Ventura: «Macron può farcela, ma in Francia è ancora forte il partito del malessere»

«Macron dovrà darsi da fare, mobilitarsi, per vincere con facilità». Ne è convinta Sofia Ventura, professore associato presso l’Università di Bologna, Scuola di Scienze Politiche, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, con cui abbiamo commentato i risultati definitivi del Ministero dell’Interno di Parigi. Il presidente uscente, che ha portato a casa il 27,85%, si è piazzato davanti alla leader del Rassemblement National, Marine Le Pen, che si è fermata al 23,15%. Il terzo classificato, Mélenchon, ha ottenuto il 21,95%. Risultati insoddisfacenti per i socialisti e Zemmour. L’astensione è stata del 26,31%, il livello più alto dal primo turno presidenziale del 2002, quando fu del 28,4%. Il secondo turno sarà il 24 aprile: i primi sondaggi indicano Macron come favorito, ma la forbice tra i due candidati è meno ampia rispetto a 5 anni fa.

D: L’ondata nazionalista sovranista che avrebbe dovuto travolgere la Francia, così come l’aveva annunciata Marine Le Pen, non c’è stata. Al primo turno delle elezioni presidenziali il partito Rassemblement National non è andato oltre il 23,15%. Come lo spiega?

R: Nessuno in verità si aspettava un’ondata. Vero è però che rispetto alle attese Marine Le Pen ha ottenuto un buon risultato. Teniamo presente che, a lungo, si è pensato che Marine Le Pen sarebbe stata danneggiata dalla presenza di Zemmour, che in qualche modo si colloca di fianco a lei o in qualche modo alla sua destra. E invece Zemmour si è molto ridimensionato, mentre la Le Pen si è avvicinata ad un risultato non da poco, oltre il 23%. Che è molto più di quello che aveva ottenuto nel 2017. Lei, a differenza di Zemmour che si sta tutto a destra, cerca di andare oltre la distinzione ‘destra-sinistra’; si rivolge ad un elettorato popolare, anche potenzialmente di sinistra. Tant’è che sembra che una parte dell’elettorato di Mélenchon, mi pare un terzo, potrebbe seguirla al secondo turno. Diciamo che ai partiti, come definirli, ‘tradizionali’, non andrà bene all’infinito. Le Pen è ancora lì. Intendiamoci, io ritengo probabile la vittoria di Macron, ma non ci metterei la mano sul fuoco (ride ndr).

D: Macron è stato il candidato più votato al primo turno. È in testa anche nei sondaggi per il ballottaggio. Come finirà dunque?

R: La differenza tra Macron e Le Pen è importante, il distacco c’è. Quindi lui parte sicuramente con un vantaggio notevole, ma questo non significa che non possa perdere. Dipenderà molto dall’astensione, dal voto di Mélenchon; se una parte appunto andrà comunque su Macron. Mélenchon ha detto: ‘Nessun voto a Marine Le Pen’. Ma non ha detto:‘Quindi voto Macron’. È probabile che circa un terzo, come leggevo in un sondaggio, ripiegherà sul premier uscente. Ma ripeto, bisognerà vedere quanti di quelli che hanno votato per Mélenchon accetteranno l’idea di non votare Marin Le Pen. Dipenderà poi anche dai gaullisti: come si dividerà il loro 5%? Non sottovalutiamo poi coloro che non hanno votato a questo turno. Dagli indecisi può dipendere molto della campagna, che si farà in queste due settimane. Macron dovrà mobilitarsi, spendersi molto, per vincere con facilità, e credo che lui lo sappia, che se ne sia reso conto.

D: Avremo quindi una campagna elettorale vivace.
R: Decisamente vivace sì.

D: Il dato dell’astensionismo se l’aspettava?

R: Sì, me lo aspettavo, se ne parlava. È il dato più alto delle presidenziali francese dopo quello del 2002. Ci dice che qualcosa accade, che qualcosa non va. Ed è forse coerente con la destrutturazione del sistema partitico, con la concentrazione dell’estrema destra e dell’estrema sinistra e quindi anche con la disaffezione. In fondo, se ci pensa, il voto per le estreme è una preferenza di disamore per la politica. Ecco lo definirei un voto coerente con quello che possiamo chiamare il ‘malaise’, il cosiddetto ‘malessere’ francese.