com’è alla politica, non ci guiderà per molto tempo.

Finita l’attuale fase emergenziale, con questi partiti, seppur eventualmente rimescolati in qualche informe contenitore in vista delle future elezioni politiche, si tornerà ancora al populismo, all’indecisionismo del “laissez faire” della dannosa élite politica?

Si, perché il tutto pare essersi omologato verso il “nulla”.

E’ necessario, quindi, un cambio di rotta.

I partiti sono però indispensabili in democrazia; ciò che conta è, allora, la buona politica. Quella che, per tornare a bomba, guardi al “bene comune” che parta dalla Costituzione dimenticata, dall’affermazione dei suoi valori, ancora non attuati nella realtà sociale.

La Costituzione e suoi valori patriottici, quei principi che ne stanno a base e che costituiscono espressione millenaria della storia italica vanno alimentati ogni giorno.

La realizzazione dell’uomo attraverso il suo sviluppo culturale, lavorativo, economico e sociale sono le basi della nostra comunità.

Quella società che ci ha visti primeggiare nell’arte, nella cultura, nell’economia, nel diritto; siamo stati i fondatori della moderna Unione Europea che in tanti disprezzano.

In tutto questo, in quest’ottica, va riaffermata anche la liquidazione della bellezza lato sensu, perché è uno dei fondamenti essenziali su cui è costruita anche la modernità e il futuro.

Vanno combattuti il nichilismo e l’oscurantismo voluto dall’a-democrazia partitica elitaria italica che, omettendo ogni decisione (se non quella intesa a soddisfare i loro vari gruppi di pressione) non ha guardato al “bene comune” e ha determinato, in ogni senso, l’omologazione al “nulla”.

Questa forma di nichilismo domina il nostro tempo attraverso meccanismi particolaristici, la disgregazione e la frammentazione completa dei saperi “neutri e senza fondamento” (cit. Stefano Zecchi “La bellezza” 1990).

La crisi politica di questi giorni deve essere considerata una possente e decisiva spinta verso la modernizzazione e l’abbattimento del “nulla”.

Quel “nulla”, l’effimero, l’assenza di fondamento, l’affabulazione retorica fine a se stessa della politica, che ha portato gran parte della società a rinunciare a qualsiasi capacità di incidere sulle – e dare senso alle – dinamiche sociali, legittimandosi unicamente attraverso l’aggregazione passiva al potere politico.

In un’epoca priva di significati esistenziali, per il “bene comune” va anche inseguita la bellezza in una ricostruita visione organica del mondo, dell’Italia, del suo divenire sociale, del ruolo primario e altamente nobile della politica.

C’é, allora, una visione, un giacimento di idee straordinarie ed inesauribili alle quali ricorrere sulla strada della ricostruzione?

Si. C’è una visione.

In questa si colloca la “buona politica” immaginata da Filippo Rossi nel suo libro “Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra”; tra i fondatori e Segretario Politico del partito “Buona Destra”.

Rossi nel libro “In un j’accuse tanto contro xenofobi e populisti quanto contro la sinistra anemica dei nostri tempi, propone un viaggio alla riscoperta di una politica che accetti la sfida del nuovo e faccia del cambiamento uno stile di vita, lanciando allo stesso tempo un appello a tutti coloro che si sentono viandanti culturali, migranti politici e che rifiutano la retorica delle radici e la tirannia degli album di famiglia”.

Una nuova “destra storica”, lontana dal facile populismo, dal vuoto, dal trasformismo di quella italica che ha scritto le brutte pagine dell’ultima storia.

Una visione del bello e della “bella Italia” sulla quale investire per raggiungere quel “bene ultimo comune” che la politica, quella con la “P” maiuscola, pur con tutti i suoi difetti innati, deve necessariamente perseguire.

Adriano nelle sue “Memorie” diceva “L’impero, l’ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere; ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto” (cit. Marguerite Yourcenar 1951).

Potremmo allora correttamente parlare di una “ Moderna metafisica della politica”, necessaria nell’attuale fase storica dell’affermazione del nichilismo e dell’oscurantismo politico voluto anche dalla destra ormai vecchia.

“In greco ho pensato, in greco ho vissuto” direbbe la nuova “Buona Destra”, per rinnovare e distinguersi dall’altra.

