Crosetto

Al Crosetto pacifista va bene anche se vince Putin

“A me non interessa che in Ucraina vinca qualcuno sull’altro. Mi interessa arrivare alla fine delle ostilità e ad una ricomposizione pacifica. I percorsi per arrivarci sono diversi e divisivi, ma l’obiettivo dovrebbe essere uno solo. Mi spaventa chi pensa che debba prevalere uno”. Così Guido Crosetto, che, resosi conto poi della gravità delle sue parole, ha pensato bene di rimuovere il tweet, giustificandosi con la frase “l’ho tolto per non rovinarmi il fegato”. Ma, inutile dirlo, l’ambiguo cinguettio ha fatto subito il giro del web, rimbalzando da un profilo all’altro.

A quanti gli chiedevano di rendere conto delle sue affermazioni l’ex sottosegretario alla Difesa del IV governo Berlusconi ha replicato con messaggi del tipo “Non mi aspettavo nemmeno io che persone che leggono ciò che penso da due mesi non capissero il tweet”, “Gesù si legga cosa dico da mesi” o “Da due mesi ho una posizione chiara ed inequivocabile. Non mi sveglio con un’idea nuova. Era un tweet sulla necessità della pace”. Pace, pace, pace è il grido di quanti oggi vorrebbero l’immediata fine dell’ostilità in Ucraina, anche a costo di una resa incondizionata di Zelensky e della sua gente. Non avendo ancora capito, quello che invece è chiaro anche ad un bambino di 5 anni: che per fare la pace bisogna essere in due, ma soprattutto che l’invasione di Putin all’Ucraina rappresenta lo scontro tra autocrazia e democrazia. Da una parte c’è il carnefice, dall’altra le vittime. C’è un aggressore, la Russia, e c’è un aggredito, l’Ucraina. Qualcuno che fa la guerra e qualcuno che la subisce. Tutti vogliamo la pace, chi è che non sogna la pace? Ma l’equidistanza dei pacifisti non fa altro che favorire indirettamente l’assalitore. In questo caso Putin. Non si possono mettere sullo stesso piano Mosca e Kiev. Che non significa, rimarchiamo, beatificare Zelensky o il battaglione Azov. L’ha scritto qualche giorno fa, chiaro e tondo, Cecilia Strada, per esempio, figlia di Gino, medico fondatore di «Emergency» e icona del pacifismo.

«Non c’è alcun bisogno di dipingere Zelensky come Martin Luther Kingo di negare l’esistenza di neonazisti nel Paese o di negare le contraddizioni o i problemi di un Paese per stare, come dobbiamo giustamente stare, dalla parte delle vittime. I leader ucraini potrebbero essere anche mediocri, potrebbero esserci anche trecentocinquantamila battaglioni Azov, potrebbero essere stati commessi crimini negli ultimi anni in Donbass, potrebbe essere tutto: e non cambierebbe di una virgola il fatto che la Russia è l’aggressore, l’Ucraina l’aggredito, uno il carnefice, l’altro la vittima, e bisogna difendere le vittime. Si sta dalla parte delle vittime perché tra carnefice e vittima si protegge la vittima. Indipendentemente da tutto il resto», le parole di Cecilia Strada.

Dire “A me non interessa che in Ucraina vinca qualcuno sull’altro” è un’espressione che non si può accettare. Quindi va bene se vince Putin? Dobbiamo dimenticare quanto successo a Bucha? È indifferente che prevalga l’uno o l’altro? No, assolutamente. Bisogna assumere posizioni chiare e nette, non ci deve essere spazio a fraintendimenti. Dobbiamo stare dalla parte dell’Ucraina, senza “se” e senza “ma”. Crosetto potrebbe prendere lezioni, in tal senso, dal premier Mario Draghi. Perché è evidente che con l’ex numero uno della Bce la politica estera italiana abbia cambiato passo, che l’era dell’«amico Putin» sia finita. Con tutte le difficoltà che uno strappo del genere comporta: l’inflazione è sotto gli occhi di tutti.

Crosetto ha infine cercato di giustificare quanto aveva scritto: “No, volevo dire un’altra cosa e cioè che non tifo perché si arrivi alla vittoria perché penso che sarebbe mortale per l’Ucraina e che vorrei si arrivasse prima possibile alla pace. Forse l’ho scritto male”, replicando ad un utente, che gli faceva presente che “prima di tutto lʼUcraina non cerca alcuna vittoria, cerca solo di recuperare territori occupati e devastati”. Discolpa, in verità, poco convincente. In questi casi non si può che dar ragione al poeta: “Un bel tacer non fu mai scritto”.

 

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