Alla Sicilia serve una primavera draghiana

Quale sia il rapporto tra la Sicilia e l’Italia viene ben definito da Goethe. La Sicilia è la chiave per capire l’Italia. Nel 1943 fu la chiave per aprire l’Italia al nuovo ordine atlantico. C’era un Mattarella allora, c’è un Mattarella oggi. Ed il due volte Presidente della Repubblica guarda caso è siciliano. L’ordine delle cose è questo. La Sicilia è la piattaforma geopolitica che ancora il Mediterraneo all’Atlantico.

Da cui l’importanza del prossimo voto per le regionali in Sicilia che avverrà dopo le amministrative, che hanno esclusivamente un significato locale. Il voto alle regionali ha invece un profondo significato politico. Da quello che uscirà fuori capiremo cosa succederà in primavera all’Italia.

In questo momento regna una grande confusione in tutti gli schieramenti e nei gruppi politici che li compongono. Ci sono profonde preoccupazioni, più di sopravvivenza personale che di proposta politica. Il centrodestra è spaccato, ed il centrosinistra masochista sembra che abbia scelto il suicidio delle primarie tardive, che lasceranno morti e feriti sul campo, senza il tempo di risanare le lacerazioni per proposte che superino i campi strettissimi in cui si sono arroccati.

Tutto questo mentre una devastante crisi internazionale sta massacrando i dati socio-economici di un’isola già allo stremo dopo due anni di covid-19. I morti forse si possono spalmare, come disse con un’infelice frase un assessore dell’attuale giunta, ma il PIL non è una Nutella. La sola crisi industriale, a causa delle sanzioni alla Russia, del polo di Priolo rappresenta da sola un colpo mortale ad una Sicilia che è capitale solo del reddito di cittadinanza e della povertà.

Ma il primo vero problema della Sicilia è il frazionismo sterile, inutile ed autodistruttivo, che la politica siciliana, come quella italiana commissariata da Mattarella e Draghi, produce.

Cosa servirebbe oggi alla Sicilia e quindi al Paese? Somme, non sottrazioni, moltiplicazioni, non divisioni. Siamo troppo pochi per gestire non solo il PNRR, ma per affrontare i profondi mutamenti geopolitici tra Oriente ed Occidente, che oggi sono sul Mar Nero e domani, attraverso lo Stretto dei Dardanelli, sbarcheranno nel Mediterraneo del Sultano di Istanbul.

Per gestire tutto ciò le piccole patrie e le piccole minoranze non servono a nulla. Abbiamo bisogno di federare quel che di sano, produttivo, e di buona volontà c’è nell’isola in un governo di Unità Regionale, che si coniughi a coloro che stanno con difficoltà tentando di raddrizzare la barca del Paese. Non abbiamo bisogno di primarie ma di primazie, primum vivere deinde filosofare sul dividersi.

Abbiamo bisogno di una federazione, seppur fra diversi, coesa per salvare la Sicilia. Perché se la Sicilia si divide si spaccherà l’Italia.