Una visione, non utopia.

Anche Icaro ai suoi tempi era un utopista.

La storia, poi, ha dimostrato il contrario.

Read More
Covid: per vaccinati e guariti va seguito il “modello Israele”?

Covid: per vaccinati e guariti va seguito il “modello Israele”?

Febbraio 26, 2021 by guest in Uncategorized

di Gabriele Iuvinale 


In questi giorni l’Unione europea è alle prese con un dibattito politico molto delicato, ossia quello del rilascio di un eventuale passaporto per i vaccinati che consentirebbe loro di muoversi liberamente, senza più restrizioni di sorta.

La quaestio non ha solo, e soltanto, una valenza giuridica, ma anche, e soprattutto, economica. Occorre trovare ogni soluzione adeguata per consentire una ripresa economica, soprattutto per quegli Stati dove la principale fonte di reddito è rappresentata dal turismo.

Ed il modello di riferimento sarebbe quello israeliano, per intenderci. Alcuni Stati membri premono su questa strada. Sono Cipro, Spagna, Malta, Portogallo Estonia ed Italia, le cui economie dipendono fortemente dal turismo. Altri, invece, sarebbero contrari. Sono la Romania, la Germania e la Francia, secondo i quali l’Europa non potrebbe rilasciare un certificato per motivi di viaggio fino a quando tutti i cittadini dell’UE non avranno uguale accesso ai vaccini. Anche di questo si parlerà, oggi, nella riunione del Consiglio d’Europa fissata dal Presidente Charles Michel. Dovremmo continuare ad adoperarci per definire un approccio comune in materia di certificati di vaccinazione, ha scritto il Presidente nella lettera di invito agli Stati membri.  L’UE suggerisce, dunque, un approccio comune, evitando iniziative individuali di alcuni Stati membri.

Attenzione alla terminologia: ripristinare diritti naturali e non riconoscerne di speciali

C’è  una questione pregiudiziale da chiarire, però. E non è soltanto terminologica. Le misure restrittive adottate durante i vari lockdown hanno portato alla compressione di diritti fondamentali ed inalienabili della persona. Diritti cosiddetti naturali, riconosciuti e tutelati universalmente. Il punto, dunque, non è se riconoscere diritti speciali alle persone vaccinate – come taluni sostengono – ma di ripristinare quei diritti fondamentali protetti costituzionalmente per ogni individuo. Diritti compressi, appunto.

Il “modello Israele”. Israele e Pfizer-Biontech hanno dimostrato, pubblicando dati sul sito del Ministero della Salute, che chi è stato vaccinato non sarebbe in grado di contagiare successivamente altre persone. Per questo, il Governo Netanyahu ha deciso di introdurre il cosiddetto passaporto verde.

Il Green Pass viene rilasciato a qualsiasi persona  vaccinata o guarita dal Covid. Serve come permesso di ingresso obbligatorio in determinati luoghi (esempio palestre) secondo le indicazioni statali. Il pass è rilasciabile dalla settimana successiva a quella in cui è stata somministrata la seconda dose ed ha una validità per sei mesi. Oltre al passaporto verde, sono stati introdotti anche il certificato di vaccinazione, che viene consegnato a tutti coloro che hanno ricevuto una seconda dose di vaccino, ed il certificato di recupero, rilasciato a persone già guarite dal Covid, ritenuti da Israele non idonei ad essere vaccinati.

La situazione europea. I leader dell’UE discuteranno oggi della proposta formulata dalla Grecia. Quella cioè di rilasciare un certificato di viaggio per coloro che sono guariti dal Covid. Questo certificato eviterebbe ai viaggiatori il fastidio di sottoporsi ai test del coronavirus o di osservare una  quarantena quando si recano all’estero.

Kyriakos Mitsotakis, Primo Ministro della Grecia, sostiene che per rimettere in moto l’Europa si deve agire ora sui certificati di vaccinazione.

La riduzione della nostra libertà e prosperità durante questa terribile  pandemia è stata storicamente dolorosa e senza precedenti. COVID ha  portato dolore e isolamento e ha avuto un impatto non solo sulla nostra  salute, ma anche sui nostri mezzi di sussistenza, sulle nostre  prospettive e sulle nostre norme sociali, sostiene Mitsotakis. L’obiettivo della Grecia è di evitare di perdere un’altra stagione estiva. Per questo il Premier ha indicato che imporrà la misura unilateralmente a meno che non venga  presa una decisione a livello dell’UE. E per questo la Grecia avrebbe già stretto un accordo con Israele.

