Capita ancora, girovangando sui social, di leggere post di persone che sono al confine, tra minimalizzazione e negazionismo della pandemia in atto. Oltre ai classici no-mask, no-vax e no-tutto, infatti, si incontrano post di utenti che, probabilmente, vivono in un mondo virtuale tra pagine facebook e canali YouTube di “cazzari” senza pietà. Si parla di ospedali vuoti ed addirittura di attori che recitano la parte di malati in terapia intensiva, magari intubati, arrivando a spacciare teorie strampalate, che parlano di migliaia di asintomatici ricoverati, al solo scopo di riempire i posti letto disponibili negli ospedali. Il senso per cui qualcuno, qualche forza oscura superiore, avrebbe progettato tutto ciò, non è dato sapersi, ma quando si vive sempre con l’ansia di un complotto immaginario, quando si cerca sempre un “cattivo” di turno che manovra tutto dall’alto, è difficile che si sia lucidi per poter ragionare a dovere.
Chi, come me, gli ospedali li frequenta per lavoro o, ancora di più, chi lavora direttamente all’interno dei raparti, invece, la situazione non solo la conosce bene, ma la tocca con mano, quotidianamente. Spesso, vivendone i risvolti sulla propria pelle.
Come la Primavera scorsa, i reparti CoVid, di molte strutture ospedaliere, iniziano ad essere saturi di pazienti malati e, per questo motivo, altri reparti vengono quotidianamente riconvertiti per poter assicurare le cure ai pazienti positivi con sintomi. Già, perché non un solo asintomatico è ricoverato. Gli asintomatici, infatti, rimangono in isolamento fiduciario a casa mentre, in ospedale i posti letto sono occupati da pazienti in Terapia Intensiva e Sub-Intensiva, in quanto richiedono cure mediche adeguate, supporto respiratorio e personale specializzato.
Questo, purtroppo, genera l’esigenza di reperire sempre nuovi spazi, sopratutto quando, come in queste settimane, la pandemia non riesce più ad essere contenuta, portando ad un drastico aumento dei pazienti che necessitano di cure. E questo, di conseguenza, porta a dover chiudere altri reparti per riconvertirli alle esigenze CoVid, non assicurando più le necessarie strutture per la cura di altre patologie.
Quando le persone che pensano che la pandemia non esista, parlano di aumento di mortalità causato da altre patologie o di assenza di assistenza per queste, purtroppo, non vanno molto lontano dalla realtà, ma è la motivazione a sfuggire, in quanto manipolata ad arte dai creatori di bufale e dai sobillatori sociali.
Fin dall’inizio di questa pandemia, infatti, si è sempre sottolineato che, oltre alla mortalità diretta ed alle complicanze associate al virus, l’aspetto più preoccupante sarebbe stato il riflesso sul Sistema Sanitario, a causa dell’alta virulenza dell’agente patogeno. E questo, così come in primavera, sta avvenendo proprio in questi giorni, portando alla sospensione dell’erogazione di molti servizi da parte di numerose strutture ospedaliere delle zone maggiormente colpite.
Questo è uno dei motivi principali per cui si cerca di combattere il più possibile la diffusione della pandemia, anche prendendo misure limitative della libertà personale di tutti noi. Non ci si può permettere, infatti, di far saltare del tutto l’assistenza sanitaria del paese ed il diritto alla salute dei cittadini, a prescindere se positivi o meno a questo nuovo virus.
La situazione attuale, quindi, porta a due considerazioni riguardo il Sistema Sanitario Nazionale, una che parte da lontano, circa il suo indebolimento nel corso degli anni, l’altra, più recente, circa il mancato rafforzamento di questo nei recenti mesi estivi. Già, perché nei mesi che hanno preceduto la prevedibile, ed ampiamente prevista, seconda ondata, nulla è stato fatto per rafforzare il nostro SSN. I partiti di governo ed opposizione, si sono scontrati su posizioni ideologiche e di bandiera riguardo il MES, i cui fondi sarebbero stati fondamentali per assicurare spazi, personale e dotazioni adeguate ad affrontare la situazione che oggi ci vede in difficoltà.
Le carenze strutturali sono rimaste tali ed i posti in Terapia Intensiva, teoricamente da raddoppiare in quanto tagliati negli ultimi quindici anni, sono rimasti in fase progettuale e, dei 4000 posti previsti in più, solamente un migliaio sono stati portati a termine. Senza contare gli spazi CoVid sub intensivi che in diverse regioni stanno venendo approntati solamente in questi giorni, affrontando una disperata corsa contro il tempo. Inoltre, quando alcune cariche istituzionali e della Protezione Civile dicono “abbiamo acquistato i ventilatori polmonari, quindi i posti letto si sarebbero potuti fare”, si scordano, volutamente, di dire che un posto letto di TI non è un ventilatore polmonare. Per creare un effettivo posto letto di TI, infatti, al ventilatore bisogna aggiungere lo spazio necessario (spesso carente), il personale qualificato (non assunto) e tutta una serie di altre attrezzature da acquistare in parallelo (spesa complessiva economicamente più ingente del solo ventilatore polmonare). Aspetti che non vengono mai considerati e che ricadono in un confine nebuloso tra le competenze nazionali, incaricate delle spese sanitarie legate all’emergenza, e le istituzioni regionali, a cui è affidata la gestione del Sistema Sanitario Nazionale.
Al netto delle evidenti carenze gestionali, sopratutto in visione precauzionale, assoggettabili alle istituzioni centrali, un’ulteriore sottovalutazione è invece assoggettabile agli amministratori locali, Governatori ed Assessori alla Sanità regionali in primis. Tra Giunte Regionali che hanno prefissato protocolli differenti e misure cautelative diverse, Assessorati che hanno preventivamente acquistato notevoli quantità di materiale necessario, tra tamponi e mascherine, passando dai guanti fino ai disinfettanti, ed altri che, colpevolmente, non lo hanno fatto, i diversi livelli di assistenza sanitaria garantita nelle 20 regioni italiane, oggi è più evidente che mai.
La crisi pandemica in atto, quindi, una volta superata, dovrà portare ad un completo ripensamento riguardo il nostro Sistema Sanitari Nazionale, sia dal punto di vista del potenziamento, tramite lo stanziamento di fondi adeguati sempre più scarsi negli ultimi anni, sia attraverso una de-regionalizzazione che ha portato gli abitanti delle diverse regioni italiane, ad avere livelli di assistenza sanitaria totalmente diversa tra loro. Non si dovranno più vedere situazioni in cui, anche senza emergenze sanitarie in atto, un cittadino di una Regione abbia diritto ed accesso a cure ed esami a cui, un abitante di una regione diversa, non ha diritto. Il livello dell’assistenza sanitaria e le prestazioni erogate dovranno essere, nuovamente, uguali per tutti, e questo potrà essere possibile solamente ripensando la gestione del SSN a livello centrale. La regionalizzazione, in questi anni, ha portato una diffusa sperequazione territoriale a fronte di tagli economici più o meno sostanziosi a seconda del territorio considerato, con conseguenti livelli assistenziali diversi.
Siamo una Nazione, il diritto alla salute e, di conseguenza alla tutela di questa, deve essere assicurata ed identica per tutti.