di Gabriele e Nicola Iuvinale
La pandemia sta colpendo l’economia italiana in modo drammatico. Le limitazioni per il contenimento dell’epidemia hanno colpito per lo più il settore dei servizi, in particolare i settori produttivi di ristorazione, bar, spettacoli, turismo e sport, nonché tutte quelle attività che prevedono un forte contatto sociale. I settori a maggiore intensità di contatti sociali continueranno in futuro ad essere influenzati negativamente dalla pandemia ed i consumi delle famiglie resteranno contenuti a causa delle nuove restrizioni. Le stringenti misure sanitarie di questi giorni richiederanno, inoltre, di essere accompagnate da ulteriori interventi di sostegno e di indennizzo. Ma la coperta è corta, anzi cortissima. L’Italia ha già fatto uso di ben sei scostamenti di bilancio, attualmente possibili grazie al cosiddetto general escape clause del PSC (patto di stabilità e crescita) disposto dalla Commissione europea il 20 marzo scorso. La decisione consente agli Stati di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine (OMT), a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo (non sospende, pertanto, l’applicazione del PSC, né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale). Nella recente proposta di Raccomandazione del Consiglio, la Commissione ha ribadito l’opportunità di mantenere nel 2021 un’intonazione espansiva delle politiche di bilancio.
Per ragioni note, l’Italia non sarà in grado di riprendersi da sola. Neppure le risorse del Recovery Plan saranno sufficienti a sorreggere un’eventuale ripresa. Volendo fare i conti della serva, le risorse europee valgono circa 10 punti di pil in 5 anni. Tuttavia, circa cinque sono stati già “bruciati” in un solo anno. I dati macroeconomici spaventano ormai tutti. Il rapporto debito pubblico/pil è ormai tra il 160/170%.. L’indebitamento netto della p.a. è salito a circa 156 miliardi, con un’incidenza rispetto al PIL pari a circa l’8,8%. Le riforme strutturali che dovranno accompagnare il PNRR del Governo Draghi, non avranno effetti immediati. Insomma, un quadro a dir poco preoccupante.
Dalla fine di dicembre è iniziata la somministrazione dei vaccini, che richiederà, tuttavia, ancora del tempo per essere completata. Ma anche qui i problemi sono noti. La vaccinazione, ora, va molto a rilento per la carenza di dosi. Ritardo, dovuto prevalentemente ad una deficienza nella produzione.
L’obiettivo prioritario, allora, è incrementare su vasta scala le vaccinazioni. Ciò consentirà di ottenere al più presto l’immunità di gregge e mitigare al massimo i danni da lockdown.
Cosa fare, allora?
L’idea potrebbe essere quella di produrre vaccini, già autorizzati dalle Autorità regolatorie, direttamente in Italia attraverso la riconversione di strutture esistenti. Abbiamo gli strumenti per farlo. Strutture e capitali a disposizione. E’ Cassa depositi e Prestiti spa. La normativa esistente (Statuto CDP o articolo 27 del Decreto rilancio), infatti, gli consentirebbe di intervenire sul mercato anche attraverso l’acquisizione di partecipazioni in società private che potrebbero produrre su licenza delle Big Pharma. In tal caso, CDP potrebbe agire sia come market unit, cioè a condizioni di mercato, sia nel perimetro del Temporary Framework, vale a dire secondo il regime derogatorio temporaneo degli aiuti di stato concessi dalla Commissione Europa.
Ovviamente, l’intervento di CDP dovrà essere transitorio e remunerativo per lo Stato. L’idea, quindi, non è quella di creare un vaccino “statale”, ma favorirne la produzione sul territorio italiano, in modo da soddisfare la domanda di altri Paesi UE e di quelli più poveri. E qui l’intervento avrebbe anche una importante valenza geopolitica per l’Italia.
Il governo francese, nei giorni scorsi, si è mosso mettendo in contatto Pfizer con Sanofi, colosso transalpino che sta per acquistare la licenza del vaccino americano per produrlo in casa propria.
Questa potrebbe essere la soluzione più veloce, almeno per il breve periodo, finché non avremo il vaccino di Reithera, la società il cui farmaco è attualmente sotto sperimentazione dello Spallanzani e con la quale il Governo italiano, attraverso Invitalia, ha sottoscritto un accordo. Vaccino, però, che non avremo presto e del quale bisognerà anche valutare il grado di copertura e l’esito della sperimentazione.
La scelta di produrre un vaccino in casa propria consentirebbe anche di disporre di dosi per eventuali vaccinazioni Covid da replicare, periodicamente, in futuro in base alla durata della copertura vaccinale, eventualmente anche adattabili alle varianti del virus.
Il progetto, peraltro, è anche costituzionalmente orientato alla tutela della salute e dell’economia.
Inootre, è pienamente compatibile sia con la normativa interna che con quella sovranazionale.
Proprio la Strategia dell’UE per i vaccini contro la COVID-19 – presentata dalla Commissione europea il 17 giugno 2020 al fine di accelerare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di vaccini efficaci e sicuri contro la COVID-19 – identifica, infatti, due linee di intervento fondamentali: garantire la produzione di vaccini nell’UE (con forniture agli Stati membri grazie ad accordi preliminari di acquisto con i produttori di vaccini) e tramite lo strumento per il sostegno di emergenza. E quest’ultimo consentirebbe il finanziamento di un’azione statale per la produzione e la distribuzione di prodotti sanitari, quindi anche dei vaccini.