Euractiv.com riferisce che i leader dell’UE potrebbero già oggi decidere di adottare un approccio comune sulla questione.

Anche l’Austria ha preso una posizione netta al riguardo. Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha infatti proposto di introdurre un pass verde, sul modello israeliano, per coloro che non rappresentano un rischio per la salute. Vogliamo un passaporto verde a livello dell’UE con il quale si possa viaggiare liberamente, viaggiare senza restrizioni per affari e andare in vacanza, oltre a godere finalmente di gastronomia, cultura, eventi e altre cose, ha scritto ieri in un messaggio su twitter.

Secondo Kurz, tre categorie di persone dovrebbero ottenere un tale passaporto: quelle vaccinate, quelle guarite e quelle che sono state testate di recente.

Se l’UE non dovesse iniziare a lavorare su questo progetto green  pass, Kurz ha annunciato che l’Austria implementerà lo schema a livello  nazionale.

La questione dei differenti vaccini

Con i certificati di vaccinazione, però, si pone una questione: quella dei differenti tipi di vaccini che saranno riconosciuti a livello dell’UE. Alcuni Paesi stranieri potrebbero aver curato persone con vaccini non approvati dall’Agenzia europea per i medicinali. Poi ci sarebbero dubbi sul fatto che gli attuali vaccini offrano una protezione sufficiente verso le nuove varianti Covid.

La gestione delle frontiere nello spazio Schengen. Potrebbero i singoli Stati membri dell’UE decidere regole individuali sul passaporto vaccinale? Tecnicamente si, poiché la gestione delle frontiere è principalmente una competenza nazionale. Ed infatti l’UE, finora, si è limitata ad adottare semplici raccomandazioni.

Eccole.

Il 13 ottobre il Consiglio ha adottato una raccomandazione per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di Covid, con l’obiettivo di evitare la frammentazione e le perturbazioni all’interno dello spazio Schengen ed aumentare la chiarezza e la prevedibilità per i cittadini e le imprese.

La raccomandazione afferma che le misure che limitano la libera circolazione per proteggere la salute pubblica devono essere proporzionate e non discriminatorie e devono essere revocate non appena la situazione epidemiologica lo consenta.

A seguito del rapido aumento dei casi di Covid in alcune parti dell’Inghilterra, il 22 dicembre la Commissione ha, inoltre, adottato una raccomandazione relativa a un approccio coordinato ai viaggi e ai trasporti in risposta alla variante di SARS-COV-2 identificata nel Regno Unito.

Da ultimo, il 19 gennaio scorso la Commissione ha adottato la comunicazione “Un fronte unito per sconfiggere la COVID-19” (COM(2021)35) che definisce le azioni chiave per gli Stati membri, la Commissione, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) al fine di contribuire a ridurre i rischi e tenere il virus sotto controllo.

Read More
Complottismo e antisemitismo, una grave saldatura di visioni

Complottismo e antisemitismo, una grave saldatura di visioni

Febbraio 16, 2021 by guest in Uncategorized

di Kishore Bombaci

Il termine “complotto” sta a indicare una cospirazione segreta organizzata da qualcuno ai danni di qualcun altro. L’idea, cioè, che la realtà non è mai come appare ma che esista un livello ulteriore, riservato a chi è a conoscenza di premesse segrete e inconfessabili. La teoria del complotto spiega i grandi eventi della storia non in modo lineare come tramandati, ma come frutto nascosto di intrighi segreti e chiavi di decifrazione ignote ai più, ovviamente ammaliati dal sistema di informazione c.d. mainstream. Si tratta di una teoria e una prassi assai risalente nel tempo che accomuna fatti storici anche i più diversi, ma che si articola sempre su schemi abbastanza comuni.

