Linkiesta oggi si è presa la briga di andare a verificare cosa pubblicava il professor Orsini su Russia e Covid durante la pandemia. Ne esce uno zibaldone sulle magnifiche e progressive sorti del vaccino russo Sputnik che aumenta le perplessità sulle posizioni del ‘professore ribelle’ sulla guerra in Ucraina. “Solo tra il febbraio e l’aprile del 2021 si contano una quindicina di dispacci sul «primo vaccino contro il COVID-19 al mondo», sul suo successo in Venezuela (efficacia al 100%!), in Nicaragua o in Iran, sull’interesse dei paesi Ue, sui pregiudizi dell’Ema, e sulle campagne diffamatorie da parte degli Stati Uniti”, scrive Linkiesta.
Ora ovviamente Orsini aveva ed ha tutto il diritto di scrivere che il vaccino russo anti-covid fosse una arma utilissima contro la pandemia, se non fosse che a distanza di un anno lo Sputnik non è stato ancora autorizzato dall’Ema. Il vaccino di Putin vittima degli enti regolatori europei? Lo stesso ragionamento possiamo applicarlo alla guerra in Ucraina. Orsini espone regolarmente le sue idee sui giornali e si fa intervistare in tv. Non siamo mica in Russia, del resto. Il problema però nasce quando assume posizioni ambivalenti. Sei europeista ma l’Europa con Putin avrebbe dovuto comportarsi meglio, Putin ti inorridisce e ne dici il peggior male possibile ma poi spieghi che se volesse potrebbe fare strame di Kiev e di Zelensky. Per cui non si capisce che posizione abbia Orsini.
Il vaccino Sputnik era farlocco oppure c’è stata una congiura europea per boicottarlo? Putin dobbiamo fermarlo o è meglio farsi i fatti nostri visto che se mandiamo armi agli ucraini il regime russo potrebbe usare a sua volta armi di distruzione di massa? È comprensibile che il professore ami la sfida della complessità, visto che è uno studioso. Ma l’ambivalenza della sua “contro-narrazione” sulla guerra di Putin lascia molti dubbi su cosa sia ricerca scientifica e cosa invece tenda a disinformare.