Enrico Letta, segretario del Pd, presente alla manifestazione del 25 Aprile a Milano, è stato contestato da una minoranza di manifestanti al coro di “Letta servo della Nato ” e “Fuori i servi della Nato dal Corteo”. Si tratta indubbiamente di facinorosi che non fanno testo in assoluto, ma che ben testimoniano il clima infuocato che agita la sinistra italiana in occasione di questa ricorrenza che, mai come in questo momento, risulta essere divisiva. Per l’eterna diatriba
italiana fascismo-antifascismo? No. Almeno per quest’anno ce lo siamo risparmiati.
La contrapposizione è assai meno storica e molto più attuale, dibattendosi opposte posizioni riguardo il sostegno alla resistenza ucraina e, in particolare, all’invio di armi a Kiev per la difesa nei confronti dell’aggressore. Il pacifismo estremista ha probabilmente dimenticato che la Liberazione avvenne grazie anche alle armi fornite ai partigiani da inglesi e americani, oltre che per il diretto intervento di questi ultimi sul suolo patrio.
Quando la storia è una variabile ideologica, anche Letta può diventare un nemico per questi ignoranti e violenti figuri.
Lo stesso Letta ha risposto, con il consueto aplomb, che chi vuole il Pd fuori dalla manifestazione commette un grave errore sottolineando come Costituzione e antifascismo fanno parte del dna costitutivo del Partito democratico, di cui appare curioso chiederne l’estromissione dalla celebrazione.
Anche Gianfranco Pagliarulo – presidente dell’Anpi, nei giorni scorsi al centro di una accesa polemica per le posizioni ambigue sulla guerra russo-ucraina – ha testimoniato la propria solidarietà al leader dei democratici italiani richiamando alla necessità di una posizione unitaria sull’antifascismo, anche se su singoli temi attuali vi possono essere delle divergenze di posizione, perché la pace deve essere comunque un obiettivo che accomuna tutti
in una situazione quale quella che stiamo vivendo.
Ennesimo cerchiobottismo ambiguo? Sì, ma meglio non si può sperare, temo.
La polemica contro Letta, tuttavia, non è la sola che si è verificata in questo giorno così importante per la Repubblica Italiana. A Bologna bandiere della Nato sono state bruciate e a Roma e Milano numerosi sono gli striscioni che scandiscono “nè con Putin nè con la Nato”.
A Torino, scritte come “Servi della Guerra” e “Servi della Nato” sono state rinvenute nella sede del Pd e, ieri, il consigliere comunale Sivio Viale (+Europa) è stato contestato duramente per essersi presentato alla manifestazione con la bandiera della Nato e dell’Ucraina. Sempre a Torino l’Associazione Aglietta (area +Europa) è stata fatta oggetto di atti vandalici similari.
L’estremismo pacifista si rivela piuttosto aggressivo (ossimoro sociopolitico, ci rendiamo conto) nei modi e, come sempre, venato di un anacronistico antiatlantismo che ormai ha perso completamente di senso, ammesso e non concesso che ne avesse mai avuto.
A maggior ragione nell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo, che ha visto gli Stati Uniti d’America versare non poco sangue per noi e che oggi, dovrebbe rappresentare un momento di alta unità nazionale nella memoria dei caduti tutti per la libertà.
Invece, il mito del Grande Satana a stelle e strisce – tema comune e ricorrente a tutte le derive estremiste siano esse politiche o religiose – ricompare tanto puntuale quanto stucchevole anche oggi che proprio non serve anzi, ostacola. In un momento storico che richiederebbe grande responsabilità, con una guerra sanguinosa che bussa alle porte della nostra casa europea e rischia di minare i valori su cui da quel 25 Aprile 1945 si fonda il nostro essere democratici, i pacifinti tendenzialmente di sinistra, almeno nel caso di specie, proprio non riescono a aggiornare al presente l’orologio della storia preferendo una forma di ingiustificabile “neneismo” che li schiera dalla parte del male e li arruola come complici ideologici della barbarie.