Il focus di tale teoria è quella per la quale sedicenti poteri forti si accordano per tramare a danno delle masse ignare dei pericoli che gravitano sulle loro teste inconsapevoli. Gli stessi rapporti tra segmenti della popolazione non sono espressione delle diseguaglianze che le moderne società inevitabilmente comportano e contro le quali bisogna combattere con le armi della politica e della decisione, ma sarebbero espressione di oscure trame ordite da “elites” – spesso sovranazionali – che vogliono cancellare le specificità dei popoli e delle nazioni, o, addirittura, delle singole comunità locali.
L’avvento dei social network e della Rete ha trasformato queste tesi da patrimonio di nicchie sostanzialmente innocue, a fenomeni dotati di una loro pericolosità intrinseca e sempre più in ascesa. Contro tali trame, infatti, secondo l’ottica dei complottisti, spesso affini alla destra radicale, occorre battersi tanto sul piano “culturale”, quanto su quello esplicitamente armato.

Dal primo punto di vista, si tratta di lavorare a una riforma del linguaggio, con il pretesto di combattere i buonismi e il politically correct, nonché di creare una realtà artificiale contrabbandandola per vera: una vera e propria inondazione di notizie false, antiscientifiche, prive di ogni qualsivoglia credibilità ma fatte passare per espressione del diritto di opinione, a maggior ragione se discordante rispetto al mainstream. Ciò proprio perché gli organi ufficiali di informazione sono comunque orientate dalle medesime elites. Quindi, la falsità assurge a vero e proprio atto rivoluzionario, in quanto verità contro il sistema, non più da riformare con la dialettica democratica, ma da abbattere, o con il presunto risveglio delle coscienze o con le armi.

Ovviamente uno dei campi in cui la teoria del complotto ha trovato maggiore appeal è stato quello della presunta minaccia all’identità comunitaria (nazionale o locale poco importa), ossia, soprattutto in Occidente, la mescolanza delle razze mediante il controllo serrato dei fenomeni migratori. Già da queste poche battute, ben si comprende come si è in presenza di un vecchio armamentario ideologico (quello della ibridazione e contaminazione delle razze) che già ai primi anni del 900 gettava le basi per quello che sarebbe stata la massima tragedia del genere umano: l’Olocausto. Vecchio armamentario, quindi, che oggi torna – o meglio che non era mai sparito – ma che si carica di significati rigenerati. Le razze inferiori non debbono penetrare nel Sacro Occidente bianco pena la contaminazione e la schiavizzazione del popolo autoctono. Ovviamente, i complottisti si ergono a difensori del popolo medesimo dinanzi alla minaccia interna (il nemico interno che è simile a noi ma agisce per il nemico) e alla minaccia esterna (invasione da parte dei migranti). La teoria è semplice nella sua brutalità e infondatezza. Le elites finanziarie hanno necessità di disarticolare dall’interno le comunità nazionali e locali e quindi favoriscono una vera e propria invasione senza armi dei migranti che andando a inserirsi nel tessuto sociale dei paesi di destinazione, gettano le premesse per una vera e propria “sostituzione etnica”. Il tutto con la benedizione anzi con la spinta fattiva delle elites che potranno così contare su soggetti più deboli rispetto alla comunità dei lavoratori autoctoni e quindi più inclini a perdere diritti e a farsi meglio dominare.

Come anticipato precedentemente, non c’è nulla di nuovo, se non nelle forme tecnologiche di espressione di temi ricorrenti già nel primo Novecento. E, infatti, l’antisemitismo, in questi teorici del complotto è comunque presente e costante. Esso assume la forma diretta (le elites finanziarie sarebbero ovviamente dominate dagli ebrei padroni del potere finanziario) sia quella indiretta (perché, come vedremo, fornisce lo schema base di ogni discriminazione razziale).

Il bersaglio dell’antisemitismo complottardo è incarnato dalla figura di George Soros, termine medio fra elite finanziaria e tentativo di sostituzione etnica. Soros, ebreo ungherese, sfuggito miracolosamente alle persecuzioni razziali e rifugiato prima in Gran Bretagna poi in USA, dopo essere divenuto finanziere di successo, ha fondato la Open Society, ente che ha come scopo quello di favorire i rapporti istituzionali e non in vista di un progressivo aumento dei diritti e del benessere nei paesi poveri. E proprio il suo paese di origine è uno dei pilastri delle controricostruzioni storiche di natura complottista. Al punto che l’epigono di tali teorie è Presidente della Nazione, Viktor Orban che ha costruito la sua fortuna politica sulla polemica antisorosiana e antimigratoria. Infatti dietro la volontà di sostituire il popolo magiaro con nuova manodopera a basso costo ci sarebbe proprio la mente satanica di Soros il quale cavalcherebbe la speculazione dei mercati finanziari per disgregare la sana vecchia società di un tempo, disarticolandola dal’interno e dall’esterno tramite il finanziamento smodato all’immigrazione. Sembra follia, ma la verità è che purtroppo sono tesi che incontrano notevole successo, al punto che dall’Ungheria si sono sparse ovunque, al di qua e al di là dell’Atlantico.

