Le europee stanno arrivando, e mai come ora si capisce quanto ruolo esse abbiano. Da un lato c’è il PNRR e il Mes, dall’altro la normativa green e il nuovo accordo sulle migrazioni. Nel frattempo come il Giano Bifronte le destre italiane si dividono, spaccandosi anche in Europa.
Salvini salda il fronte populista, sull’onda del fuoco che incendia la Douce France, e si distingue dalla strategia meloniana che tendeva a unire le varie droits europee ai popolari, mettendo all’angolo i socialisti. Salvini in Europa cerca di fare fallire la tutto sommato logica strategia meloniana, non solo sposando le tesi della principale nemica di Macron, Marine Le Pen, ma pure gli antagonisti della Cdu-Csu tedesca, le truppe destrissime di ADF, l’alternativa per una nuova Germania.
Stiamo scherzando con il fuoco, e i concreti tedeschi faranno capire a Weber e soci che l’asse franco tedesco, che con De Gaulle e Adenauer ha consentito pace e benessere per oltre settant’anni, non si può spezzare per avventurarsi nel nulla. Non lo vuole Deutsche Bank né BNP Paribas, non lo vuole la Renault né la Mercedes o l’Audi. Peccato perché la giovane donna, caparbia e volitiva aveva le sue ragioni, ma non è il tempo di cambiare la storia in tempo di guerra.
Il buffet sovran-populista di Salvini: un menù per il disastro europeo
E soprattutto Salvini, per calcoli interni, o esterni, non vuole consegnare la sua frustrazione ad un consolidamento politico. Lui era il maschio Alfa, aveva vinto le scorse europee in maniera immaginifica. Poteva essere lui l’alleato dei popolari in Europa. Ed invece si rifugiò nel populismo anti euro, che è peggio di dire anti Europa. Si è inimicato, nonostante Giorgetti, l’establishment. Ed oggi è costretto ad una strategia di rilancio a destra, quella più insofferente e xenofoba. Raccoglie la sentina di una paura europea. Non vuole governare, come Giorgia, processi, ma cavalcarli, come le Valchirie. Ma loro entrarono nel Vahlalla, Salvini non sappiamo.