Invero, trattasi, della vecchia riedizione del piano Khalergi in vista del quale era necessario, per abbattere le tutele presenti nel Vecchio Continente e più in generale dell’occidente, inondarlo di manodopera a basso costo, come detto, ben più malleabile delle classi lavoratrici indigene, e meglio disposta a cedere pezzi di tutela in cambio di lavoro e comunque a farsi dominare meglio. Il capitalismo predatorio dunque utilizzerebbe la complice Open Society proprio per realizzare questo scopo. E, come dicevo precedentemente, l’origine ebraica del “nemico Soros” è tutt’altro che irrilevante nel panorama mentale paranoico dei teorici della cospirazione. Dietro tesi fantasiose ma seducenti per chi è rimasto spiazzato dal cambiamento epocale avvenuto con la globalizzazione, si cela ancora una volta il complotto giudeo- plutocratico-massonico di mussoliniana memoria. Piuttosto che spiegare la complessità della modernità, ci si rifugia in tesi semplicistiche con il relativo sempreverde capro espiatorio perfetto: l’ebreo. Non potendo esprimere pubblicamente concetti manifestamente antisemiti i cospirazionisti utilizzano perifrasi concettuali per manifestare questa loro intrinseca natura. Mediante sarcasmo, allusioni, mezze frasi, riemerge prepotentemente il dato antisemitico che costituisce la cifra del loro “pensiero”. Formalmente si dichiarano amici degli ebrei ma veicolano il messaggio che dietro il complotto finanziario altro non ci sarebbero che il “potere finanziario giudeo”. Formalmente, amici dello Stato di Israele, se la prendono con il c.d. sionismo senza darne una spiegazione circoscritta al punto che esso viene a coincidere con l’ebraismo “tout court”. Non si tratta di meri artifici linguistici, ma di passaggi concettuali che hanno gravi conseguenze e producono ancora una volta fenomeni di violenza e discriminazione che speravamo di esserci lasciati alle spalle con la fine del secondo conflitto mondiale. Si badi bene, il tutto senza alcuna verifica critica sulle informazioni. Una miscellanea di cose vere, cose credibili e cose palesemente false e smentite dalla storia. Ma ciò nella loro ottica non ha assolutamente alcuna rilevanza. Anche perché le smentite sono nient’altro che informazioni veicolate dalla massoneria giudeo-plutocratica e quindi destituita a priori di credibilità. Ovviamente se qualcuno prova a difendersi – ad es. lo stesso Soros – non fa altro che dimostrare la veridicità di tali ricostruzioni complottiste, conferendo loro una qualche legittimazione sul piano del dibattito pubblico. Se ci si pensa è un metodo diabolicamente vincente. Una strategia a tenaglia che diffonde falsità ma intrinsecamente ne impedisce la smentita diretta. Quindi, in mancanza di un vero e proprio dibattito, l’informazione falsa prende vita e si diffonde a macchia d’olio tramite il web autodotandosi di credibilità solo per effetto della mera divulgazione secondo l’assioma “se tanti la pensano così, qualcosa di vero ci deve essere”. L’ introduzione del dubbio come un virus pernicioso ed infettivo che ammorba il corpo sano del dibattito pubblico e che va a colpire anche coloro i quali sarebbero lontani da posizioni estremistiche o addirittura antisemite. Addirittura la deriva antisemita ha generato il fenomeno del c.d. “jewish space lasers” in cui gli ebrei vengono accusati di appiccare volontariamente incendi per alimentare il panico da cambiamento climatico (che saerebbe una bufala secondo i complottisti). Anche in questo caso lo schema comunicativo è il medesimo: Il martellamento ossessivo su una tesi assurda che semplifica i processi cognitivi dei destinatari ed è seducente per chi si trova in situazione spesso di preoccupazione ambientale, disagio sociale o di marginalizzazione e che trova una soluzione immediata e già pronta con tanto di colpevole: l’ebreo Soros. Le dinamiche populiste affondano proprio in queste dinamiche cognitive dei destinatari. E quindi è essenziale riuscire a smascherare i loro inganni prima che divengano ancor più pericolosi, tanto più in italia, visto l’alto tasso di analfabetismo funzionale.

Non v’è dubbio che ad aggravare la già complessa situazione sopra brevemente tratteggiata, ha contribuito la diffusione dal 2016 il movimento QANON.

QANON si diffonde alla vigilia delle elezioni presidenziali che portarono alla presidenza USA Donald J. Trump e supporta massivamente l’ormai ex Presidente contribuendo a diffondere il messaggio sovranista e populista. Non si può dire che la vittoria di Trump sia esclusivo merito di QANON ma non si può negare il contributo di questo movimento alla sua causa. La tesi – folle – dei complottisti americani è quella per la quale il mondo sarebbe dominato da una “cabal” (anche qui il termine non è causale) di personaggi, per lo più di area liberal, dediti al satanismo e alla pedofilia. Questi soggetti governerebbero il mondo dall’alto delle loro posizioni di potere in politica, nei media e a Hollywood. Contro tale depravata congrega, Donald Trump sarebbe l’eroe senza macchia e senza paura, ovviamente bianco suprematista, eletto dal popolo per riportare nel mondo la giustizia e il bene. Non sono forzature le mie, ma è la rappresentazione del mondo secondo i qanonisti. Il Male contro il Bene pronti per il giudizio finale e la battaglia campale. Nell’immaginario complottista ancora una volta giocano un ruolo fondamentale gli ebrei. Lo stesso termine cabal rimanda alla tradizione esoterica ebraica che non a caso sintetizza la malefica congrega dei dominatori del mondo. Gli ebrei sarebbero, altresì, assimilati a vampiri in quanto metaforicamente succhierebbero il sangue del mondo tramite la finanza e , non metaforicamente, si nutrirebbero del sangue dei bambini violentati. Si tratta, come è evidente, di tesi deliranti ma che trovano ampio successo in piani insospettabili della politica e della società americana e purtroppo anche in quella italiana. Il leitmotiv è sempre il medesimo. Gli ebrei che vogliono dominare il mondo attraverso l’uso spregiudicato della finanza e attraverso riti magico satanici che richiamano nemmeno troppo indirettamente la teoria del deicidio. Ebbene, l’impianto “culturale” qanonista è molto vicino a un movimento di qualche decennio fa, sempre complottista ma più palesemente antisemita noto col nome di ZOG (Zionist Occupation Government), secondo il quale i governi mondiali sarebbero “fantoccio degli ebrei” che tramerebbero per destituire governi nemici e sostituirli con governi filo sionisti. Ebbene sia ZOG che QANON contro tale deriva non esitano a teorizzare l’uso della forza e, purtroppo, anche a praticarla, come i fatti recenti di Capitol Hill stanno a dimostrare. La violenza individuale e collettiva non solo è ammessa ma diventa doverosa. Questo amplia a dismisura la pericolosità del movimento. Minacce e violenze sono piuttosto diffuse nei confronti di coloro i quali hanno il coraggio di mettersi contro.

In una polarizzazione bene/male, dove spesso il bene è rappresentato dal maschio bianco e il male da tutto il resto (sopratutto le razze presuntivamente inferiori), QANON trae la sua linfa vitale elevando la lotta contro le minacce esterne a dottrina, sebbene non uniforme. Quel che rileva, per loro, è la necessità di uscire dalle sovrastrutture della modernità – compresi gli assetti istituzionali e costituzionali – e tornare alla dimnesione primigenia della comunità etnicamente omologa in grado di provvedere da sé ai propri bisogni. L’uomo non ha bisogno di struttura morale ma deve ritornare alla propria istintualità ancestrale. Anche qui sembra di ritornare a vecchi adagi fascisteggianti che non possono non preoccupare sia per la carica di violenza che hanno insita.

Il mondo si divide tra chi ha ricevuto l’illuminazione qanonista e chi invece giace ancora nell’oscurità o chi ne è addirittura complice.

Se per lo ZOG la natura antisemita era chiara, per QANON è maggiormente sfumata e indiretta anche se la matrice originaria è analoga e affonda le radici nel famoso (e falso) testo dei Protocolli dei Savi di Sion. Testo smentito più e più volte in termini di veridicità , esso continua a costituire la matrice di tutti i complottismi. Gli ebrei hanno volontà di potenza alla quale è necessario opporre una altrettanto forte volontà di annientamento. Se si è seguito sin qui il discorso, non si potrà che concordare sulla comune origine dei complottisimi – al di là delle diverse manifestazioni – su questo punto. Ed è ciò che li rende pericolosamente antisemiti e come tali da combattere senza quartiere.

Da notare, come politicamente sia una battaglia che si combatte quasi tutta a destra, sebbene anche a sinistra gli echi della propaganda anti israeliana è molto fort e giunge fino a contestare la legittimità dell’esistenza dello Stato di Israele e riprendendo il concetto di cabal come lobby sovranazionale in funzione filoebraica. Ma nel campo di destra che il tema diventa ancor più cruciale. Sul punto, il terreno di scontro è fra una destra moderata e liberale e una destra estrema e suprematista chiaramente razzista e antiebraica. La dinamica bene/male si riverbera anche in politica, tramite gli slogan “american first” o “prima gli italiani” a segnare una cesura netta tra “noi” e “loro” , dove “loro” sono i diversi, gli emarginati i più poveri e, quindi trovano nel “migrante” l’immagine plastica. Oppure, sovraordinati gerarchicamente, ma più lontani da colpire, le elites, i poteri forti. Fantomatica entità colpevole di tutti i mali del mondo.

“poteri forti” espressione abilmente vaga idonea a colpire tutto ciò che non rientra mani e piedi nelle teorie complottiste qanoniane che dal tempo senza inizio cerca di dominare la massa.

Come dicevamo precedentemente, seppur sempre esistite, tali tesi sono state estratte dalla marginalità paranoide in cui vivevano grazie alla diffusione del web solo e unico fattore di veridicità. Il confronto e la dialettica viene annullata perché non serve. La tesi è vera in quanto ripetuta all’infinito, anche se in modo autoreferenziale.

Ben si comprende dunque, come importante sia lavorare su più piani contro questo rischio di deriva. Intanto attraverso un lavoro certosino sul linguaggio. Definire bene le cose per come sono, e in questo, ben venga la definizione di antisemitismo dell’IHRA, diretta ad ampliarne i contorni semantici nel rispetto – questa volta reale – del diritto di opinione e critica. Non solo, ma anche combattere una battaglia per comprendere che il politically correct – al di là dei suoi estremismi che sono sempre da rifuggire – non è un linguaggio buonista, ma il tentativo di ricacciare nell’inconscio l’inconfessabile ormai sdoganato. Inoltre occorre un lavoro d’intesa con le grandi multinazionali del web per eliminare contenuti deliranti e falsi in grado solo di provocare confusione e violenza e di riportare indietro l’orologio della storia.

Read More
IMU, ovvero Interpretazione Mistificata Unilaterale

IMU, ovvero Interpretazione Mistificata Unilaterale

Febbraio 16, 2021 by guest in News

di Nicola e Gabriele Iuvinale

Una recente decisione della Cassazione spalanca le porte ad una valanga di cartelle ingiuste a carico di famiglie già pesantemente colpite dalla crisi economica

Tutti conosciamo l’IMU, l’imposta Municipale Propria (ex ICI).

Le sue caratteristiche principali sono:

1. di fatto è una patrimoniale;
2. si paga sulle seconde case e non sulle abitazioni principali;
3. è disancorata dal reddito perché si calcola sulla rendita catastale dell’immobile;
4. si paga anche se non hai reddito;
5. ha disincentivato gli investimenti immobiliari contribuendo alla crisi del settore;
6. è comunemente percepita come una gabella ingiusta;
7. viene principalmente destinata a finanziare le casse comunali.

L’IMU, introdotta nel 2001 dal D.L. 201/2011, attualmente è disciplinata dai commi 738 e segg. della Legge 27 dicembre 2019, n. 160.

In particolare, il vecchio art. 13 comma 2, del DL 201/2011 precisava che “Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita’ immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.”

Si stabiliva, inoltre, che “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.

La stessa identica definizione viene oggi riportata nel comma 741 lett. b) della L.169/2019.

In pratica, la famiglia non paga l’IMU sull’immobile in proprietà se vi risiedono e dimorano, abitualmente, il proprietario ed il suo nucleo familiare.

Se i coniugi possiedono due case nello stesso Comune ed ognuno risiede e dimora stabilmente nella propria, solo un immobile potrà beneficiare dell’esenzione.

Per interpretazione costante del Ministro delle Finanze, se i coniugi possiedono gli immobili in Comuni differenti ed ognuno risiede e dimora stabilmente nel proprio, entrambi gli immobili possono beneficiare dell’esenzione IMU.

E ciò, anche per ragioni umane, legate, ad esempio, alla necessità di “dividere” la famiglia per esigenze lavorative.

Tale orientamento è stato sempre sostenuto dal MEF sin dal 2012, sul presupposto della mancanza di disposizione normativa contraria, della specialità della legge IMU e del suo divieto di applicazione analogica, come stabilito anche dalle preleggi del codice civile.

Infatti, nella Circolare 3/DF del 18 maggio 2012 si precisa che

 

 

 

Questa interpretazione, è anche confermata dal MEF nelle FAQ Mini IMU e Maggiorazione Tares risposta a quesiti del 20 gennaio 2014.

 

Tali osservazioni sono state sempre recepite nella recente giurisprudenza di merito, tra le quali basta citare la C.T.P. di Bologna, sez. 1, n. 441 del 22 marzo 2017 che conferma l’interpretazione del MEF e propone, addirittura, una interpretazione costituzionalmente orientata:

 

 

Con una recente ordinanza della Cassazione del 24.9.2020 n. 20130, però, si ribalta completamente l’interpretazione della norma con un provvedimento che ha, a dir poco, dell’incredibile!

La Cassazione, infatti, contrariamente al MEF, statuisce che:

 

In parole povere, la Cassazione ha stabilito che se i coniugi possiedono gli immobili in Comuni differenti ed ognuno di essi risiede e dimora stabilmente nel proprio, nessuno dei due immobili può beneficiare dell’esenzione IMU sul presupposto che il beneficio è utilizzabile solo se il possessore, e il suo nucleo familiare, dimorino stabilmente e risiedano anche anagraficamente nella stessa casa.

Il tutto, non solo in contrasto con l’interpretazione costante del MEF (sopra richiamata), ma addirittura anche con i principi generali dell’ordinamento giuridico.

Infatti, non vi è una disposizione normativa che preveda espressamente quanto stabilito dalla Cassazione essendo, invero, previsto solo se i coniugi risiedono nello stesso comune ex art. 13 comma 2, del DL 201/2011 e comma 741 lett. b) della L.169/2019, limitato, però, ad un solo immobile.

La Cassazione, in pratica, sulla base di una interpretazione parziale del comma 2 del DL 201/2011 ed omettendo di riportare e commentare la restante parte della disposizione (che invero prevede una fattispecie differente), fornisce una esegesi distorta della norma, finendo per introdurre, forzosamente, nell’ordinamento giuridico una imposizione tributaria non prevista espressamente dalla legge.

I Giudici, quindi, “si sostituiscono d fatto al legislatore” e al MEF.

Si crea, in tal modo, son solo un contrasto tra i poteri dello Stato, ma addirittura si contravvenire la Costituzione perché in discordanza con il principio di legalità stabilito dall’art. 23 Cost. secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge”.

In violazione, dunque, sia della legalità formale – per mancanza di una specifica disposizione di legge (cosiddetta costituzionalità formale) – ma anche sostanziale – perché il contenuto parrebbe non conforme ai principi costituzionali (cosiddetta costituzionalità sostanziale) cui agli artt. 29 e 53 della Costituzione.

Infatti, l’art. 29 stabilisce che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare” e l’art. 53 dispone che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.

Inoltre, i Giudici, introducendo forzosamente una imposizione tributaria non prevista espressamente dalla legge e non plasmabile nell’ordinamento per effetto interpretativo, finiscono anche per porsi in contrasto con l’art. 14 delle preleggi. Principio riportato dalla C.T.P. di Bologna citata, secondo cui